Nord e Sud - anno XVIII - n. 134 - febbraio 1971

I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Giulio Picciotti, Un potere povero di idee ·- Italo Talia, La nuova legge per il Mezzogiorno - Girolamo Cotroneo, La riri'oluzionesenza schemi - Arturo Polese, I trasporti nelle Regiorii - Francesco,Compagna, Industria e agricolturanella problematica regionale e scritti di Roberto Ariotti, Marisa Càssola, Dino Cof rancesco, Bruno Lauretano, Ugo Leone, Marcello Marin, Albert Meister, Franco Mollo, Mariella Pandolfi, Alfredo Testi. ANNO XVIII - NUOVA SERIE FEBBRAIO 1971 - N. 134 (195) • ,, ~ • l • - • • E D I z I ON I se I E N T I F I e H E I T A L I A N E - N A p o L I Bibliotecaginobianco -

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVIII - FEBBRAIO 1971 - N. 134 (195) DIREZIONE.E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.346 Una copia L. 600 - Estero L. 900 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 -· Italia annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Estero annuale L. 6.000, semestrale L. 3.30a - Fascicolo arretrato L. 1.200- Annata arretra1:aL. 10.000- Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibiiotecaginobianco

SOMMARIO Giulio Picciotti Italo Talia Girolamo Cotroneo Albert Meister Bruno Laureta110 Mariella Pandolfi Editoriale [3 J Un potere povero d'i idee [7] La nuova leg·ge per il Mezzogiorno [12] La rivolitzione senza schemi [23] Giornale a più voci I proble111i del mondo rurale [30] La scuola e i falò [ 35 J La maschera mafiosa [ 42] Ugo Leone Un ministero per l'ecologia [ 45] Argomenti Franco Mollo Assistenza, insegnamento, ricerca [ 49] Marisa Càssola Bassani, scrittore-testimone [57] Inchieste Marcello Marin La distribuzione in Italia [ 66] Città e territorio Arturo Polese I trasporti rtelle Regioni [ 85] Documenti Francesco Compagna Industria e agricoltura nella problematica regionale [97] Lettere al Direttore Roberto Ariotti e Da Reggio a Montecatini [108] Alfredo Testi Soctologia e Storia Dino Cofrancesco Le molte vie alla società moderna [ 111] Bjbiibtecaginobianco

Editoriale Sulla « Rassegna ecorzomica » del Banco di Napoli è stato pubblicato un articolo di Antonio Giolitti nel quale si legge che, « se non è possibile concepire un intervento straordinario chiuso ed aittosufficiente che realizzi itna specie di protettorato permanente sulle Regioni meridionali, neppure è praticabile la via di itn regionalisn,zo oltranzist.a che addossi alle Regioni meridionali l'intero peso, l'intera ed esclusiva responsabilità dello svilitppo, atten.uando in tal modo le responsabilità riequilibratrici degli organi del Piano rzazionale e prescindendo dalle condizioni reali delle an1.ministrazioni locali e delle istititzioni del Mezzogiorno». Non solo: Giolitti aff ern1a con chiarezza di tern-zini che la p·olitica di industrializzazione dev'essere « concepita ed attuata unitariamente » sotto la responsabilità diretta della programmazione economica nazionale. È su qitesta giusta concezione dei rapporti fra riabilitazione della politica di piano, rilancio dell'intervento straordinario per il Mezzogiorno ed attuazione dell'ordinamento regionale che abbiamo insistito nelle polemiche degli ultimi mesi: si veda11.o a qu,esto proposito gli scritti di Alfredo Testi e di Enzo Vellecco che abbia,no pubblicato nei numeri della rivista usciti nel 1970 e nei primi 111esi del 1971. E ci sembra anche di poter aff errnare che, a p·arte riserve che si devono avanzare sulla f or1nulazione di talu·ni articoli ( e che rzoi avanziamo nel comn1e11t o di Italo Talia che si legge più ava11ti in questo nitmero di « Nord e Sud ») di questa giusta concezione sia stato tenu,to conto nell'impostare il nuovo disegno di legge per il Mezzogiorno: al7neno per quanto riguarda il nitovo rapporto fra la Cassa ed il CIPE, la competenza della Cassa per i progetti interregionali ed intersettoriali, il principio della disincentivazione delle aree congestionate. Non si può dire, però, che .a questa giusta concezione fossero ispirati la gran parte degli interverzti oratorii che hanno animato il' convegno di Palermo: it11 convegtzo delle Regioni n1eridionali, organizzato dall'Assemblea Regionale Siciliatza e che poteva corifigurarsi come un'occasione per portare avanti il dibattito clie si era aperto a Bari, alla « Giornata del Mezzogiorno », e ·che aveva avitto un altro suo momento significativo a Montecàtini quando, al convegno della DC sulle Regioni, Nova.eco aveva posto il problema dell'ùnpatto fra rilancio dell'intervento 3 Bibliotecaginobianco

