Giornale a più voci Sindacati dei lavoratori dipendenti ed autonomi, alle organizzazioni regionali giuridicamente ricono·sciute, alle 01 rganizzazioni di categoria, alle associazio,ni cooperativi·stiche, alle istituzioni culturali e alle altre formazioni sociali, la informazione, i d1ati e gli apporti specializzati necessari per la verifica dei piani di svilup·po globali e settoriali. Ora sembra chiaro che il richiamo alla programmazione ed alla partecipazione, da parte dei « costituenti» campani, è sincero e non strumentale o di prammatica. Se fosse strumentale bastrebbero i primi atti della Giunta. e del Consiglio, successivi alla approvazione dello Statuto, a dimostrarlo ed a porre un'ipoteca grave sul futuro della Campania, per esasperarne il ritardo. Si dovrebbe allora credere che il regionalismo, in Campania, è stato nient'altro che il diversivo di breve durata di quella tradizione che ha posto la nostra Regione su un piano di subordinazione storica di fronte al resto del paese. Lo stesso concetto di partecipazione - se non vorrà rivelarsi un esercizio di retorica e di accademia filosofica - non dovrà essere gestito demagogicamente e burocraticamente. Dovrà essere riqualificato sostanzialmente nel senso che l'appoggio delle categorie e delle associazioni, o delle forze culturali e sindacali, non dovrà significare copertura quantitativa a scelte verticistiche e monocratiche. È appunto con Ia partecipazione che si dovrà sviluppare un metodo di consultazione democratica e di elaborazione politica collegiale e questo potrà avvenire solo qua11do la Regione Campania avrà effettuato una precisa scelta dei suoi interlocutori, che non potranno essere presi a caso, ma scaturiranno dall'azione stessa che si vorrà intraprendere. L'·ap·provazio•ne dello Statuto è un momento interessante nella vita della Regione. Ma il banco di pTova per gH amministratori regionali, la verifica della loro capacità di autogoverno al di fuori dell'attesa miracolistica o dell'agnosticismo aprioristico, sarà costituita dal modo con cui sapranno dare una risposta di sintesi e di soluzione politica all~ « quantificazione» dei problemi della Campania, fatta finora da un limitato gruppo di tecnici e di esperti dello sviluppo. Si sa che il quadro che emerge dalla « quantificazione» dei problemi è drammatico. In Campania si concentrano i più forti squilibri. Il rapporto tra insediamenti e servizi è sconcertante. Il primo piano regionale di svilup·po (66-70) non ha modificato neppure marginalrn.ente questa realtà. Il discorso st1lle infrastrutture necessarie allo sviluppo civile non è andato oltre la fase di impostazione. I meccanismi di crescita, abnormi, sono rimasti gli stessi, le aspirazio•ni e le attese delle categorie più deboli e delle aree più depresse (l'osso della Regione) sono state del tutto ignorate. La Campania l1a continuato ad essere la peggiore se stessa. Il bilancio demografico-occupazionale, si· legge nelle « Propo,ste per il secondo Piano di sviluppo 1971-1795 », risulta negativo rispetto alle previsioni. Aumentano i movimenti verso l'esterno della Regione (emigrazione) mentre ci si prop·onevà un loro contenimento. Aumentano i movimenti interni diretti verso la costa (la fascia attiva). Si creano nuovi squilibri tra 65 ~ibliòtecaginobianco .. -
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