Nord e Sud - anno XVIII - n. 133 - gennaio 1971

I Giornale a più voci duro a morire, della notte parigina, o quella di Saint Gerrnain des Prés o del Quartiere Latino, ieri santuario dell'esistenzialismo, oggi mitologia della contestazione e dei graffiti sui muri della Sorbo11a, o l'altra dell'Ile de Saint Louis e delle « bidonvilles », due contrap•posizioni sociologiche; c'è la New York con le sue realtà etniche, i suoi ghetti, le sue immigrazioni chiuse, la New York degli irlandesi, la Brooklyn degli italiani, con le sue feste del Santo patrono, l'Harlen1 dei negri, e via di seguito. Invece, Roma la si può definire o, meglio, la si p·uò in parte comprendere solo attraverso questa identità nu1nerica. Ci sono, infatti, due, tre, quattro, cinque città, apparentemente distinte, ma non intimamente chiuse, tutte coesistenti, conviventi, ognuna co,n la sua identità toponomastica, urbanistica, sociale ed economica, ma tutte, nel fondo, romane. Non corre una così provocante differenza fra Trastevere, Parioli •e Primavalle: questi quartieri rivelano subito contrapposizioni residenziali ed economiche, ma sono tutti coinvolti in una comune atn1osfera (un termine, questo, che assume un ruolo fondamentale per comprendere la città). La parola romano ha divorato la parola romanesco. Del linguaggio dialettale in milioni di romani restano solo, insop,prin1ibili, insostituibili, alcune frasi tipiche, volgari, che caratterizzano inconfondibilmente t1n'offesa, un insulto, una reazione. Il bullo, questo personaggio rimasto sospeso tra il mafioso siciliano e il guappo napoletano, satira bonaria di un settimanale umoristico di trenta, quarant'anni fa, è già preistoria. Trastevere è già archeologia romanesca, rudere gastronomico per turisti a1nericani, e nem1neno fol~lore e tradizione di nostalgici arrabbiati, ostinati. A Roma o si è romani o no1 n lo si è. A Milano, per esempio, si può essere milanesi e anche qualcos'altro, così come a Torino; ma Roma coinvolge, accoglie, trebbia, macina, digerisce, come un enorme stomaco alla Pantagruel, tutti e tutto, assorbe tutti e tutto nella sua atmosfera. Ci sono due frasi esem•plari che quando si parla della natura e del carattere di Roma sono lì, in agguato, pronte ad aggredirti, ad imporsi con la tipica violenza del luogo comune: la prima è antica, tradizionale, radicata nei secoli, con la patina di un rudere o la struttura di un palazzo rinascimentale: Roma, città che corro·mpe, città corrotta, uno slogan, una convi11zione, infine un destino; la seconda legata ad un'idea del tempo, del clima: Roma, città che Io,gora, come una ca1ie, che consu1na, come una malattia. Quali delle due è la pii.1 vera, in fin dei conti la più forte? La prima non è forse meno responsabile della seconda? Forse è pit1 facile difendersi dall'un~ che dall'altra. Roma è contemporaneamente l'una e l'altra: se questa città fosse semplicemente corrotta, molti suoi problemi e aspetti almeno sarebbero traducibili in termini se non di risoluzione, almeno di ·chiarezza, che poi è la base fondamentale 'p-er affrontare i problemi più complessi. So1tanto se si registreranno decisamente e cqntemporaneamente questa sua permanente identità numerica e questa sua singolare atn1osf era, allora si dirà che Roma non è tanto una città che esiste co1ne realtà qt1anto un fenomeno· che si constata • 53 Bibrtotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==