• Editoriale straordinario e attuazione dell'ordiriamento regionale.· E certamente sarebbe stato utile un incontro fra parlamentari nazionali e consiglieri regionali del Mezzogiorno per discutere salveminiana1nente co,me le Regioni meridionali possono assolvere ai compiti citi devono assolvere, senza subire la condizione di inferiorità nella quale si trovano nei confronti delle più efficienti e più inv.adenti Regioni del Nord. Ma rispetto a Bari e rispetto a Montecatini, il convegno di Palermo non ha fatto che dimostrare quanto fossero fondate le proccupazioni di eh.i a Bari ed a Montecatini aveva ritenuto doveroso non sottovalutare queste preoccupazioni: la preoccupazione, soprattutto, per la stupida enfasi con la quale si pretende di aver trovato, ora che sono arrivate le Regiorii, le soluzioni facili di problemi difficili co-me qitelli che costituiscono il grande nodo della questione meridionale. E nel senso di alimentare questa pretesa hanno in-fluito sul clima del convegno, di Palermo non solo gli interventi di consiglieri regionali del Mezzogiorno, ma anche gli interventi di Bassetti e di Lagorio, ispirati da un oltranzismo e da un miraco-lismo regionalistici che nel primo, quello di Bassetti, so110 stati caratterizzati da accenti antirisorgimentali, da una presuntuosa angolazione p·olemica nei confronti di uno Stato che magari era troppo centralistico, ma soprattutto era laico, liberale, moderno, e governato da una classe politica che, malgrado le sue innegabili insufficienze, sembra abbia saputo amministrare la nostra povertà di allora meglio di quanto non si amministri oggi la nostra relativa ricchezza. Si è avuta l'impressione a Palermo che un certo tipo di regionalismo, oggi largamente prevalente, al Nord e al Sud, in tutti i Consigli regionali, sia più che mai corrivo ad assumere atteggiamenti di contestazione anche nei confronti di decisioni che, in quanto dettate da valutazioni politiche degli interessi generali del paese, non sono e non possono essere competenza di organi. regionali. E si è avuta altresì l'impressione che le stesse forze politiche più interessate ad una riabilitazione della programmazione non si rendano conto di quanto questa riabilitazio·ne possa essere compromessa se non si contrasta l'oltranzismo ed il miracolismo regionalistici che del resto compromettono anche la possibilità di itna corretta attuazione dell'ordinamento regionale. Come conciliare infatti il discorso di Lagorio a Palern10 con l'equilibrato richiamo di Giolitti alle << responsabilità riequilibratrici » del Piano nazionale? E come co·nciliare l'aggressivo regionalismo di Bassetti con l'esigenza di co·nsentire alle Regioni meridionali di inseguire e raggiungere anche la Lòmbardia nella via dello sviluppo economico e civile? Ma soprattutto come evitare che quei democristiani e quei socialisti i quali vanno farneticando delle Regioni come del grande fatto nuovo nella prospettiva meridionalistica 4 Bi_biòl tecagino.bianco

• Editoriale degrii anni '70 abbiano a navigare tra le illusioni per poi riaufragare tra le delusioni? Si leggario appunto gli interventi che hanno animato il convegno di Palermo: certe proposizioni molto diffuse e reiteratamente ripetute non possono incontrare il consenso di Pescatore, ma neanche quello di Ruffolo. Si vuole infatti che le Regioni amministrino i fondi della Cassa e si vuole pure che le Regioni siano rappresentate nel CIPE con un potere di interloquire assai più rilevante di quanto non sia possibile e ragionevole concedere. Ora, qitarzdo richieste del gel'zere vengono da Regioni di cui non si sa se e co1'ne se la potranno cavare quando dovranno veramente confrontarsi con i proble1ni dell'agricoltura regionale e dell'assetto territoriale, dei trasporti e della formazione professionale, non si può non esprimere quanto n1eno la preoccupazione che quelle richieste siano la manifestazione di una pericolosa fuga in avanti e che, arrivati al « dunque », al n1omento di fare la loro parte, e di farla bene, qiteste Regioni potrebbero trovarsi del tutto impreparate. È necessario, quindi, provocare un chiarimento. Le Regioni pensino a fare le Regioni, come le vuole l'articolo 117 della Costituzione; e si preparino con serietà, e con umiltà, ad attribuirsi le competenze di loro spettanza: secondo l'articolo 117, appun,to. Altrimenti, le Regioni faranno fallime1'zto: u,n lusso che la nostra claudicante democrazia non può concedersi. Altrimenti, la programmazione non potrà essere coerente: u11 lusso cl1e la nostra sqiLilibrata economia no11 può concedersi. Altrimenti, l'unità del Mezzogiorno come base territoriale dell'intervento straordinario non potrà essere salvaguardata: un lusso che né l'Italia della piena occu,vazione, né qu,ella dell'emigrazione possono concedersi. Che significa salvaguardare questa fondamentale acqtlisizione della politica nazionale di svilitppo che è l'unità del Mezzogiorno come base territoriale dell'i-litervento straordinario? Significa evitare anzitutto che qita11to finora non è avverzuto tra le province e nelle province del Mezzogiorno possa verificarsi tra le Regioni e nelle Regioni del Mezzogiorno e quindi anche tra le province e rzelle province: la rissa per la localizza-· zione di uffici e stabilimenti. Ci sono già sinton1i allarmanti in que~to senso: le vicende calabresi e in particolare la controversa questione relativa alla localizzazione del V centro siderurgico che nella piana di Gioia, unica localizzazione possibile in provincia di Reggio, viene a costare parecchi miliardi in più di quanto n.011costerebbe se localizzato nella piana di S. Eufemia, poco più a nord, ma già in provincia di Catanzaro; ma anche la disputa fra Campania e Puglia, e in Campania fra Salerno e Caserta, per la localizzazione dell'Aeritalia, iniziativa preannun5 Bibliotecaginobianco

Editoriale ciata da almeno due ann.i e rirrzasta sitlla carta;: e infine il recentissimo episodio della lndesit, un cui stabilimento-, per il quale era stata concordata la localizzazione di Aversa, De Mita voleva dirottare ad Avellino e Bosco è riuscito, pare, a ricondurre ad Aversa, magari avvalendosi, per contrastare le pressioni di De Mita, della sua capacità di influire, come Ministro delle Poste, sulle decisioni di una ditta interessata alla televisione a colori. .Su questo terreno scivoloso la politica meridionalistica potrebbe degenerare in Ufla serie di contes:azioni locali e compromessi nazion,ali per qitanto riguarda la localizzazione di uffici e stabilimenti: con i risultati che la Calabria già cons~nte di valutare e con pregiudizio forse irrimediabile per la credibilità della contrattazione programmata. Quando ci si riempie la bocca di parole vuote di senso come « partecipazion.e » o « democrazia partecipativa», e quando l'eco sonoro di queste parole suscita richieste come quelle di cu.i si diceva, di affidare alle Regioni la gestion-e dei fondi della Cassa e di far partecipare le Regioni alle decisioni del CIPE, ci si rende conto nel Mezzogiorno, e non solo nel Mezzogiorno, che si devono neutralizzare questi sistemi di degenerazione della politica 1neridionalista .prin1a che sia troppo tardi? e che quesi sintomi posson.o essere neutralizzati in sede di pro,grammazione nazionale, grazie alla « responsabilità riequilibratrice degli organi del Piano nazionale » e grazie ad una p·o'1iticadi industrializzazione « concepita ed attuata unitariamente », ma non certo nella logica astratta e suicida del regiorialismo corrivo alle fughe in avanti? 6 Bi_biòl tecaginobianco •

Un potere povero di idee di Giulio Picciotti Dal 1948 ad oggi, per quasi un quarto di secolo, la DC è stata il partito· dominante della scena politica italiana, e il suo modello ha condizionato a11che il maggiore partito di opposjzione 1 • L'interclassismo dc, inteso come la sommatoria di tutti gli interessi, ha indotto il partito comunista a porsi sullo stesso piano nella raccolta indiscriminata di quanto rimaneva esterno a quegli interessi: né dall'una né dall'altra parte c'è stata la volontà, e la capacità, di ordinare gli interessi in visioni politiche a11tagonistiche, con strategie conseguenti. Da una parte c'era la gestione dello Stato, che dopo la scomparsa di De Gasperi divenne occupazio11e; dall'altra c'era la gestione e l'occupazione dell'area che si opponeva alla prima. (Non diversamente è stata intesa anche recentemente la battaglia regio11alistica portata avanti dal PCI fino al momento della attuazione delle Regio1ìi, in primo luogo come strumento per spezzare la chiust1ra del potere centrale). Era accaduto che nel '48 le forze politiche cl1e si richiamavano al senso dello Stato della tradizione democratico-liberale - Democrazia ljberale, Partjto d'Azione, Partito Repubblicano - erano uscite battute; e ciò 110n è stato senza conseguenze. La DC aveva affermato la sua posizione egemone, ma questo l'aveva esposta maggiormente alle pressioni delle forze che ne avevano favorito il successo; mentre il PCI usciva egemo11e dell'opposizione di sinistra, ma vedeva l'in1possibilità di giungere ad una alternanza alla direzione dello Stato. La « svolta di Salerno » impressa da Togliatti attra,,erso l'accordo con la DC per bloccare i poteri dei Comitati di liberazione nazionale, e che rappresentò la prima svolta moderata nel paese, aveva così u11a clamorosa concl11sione. Il blocco della vita politica nazionale dal '48 al '70 ha avutò pesanti implicazioni sul piano della cultura politica: la produzione dc è stata molto scarsa, mentre la produzione culturale nell'ambito comunista p.a dovuto fare i conti con l'ortodossia ogni qualvolta si 1 All'interpretazione pol.itico-culturale degli ultimi venticinque anni la rivista « Settanta» ha dedicato l'editoriale del numero di gennaio. Questa nota vuol essere un primo contributo al dibattito che sarebbe auspicabile avviare sull'argomento. 7 Bibliotecaginobianco

Giulio Picciotti è accinta ad una rielaborazione critica del :patrimonio marxiano e delle esemplificazioni storiche che a quel patrimonio si sono richiamate nell'ultimo mezzo secolo. Se un regime, e altresì l'opposizione, si qualificano per i valori che sostengono, per la visione politica, per la prospettiva che offrono, più ancora che per le singole leggi che sostengono o che avversano, l'apporto sia dell'una che dell'altra parte è stato in venticinq_ue anni ben povero. Scarsa è stata la riflessione sul significato dello Stato in una società moderna, poiché questo avrebbe implicato da parte cattolica un ripensamento del rapporto antagonistico società-Stato, che era stato proprio della rivendicazione dei cattolici dell'ultimo '800 e del primo '900, e dello stesso Partito popolare; mentre da parte comunista avrebbe implicato la messa in discussione del tipo di Suato, una volta che il PCI aveva rifiutato il modello leninista e dichiarato l'accettazione del pluralismo partitico. Non ci si può, infatti, trincerare dietro l'applicazione della Costituzione se non vengono precisate le forme entro cui si vuole calare la Costituzione, cioè i rapporti effettivi tra gli istituti ·che da essa vengono previsti e i rapporti tra quegli istituti e il paese. Anche qui, per il senso che ha preso la opposizione all'occupazione dello Stato da parte della DC, si è potuta notare una degradazione della lotta politica, soprattutto nella propaganda nel paese che il PCI ha improntato all'avversione contro lo Stato, identificato come Stato borghese, cedendo, più che a motivi marxiani, a motivi populistici tardo ottocenteschi. Questo discorso investe in pieno anche la politica economica: l'interclassismo dc e la difesa degli interessi di categoria da parte del PCI, hanno impedito che trovasse attuazione l'unica proposta seria di sviluppo di questi anni: la politica di programmazione. Il blocco della. vita italiana operato dal partito « dominante » ha avuto alcune precise conseguenze che cercheremo di vedere. La prima conseguenza è stata l'insicurezza per il regime demo ... cratico. L'immobilismo politico dc non ha assicurato la stabilità: per due volte il paese ha corso seri rischi, una prima volta con il gov~rno Tambroni, sotto la Presidenza dell'on~ Gronchi, una seconda volta con il « complotto » SIFAR, mentre era al Quirinale l'on. Segni: tutti uomini cl1e avevano all'interno del partito una qualificazione di sinistra; Gronchi veniva direttamente dalla sinistra sindacalista, Tambroni si era acquistato la fiducia delle sinistre, Segni, venuto dal gruppo dei notabili, era definito uomo aperto alle istanze popolari per avere attuato, quando era ministro dell'agricol8 Bi_bliòtecaginobianco

Un potere povero di idee tura, la riforma agraria e per la presidenza del gover110 del '56. La debolezza della sinistra dc, è stato scritto in uno studio dedicato alla politica di questo gruppo all'inter110 del partito «dominante», e che « alcuni u.omini politici se ne f arino portare sulla cresta dell'onda per poi tentare un gioco personale », e questo vale i11dubbiamente per i primi due uomini politici menzionati, mentre per Segni, se l'inchiesta parlamentare lìa deciso l'esclusione di ogni implicazione nelle trame di De Lorenzo, pL1r tuttavia proprio da quella inchiesta è emersa la sostanziale debolezza della Presidenza. L'insicurezza veniva accentuata dal co11tinuo modificarsi della dislocazione degli uomini politici dc all'interno del partito, in relazione alle lotte interne: Fanfani, ad esempio, uomo di sinistra finché rimane nello stato maggiore dossettiano, passa al centro nel periodo '51-'58, si riporta alla sinjstra tra il '58 e il '60, quando perde la segreteria del partito, ripassa al centro quando Moro, che si era proposto come uomo di mediazione con la gestione immobilistica del suo governo nella scorsa legislatura, passa a sinistra proponendo la « strategia dell'attenzione » verso il PCI, su cL1itrova l'accordo con la sinistra del partito. La collocazione a destra, al centro e a sinistra non ha rappresentato all'interno della DC tanto una di,,ersificazione sui contenuti quanto una dimensione strumentale 11el quadro della lotta tra le correnti. La sinistra dc della corrente di Base, che ha mostrato più coerenza nel mantenere una linea, si è tro,,ata di volta in volta ad avere come alleati uomini e correnti le più disparate. Questa era una conseguenza diretta della tendenza, costante nella sinistra di Base, e lo notavano già nel '62 Galli e Faccl1.i, ad impostare tt1tta la propria azione sugli schieramenti piuttosto che sui contenuti. È stato questo il suo limite obiettivo: « allargare l'area democratica », acquisire « nuovi consensi allo Stato democratico » (l'ingresso del PSI nell'area di governo) ed infine la proposta di .un « patto costitiLzionale » con il PCI, dimostrano l'assoluta preminenza dei fatti di schieramento considerati di per sé solutori d; problemi. Ma la stessa ultima proposta, nella motivazione che ne ha dato De Mita, rileva l'inefficacia di questo metodo. Il centro sinistra sarebbe fallito, secondo De Mita, oltre che per responsabilità della DC, per ·responsabilità del PSI, che « non è riuscito a rappresentare il mondo democratico marxista ai fini di quella 9 Bibiiotecaginobianco

Giulio Picciotti prospettiva di riforma»: di qui la proposta :avanzata al PCI. Se si analizza110 le motivazioni di fondo di questa posizione della corrente di Base si ritrova una ispirazione costante nel tempo, che è comune a tutte le sinistre democristiane: lo Stato liberale aveva « lasciato fuori » sia le masse cattoliche sia le masse socialiste, e se le prime erano arrivate al potere e si erano inserite nello Stato, l'equilibrio non sarebbe stato raggiunto se anche le masse con ideologia marxista non fossero entrate nello Stato. Solo così lo Stato liberale sarebbe stato definitivamente distrutto e al suo posto sarebbe subentrato un nuovo Stato, basato sulle masse. In tutto questo discorso è difficile vedere la proposta di valori positivi in contrapposizione a quelli che erano stati propri dello Stato liberale. Se il centro-sinistra è fallito, questo si deve attribuire, a nostro avviso, non all'incapacità dei socialisti, secondo la tesi di De Mita, di rappresentare le masse marxiste all'interno del governo, bensì all'incapacità e delle forze cattoliche espresse dalla DC e delle forze marxiste espresse dal PSI a far proprio il senso dello Stato, che è il valore più elevato espresso dallo Stato liberale. L'assenza di questo valore ha finito per vanificare l'unico contenuto di fondo che rappresentava il fatto profondamente innovativo del centro-sinistra: la politica programmata di sviluppo economico e civile, sulla quale occorreva portare a confronto il partito comunista. Se il problema è, come ci sembra indubbio, di contenuti, appare pericolosamente illusorio, e fonte di nuove sconfitte per tutta la sinistra, ivi compreso il PCI, pro1Jorre ancora una volta il problema della politica italia11a in termini esclusivamente di schieramento, ricercando u11a implicazione del PCI nelle responsabilità di governo, segue11do la stessa strada già seguita per giungere all'ingresso del _PSI nella maggioranza. E poiché il discorso è aperto sui contenuti, ci sembra che al primo posto sia da porre un riesame di cosa significhi « senso dello Stato » in una situazione come l'attuale, in una società che proprio perché si è andata sempre più articolando e diversificando, lìa bisogno di sintesi politiche capaci di interpretare e organizzare in un· unico disegno di svilt1ppo le varie spinte propulsive che altrimenti condurrebbero, come conducono attualmente, allo scontro anarchico degli interessi, con la prevalenza del più forte (e non è detto che quello del disoccupato, ad esempio, sia il più forte) sul più debole. Di cosa sig11ifichi « senso dello Stato » in una economia in cui convivono aziende pubbliche e aziende private, in cui l'inter10 Bibiiotecaginobianco

Un potere povero di idee vento del governo sia nazio11ale, sia regio11ale, sia locale 11ell'economia è necessariamente sempre più vasto, in cui la direzio11e politica è sempre più importante e decisiva, e perciò non può essere arbitraria, ma deve rispondere a criteri oggettivi preventivamente fissati, ìn rapporto ai quali l'Esecutivo debba rispondere del proprio operato. Di cosa significhi, infine, « senso dello Stato » per le categorie e per i sindacati. Sono questi i problemi di contenuti cui non è stata data ancora una risposta. GIULIO PICCIOTTI 11 Bibliotecaginobianco

La nuova legge per il Mezzogiorno di Italo Talia 1. Il lungo braccio di ferro tra Giolitti e Taviani, tra il Ministero del Bilancio ed il 1nir1istro per il Mezzogiorno, sulla legge di rifina11ziamento della « Cassa », s11l rapporto tra organi centrali della programmazione, Comitato dei Min1stri per il Mezzogiorno e funzioni della « Cassa », tra il CIPE, la « Cassa » ed il nuovo Ente Regione, si è risolto nella riunione del Consiglio dei Ministri del 20 gennaio. In questa sed11ta è stato, infatti, approvato - dopo che da quasi un anno circolavano più o meno ufficiosamente varie versioni della nuova legge per il Mezzogiorno - il disegno di legge che rifinanzia la « Cassa » per il Mezzogiorno per il quinquennio 1971-75 e mod1fica ed integra il testo unico delle leggi sugli interve11ti 11el Mezzogior110. Si tratta, a dire il vero, di dodici articoli che sen1brano essere più la risultante di un contorto compromesso tra le ragioni e gli interessi degli organi di intervento, sacrifica ti o da sacrificare (Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, « Cassa »), che il frutto di scelte chiare sul ruolo e sulle f11nzioni dei n110,,i centri di decisione da promuovere (Ministero del Bilancio e della Programmazione economica, Regioni). Ad esempio, mentre da un lato gli organi della programmazione economica nazionale si assumono direttamente la responsabilità del processo di sviluppo del Mezzogiorno, attraverso l'unificazione _nel CIPE dei poteri del soppresso Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, dall'altro resta in vita la figura del Ministro per il Mezzogiorno con l'unica funzione di intermediazione tra le direttive del CIPE e l'attività operativa della « Cassa ». Altrettanto equivoca risulta essere la partecipazione delle Regio11i alla definizione dei cosiddetti « progetti speciali di interventi organici » da realizzare nel Mezzogiorno. Mentre, infatti, tali progetti debbono essere defi11iti « d'intesa » con le Regioni interessate, si dice anche e chiaramente che, in caso di mancata intesa, le relative deliberazioni saranno adottate dal CIPE con la partecipazione, con voto deliberativo, dei presidenti delle Regioni interessate. E ci sembra che la ricerca ad oltranza di una 11011sen1pre giustificata e giustificabile linea 1nediana tra le contrapposte istanze ed 12 Bi~Iiotecag inobia·nco

La nuova legge per il Mezzogiorno i differenti i11teressi finisca con lo scontentare tutti i contendenti in gara, determini una complicata procedura tra i diversi 1nomenti di decisione della politica di piano nel Mezzogiorno e costituisca una tela di ragno in cui è difficile riuscire ad individuare le singole responsabilità di intervento nella politica di sviluppo delle regioni meridionali. Ma procediamo con ordine. Possiamo suddividere i dodici articoli qella nuova legge in due gruppi: norme che modificano il tradiziona\e quadro istituzionale dell'intervento pubblico nel Mezzogiorno, e norme che fissano le nuove linee della politica meridionalistica per il prossimo quinquennio relativamente agli incentivi per i diversi tipi di industrie e per le diverse zone del Mezzogiorno. 2. Iniziamo dalle prime. Il Ministro del Bilancio e della Programmazione, Antonio Giolitti, concludendo il 9 dicembre dello scorso anno la sua relazione alla Commissione consultiva interregionale per la programmazione economica (della quale fan110 parte i Presidenti delle Giunte di tutte le Regioni, a statuto ordinario e a statuto speciale), affermava che l'attribuzione di una « piena responsabilità alle Regioni meridionali nelle materie di loro competenza costituzionale » ... « non fa venir meno la necessità di un sostegno ' straordinario ' che garantisca una ripartizione delle risorse nazionali conforme all'obiettivo dell'unificazione eco11ornica del paese ». E che, pertanto, la nuova visione globale della programmazione (soppressione del Comitato dei Ministri con il passaggio dei relativi poteri al CIPE) « esalta il problema del Mezzogiorno elevandolo a problema centrale e a banco di prova della politica di riforme e programmazione: la straordinarietà e la aggiuntività di intervento specificamente diretto al Mezzogiorno sono così garantite nel modo più efficace ». Il problema dell'unificazione nel CIPE di tutti i poteri di decisione in 1nateria di programmazione era, in verità, una vecchia richiesta del partito socialista: richiesta più che legittima e quasi ovvia nel momento in cui, avviatasi la politica di piano, er.a naturale che l'organo preposto a tale politica assumesse diretta1nente anche la responsabilità del processo di industrializzazione del l'Aezzogiorno. Una lunga resistenza morbida e duttile (ma non per questo ·meno efficace) è stata condotta in questi ultimi cinque anni dal Ministro per il Mezzogiorno; ed il disegno di legge è, infatti, giunto al Consiglio dèi Ministri in forma alternativa: un'ipotesi A, che prevedeva la soppressione del solo Comitato dei Ministri per 13 Bibiiotecaginobianeo ..

Italo Talia il Mezzogiorno, ed una ipotesi B, che prevedeva la soppressione anche della « figura » del Ministro per il Mezzogiorno, i cui poteri sarebbero stati devoluti al Ministro del Bilancio. Come si è detto, è stata raggiunta una soluzione di compromeso: il Ministro resta, con una funzione di « filtro » tra le direttive del CIPE e la realizzazio11e concreta degli interventi. Ed infatti nell'art. 1 della nuova legge è detto che « in attuazione del programma economico nazionale, il CIPE approva i progetti speciali di interventi organici da realizzare nei territori meridio11ali, su proposta del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno ». S_petta al Ministro dirigere e vigilare l'attività della « Cassa »; sono inoltre di sua co1npetenza i progra111mi di attuazione del piano di rinascita della Sardegna e della legge per la Calabria, nonché la proposta di nomina del consiglio di amministrazione della « Cassa » per il Mezzogiorno. Mentre il CIPE, oltre ad approvare i « progetti speciali » di intervento nel Mezzogiorno, fissa tutte le direttive in materia di industrializzazione. Dire a questo punto se sia o meno positivo il fatto che resti in vita la figura del Ministro per il Mezzogiorno, con il co1npito del coordinamento operativo dell'intera politica di sviluppo nelle Regioni 1neridionali, è difficile. Comunque, 11el momento in cui si è persa una occasione favorevole per una ristrutturazione del CIPE ( organo di decisione in materia di programmazione che allo stato è eccessivamente pletorico ed è quasi un doppione del Consiglio dei Ministri), può essere considerata, al limite, come una circostanza positiva la presenza, a livello di governo, di un organo che rappresenti in modo specifico gli interessi e le esigenze del Mezzogiorno. Ma non vi è dubbio che, 11ell'ambito di una politica di programmazione che voglia effe~tivamente assumere il Mezzogiorno come punto nodale di riferimento, la nuova legge non elimina le incertezze già lamentate in passato per quanto riguarda gli organi di programmazione e la direzione di questa politica. Veniamo ora alle nuove funzioni della « Cassa». I progetti speciali di interventi organici, che, come si è visto, saranno approvati dal CIPE su proposta del Ministro per il Mezzogiorno, verranno realizzati dalla « Cassa ». Tali progetti riguardano opere o complessi di opere di carattere intersettoriale o di interesse interregionale ed hanno per oggetto la « realizzazione di grandi infrastrutture generali o sociali, volte a facilitare lo sviluppo delle attività produttive e in particolare la localizzazione delle attività industriali, il reperimento e la utilizzazione di risorse naturali; la realizzazione di com14 Bi pi òtecaginobianco

La nuova legge per il Mezzogiorno plessi organici di infrastrutture e servizi di preminente interesse in• dustriale o relativi all'attrezzatura di aree metropolitane ». Ci sembra troppo presto e troppo poco per poter valutare esattamente quali saranno i nuovi compiti della « Cassa » e valutare, qt1indi, se la « Cassa » sarà i11grado di assolverli. Una anticipazione interessa11te è comunque co11tenuta nella relazione del Ministro del Bila11cio, prima ricordata, alla Commissione consultiva interregionale per la programmazio11e economica. « La realizzazione della rete di infrastrutture collettive e sociali » - ha dichiarato Giolitti - « strategiche per l'organizzazione di tutto il territorio meridionale, sarà oggetto di speciali progetti content1ti nel programma economico nazionale. Le caratteristiche unitarie di questi progetti speciali che rigt1ardano realtà interregionali e investono i problemi centrali del sottosviluppo meridionale, suggeriscono la necessità di ricorrere ad una ' Agenzia ' specializzata operante in tutto il Mezzogiorn.o ». In sostanza, quindi, si tratta della vecchia proposta, mai chiaramente definita e precisata, della « Cassa » per il Mezzogiorno come « Agenzia » per le infrastrutture nei territori meridionali. Non sembra comunque che la ristrutturazio11e del consiglio di an1ministrazione della « Cassa >> ( da tredici a sette membri), prevista dalla nt1ova legge per il Mezzogiorno, rappresenti un indizio di tale trasformazione. Ad ogni buon conto ci sembra positivo il fatto che con un tale articolo si tenga fermo il principio dell'unitarietà dell'intervento pl1bblico nel Mezzogiorno, evitando che esso si spezzetti in una frammentazione di progetti ed interventi a scala regionale. Ma se il diseg110 di legge è poco chiaro sulle nuove funzioni della« Cassa », è al contrario abbastanza preciso sulle funzioni che la « Cassa » perde e che verranno esplicate dalle Regioni a statuto ordinario. Abbiamo già accennato al fatto che le Regioni partecipano alla defi.11izione dei progetti speciali, in q11anto questi sono definiti dal Ministro per il Mezzogiorno « d'intesa » con le Regioni interessate. Abbiamo anche ricordato, però, che in caso di mancata in-- tesa le relative deliberazioni sono, per così dire, prese d'ufficio dal CIPE, i11tegrato dei presidenti delle Regioni interessate allo speci, fico progetto. Ci si è voluti cautelare, in altri termini - giustamente, anche se con una procedura troppo l11nga - 11eiconfronti di eventuali « risse » regionali (ad esempio in materia di utilizzazione delle acque o di viabilità interregionale) che l'adozione di u.n progetto di intervento potrebbe sèatenare tra due o più Regioni del Mezzogiorno. I11particolare, vengono sottratte all'organo di intervento straor15 Bibiiotecaginobianco

• Italo Talia dinario e devolute alle Regioni, tutte quelle competenze della « Cassa » che l'articolo 117 della Costituzione elenca come competenze proprie delle Regioni a statuto ordinario. In più, saranno trasferite alle Regioni - ed è questo un elemento di novità rispetto alle precedenti versioni dell'attuale disegno di legge - « le attribuzioni di competenza del Comitato dei Ministri e del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, relative ai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale, ivi comprese quelle attinenti ai piani regolatori delle aree e dei 11uclei ». Ora, i limiti di questa inno·vazio11e non sono del tutto chiari. Non è chiaro se con tale disposizione, infatti, le Regioni - che già hanno competenza in materia di urbanistica e quindi in materia di piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo - potranno intervenire anche nel settore industriale (settore non elencato nell'articolo 117 della Costituzione), attraverso misure particolari di incentivazione e di pro- • moz1011e. Va anche detto, però, che la « Cassa», cacciata dalla porta per quanto riguarda le materie di competenza delle Regioni, rientra dalla finestra. Al successivo articolo, infatti, si stabilisce che: « la Cassa per il Mezzogiorno, a richiesta delle Regioni, provvede alla progettazione ed attuazione degli interventi » nelle materie di competenza di queste ultime, « nonché di altre opere di competenza regio11ale, nell'ambito dei fondi messi a disposizione dalle amministrazioni regionali interessate ». E non vi è dubbio che, data la storica incapacità degli enti locali del Mezzogiorno nel progettare e realizzare opere pubbliche ed infrastrutture produttive, tutte le Regio11i del Mezzogiorno si avvarranno ampiamente del « servizio Cassa ». A questo punto. bisogna effettivamente porsi il problema di una riforma nella struttura operativa della « Cassa », se si vuole tener chiaramente distinta l'azione, per così dire, ordinaria al servizio delle Regioni, dall'intervento straordinario per la realizzazione dei progetti speciali. In altri termini, se le due funzioni non vengo110 tenute nettamente distinte, anche con la « Cassa » come Agenzia si corre il peri_colo di un intervento straordinario costretto a far tutto a causa dell'incapacità strutturale dell'intervento ordinario di operare concretamente, riducendo quindi - così come è avvenuto per il passato - a mero intervento ordinario, l'azione straordinaria per lo sviluppo del Mezzogiorno. 3. Passando dalle norme che, come si è visto, modificano il qua16 Bi_biol tecagino.bianco

La nuova legge per il Mezzogiorno dro istituzionale dell'intervento pubblico nel Mezzogiorno, a quelle che mutano il complesso degli incentivi, e più in generale le linee della politica meridio11alistica, va subito detto che anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una carenza di scelte precise. Anzi va aggiunto che il più delle volte ci troviamo di fronte a soluzioni e a scelte eccessivamer1te macchinose rispetto ai problemi posti dallo sviluppo industriale del Mezzogiorno. Prima ancora di entrare nel merito di questo secondo aspetto della nuo~a legge, vale la pena di ricordare che il finanziamento complessivo della « Cassa » si avvicina ai tremila miliardi per il quinquennio 1971-75; cifra che, benché superiore ai precedenti stanziamenti, è comunque ins11fficiente rispetto alle esigenze fatte valere più volte dagli organi dell'intervento pubblico per il Mezzogiorno. Per quanto riguarda la nuova via all'industrializzazione delle regioni meridionali, il disegno di legge innanzitutto proroga fino al 1975 la validità di due forme di incentivi che finora non si sono dimostrati efficaci: la riserva al Mezzogiorno del 40% degli investimenti delle amministrazioni dello Stato e quella del 30% delle forniture e lavorazioni delle amministrazioni pubbliche. Si tratta di due « riserve di legge» che da sempre hanno accompagnato la via sbagliata all'industrializzazione del Mezzogiorno e che per ragioni obiettive - in special modo per quanto riguarda la riserva del 30% - non si è mai riusciti a rispettare. Vi è poi il nuovo obbligo per le aziende a partecipazione statale di portare dal 60 all'80% la quota dei nuovi investimenti da realizzare nel Mezzogiorno; resta invece ferma al 40% la quota degli investimenti totali da destinare alle regioni meridionali. Quanto alle norme che più direttamente riguardano gli incentivi alle nuove iniziative industriali, la novità di fondo è rappresentata dal fatto che è il CIPE a fissare le direttive in materia di industrializzazione. E fin qui niente di male. Così ci sembra più che giusto che si operi 11na · discriminazione fra gli incentivi a seconda che si tratti di iniziative di piccole dimensioni (fra i i 100 e i 400 milioni di investimento), medie (fra i 400 milioni ·e i 9 miliardi di investimento) e grandi (al di sopra dei 9 miliardi di investimento), ed a seconda delle diverse zone del Mezzogiorno. Ciò che a nostro giudizio, invece, non convince, è il fatto che per le iniziative di piccole dimensioni il massimo delle agevolazioni ( tasso agevolato del 50% dell'investimento complessivo e 30% di contributo), venga concesso alle aziende che intendano localizzarsi in quelle · zone di particolare depressione, i cui criteri ·di identificazic)ne saran17 Bibiiotecaginobianco

' Italo Talia no stabiliti dallo stesso CIPE. In sostanza, se ben comprendiamo lo spirito di questa disposizione, si tratta di incentivare il frantoio, il piccolo caseificio e la modesta cantina sociale più che la piccola azienda meccanica o chimica complementare ai grossi complessi di base nelle zone già urbanizzate e già industrializzate. Ora, riesce davvero difficile comprendere una simile disposizione - a meno che non si adotti il noto criterio demagogico del Mezzogiorno contadino - se si tiene conto che la piccola industria moderna e competitiva non può sorgere se non là dove_ già esiste tutta una serie di « econon1ie esterne », oggi inesistenti nelle zone particolarmente depresse del Mezzogiorno appenninico. Estremamente macchinosa è poi la procedura per stabilire le agevolazioni a favore delle iniziative industriali di medie dimensioni. In questo caso la graduazione dei finanziamenti agevolati e dei contributi verrà effettuata dal Ministro per il Mezzogiorno, in conformità al prossimo programma nazionale, e dopo un lungo « concerto » ministeriale che riguarda il Bilancio, il Tesoro, l'Industria ed il Lavoro, e sulla base di direttive emanate del CIPE (vale la pena di ricordare che i ministri elencati fanno parte del CIPE) ed ispirate al criterio di agevolare al massimo le iniziative ad alta intensità di occupazione. Prima ancora, però, il CIPE dovrà procedere a « determinare i rapporti tra capitale investito e addetti nei vari settori » sulla cui base saranno graduate le agevolazioni, e dovrà « indicare le direttrici territoriali prioritarie ai fini della massima diffusione e qualificazione dello sviluppo economico sociale ». Anche per questo secondo tipo di incentivi - a parte la scelta, che va condivisa, a vantaggio del fattore lavoro piuttosto che del fattore capitale (purché si tratti di industrie che, oltre ad una elevata occupazione, comportino anche un elevato progresso tecnico) - sorgono perplessità circa la strategia di sviluppo territoriale adottata. Riesce innanzitutto difficile comprendere che cosa debba intendersi per « qualificazione dello sviluppo economico e sociale »; e si ha comunque l'impressione che si voglia abbandonare del tutto il principio della concentrazione degli interventi, sancito con la legge 717, rito~nando al vecchio criterio di un'industria per ogni campanile; criterio che oggi si maschera dietro i cosiddetti « itinerari di sviluppo ». Infine, per le grandi iniziative industriali - per quelle cioè con investimenti fissi superiori ai 9 miliardi di lire - la nuova legge per il Mezzogiorno si lin1ita a fissare l'entità massima del finanziamento e del contributo (rispettivan1ente il 50% e il 12% ); sarà il 18 B~blibtecaginobianco

La nuova legge per il Mezzogiorno CIPE che di volta in volta, nell'ambito della contrattazione programmata, fisserà, per ciascuna~ iniziativa, la misura delle agevolazio11i finanziarie da accordare. In sintesi, si può ritenere che la parte più deludente del disegno di legge che rifinanzia la « Cassa » per i] Mezzogiorno sia costituita dal nuovo sistema di incentivazione nei confronti àelle nt1ove iniziative industriali. È proprio in questa seconda parte, infatti, che la nuova leg.ge non sembra avere recepito il grosso ed il meglio del dibattito sulla nuova politica meridionalistica che si è venuto sviluppando in questi ultimi anni, sia nei periodici convegni di Bari, sia sulle riviste specializzate, con1e pure negli studi e nei documenti elaborati dagli uffici del Ministero del Bilancio ed in particolare modo dall'ISPE. Oppure, se ha recepito tali indicazioni, lo ha fatto solo i11 parte, come nel caso degli articoli relati\ 1i alla fiscalizzazione degli oneri sociali e alle misure dirette ad impedire l'ulteriore congestione industriale delle zone piu s,1iluppate del paese. Come è noto, si è sostenuto da più parti (soprattutto in occasione del dibattito parlamentare per la trasformazione in legge del primo decreto di rilancio dell'economia italiana) che una delle strade più rapide per lo sviluppo della piccola e media industria nel Mezzogiorno, fosse una consistente :fiscalizzazione degli oneri sociali, soprattutto ai fini di i11centivare le industrie ad alta intensità di lavoro più che quelle ad alta intensità di capitale; ci sembra pertanto modesto l'aumento di tale fiscalizzazione dal 10 al 15% per le industrie ubicate nel Mezzogiorno, specie tenendo conto del fatto che la progressiva abolizione delle zone salariali ha ormai eguagliato il costo del lavoro nelle diverse parti del paese. Per qt1anto riguarda, infine, i disincentivi nelle zone ad alta con;- centrazione industriale, si può affermare che è stato ottenuto soltanto in parte quanto fin dal 1963 la maggioranza dei meridionalisti (e in diverse occasio11i lo stesso_ Ministero del Bilancio e della programmazione economica) l1anno insistentemente richiesto. Le n1isure adottate sono già largame11te notè; ci sembra valga comt1nque la pe11a ricordarle. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della· legge il CIPE deve delimitare, 11ell'a1nbito delle regioni centro-settentrionali del paese, « zone omogenee di elevata cor1-centrazio11e industriale, nelle quali i nuovi impianti industriali di rilevanti dimensioni debbono essere oggetto di apposita autorizzazione da parte del CIPE medesimo ». ~er far questo, il ClPE dovrà attenersi a due criteri fondamentali: 1) saldo immigratorio nel quinquennio 19651969 superiore alla media dei territori del Centro-Nord diversi da 19 Bibiiotecaginobianco

Italo Talia quelli classificati come depressi; 2) rapporto tra l'occupazione extragricola e quella totale, superiore del 50% alla media dei territori del Centro-Nord del pari diversi da quelli riconosciuti come depressi. Nei territori così definiti, « le imprese che realizzano nuovi impianti industriali o ampliamenti di impianti esistenti, con investimento superiore ai 400 milioni e che abbiano assunto cento unità lavorative dopo l'entrata in vigore della presente legge, sono tenute alla corresponsione di uno speciale contributo pari a lire 1 milione per ogni nt1ovo assunto oltre il menzionato numero di cento unità. Il gettito del contributo ... è dovuto alla Regione nel cui territorio è localizzata l'iniziativa cui il contributo si riferisce, per essere destinato alla esecuzione di infrastrutture sociali ». Due sono gli aspetti poco convincenti, a nostro giudizio, sempre che con questa norma si intenda favorire il decongestionamento industriale delle Regioni più forti a vantaggio di quelle più deboli. La prima osservazione rigt1arda il perd11rare del grosso equivoco sulle cosiddette « aree depresse del Centro-Nord ». Ne deriva che se decentra1nento industriale vi sarà, difficilmente esso supererà i confini regionali: saranno Mantova e Cremona ad avvantaggiarsene rispetto alla provincia di Milano, oppure Cuneo rispetto a Torino. Il secondo rilievo è che la cifra di un milione di lire per ogni nuovo addetto oltre il limite di cento 11nità è molto basso, più basso di quanto lo stesso Bassetti ha proposto nel suo discorso di insediamento a presidente della Giunta regionale lombarda; inoltre, quando si devolve il contributo alla Regione di insediamento, anziché a quella di esodo, praticamente si autofinanzia, almeno in parte, l'ulteriore urbanizzazione, e quindi l'11lteriore industrializzazione, delle Regioni più sviluppate. Si possono quindi tranquillizzare quegli ambienti lombardi, piemontesi o liguri che hanno paragonato questo articolo della nuova legge per il Mezzogiorno alla vecchia legge fascista sui nuovi impianti industriali e sull'urbanesimo. Come pure può tranquillizzarsi il ministro Gava, che ha deplorato l'adozione di un metodo « _p11nitivo » nei confronti delle Regioni del Nord per favorire quelle meridionali. In sostanza - pur non volendo far~ del meridionalismo ad oltranza - c'è da dire che siamo ben lontani da q11anto era lecito attendersi leggendo la Relazione previsionale e programmatica per l'anno 1971, presen 18: ta dal Governo sul finire dell'estate scorsa. « La necessità di sostenere con la 1nassima energia » era detto nel principale documento programmatico del Governo - « la industrializzazione del Mezzogiorno e di evitare i pericoli di una ulte20 Bi_bi lotecagino.bianco

La nuova legge per il Mezzogiorno riore congestione delle principali zone urbane del Nord, connessi alla ripresa tumultuosa di movimenti migratori, sarà alla base degli sforzi cl1e il Governo perseguirà nell'indirizzare, attraverso tutti gli strumenti di cui dispone, la localizzazione di nuovi impianti industriali nel Mezzogiorno. Se tali strumenti si rilevassero insufficienti, il Governo si vedrebbe costretto a ricorrere - nell'ambito di certe zone - all'introduzione di misure amministrative di autorizzazione alla loc~lizzazione degli impianti di rilevanti dimensioni da adottarsi nelle zone congestionate del Paese ». 4. Se, dunque, è vero che il nuovo disegno di legge per il Mezzogiorno giunge con diversi mesi di ritardo rispetto alla sua scadenza naturale, che era quella del rifinanziamento tempestivo dell'attività della « Cassa » (i cui fondi sono già da tempo esauriti); e se è vero che esso giunge con un certo ritardo a sanzionare sul piano istituzionale quanto già affermava nel novembre del 1969 la cosiddetta « mozione meridionalistica » (fatta propria dal Go,,erno dopo il dibattito sulla proroga del finanziamento dell'attività della « Cassa » per l'anno 1970), è evidente che i punti più qualificanti del disegno di legge che si avvia all'esame del Parlamento sono proprio questi. Va ricordato, infatti, che la mozione meridionalistica affermava l'esigenza di mantenere l'intervento straordinario nel Mezzogiorno, peraltro in un quadro istituzionale nuovo, caratterizzato: da un rafforzamento degli organi della politica di programmazione; dalla delimitazione e qualificazione dell'intervento straordinario in relazione alle competenze delle Regioni; da una riqualificazione delle attività della « Cassa », che « potrebbe non solo svolgere », era detto, « i compiti dell'intenrento straordinario, ma porsi come strumento disponibile per l'attuazione degli interventi programmati dalle Regioni ». Aver tenuto fermo su qL1esti punti nel corso di un anno in cui si è rimesso in discussione - soprattutto da parte dei comunisti - l'i11tenrento straordinario ed il suo rifinanziamento, la struttura della « Cassa » e la sua collocazione operativa e politica, ci sembra un fatto positivo, anche se è avvenuto a prezzo di non. pochi compromessi. Ugualmente positivo ci sembra il non aver ceduto alla tentazione, più volte affiorata, di ribaltare completamente i rapporti fra gli organi tradizionali d'intervento e le nuove istanze regionali. Non affidando i compiti della « Cassa » alle Regioni si è evitata una improduttiva fuga in avànti, che avrebbe allargato ulteriormente il fossato tra le due diverse realtà economiche ·e civili del paese, dan21 Bibiiotecaginobianco

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