Nord e Sud - anno XVIII - n. 133 - gennaio 1971

• ) Girolamo Cotroneo tutti i costi ritardare il momento in cui interviene· la responsabilità individuale, è negativo ai fini di un corretto· sviluppo, anche etico, dell'uomo, qitasi quanto. quello precedente, quando di fatto questo momento lo si fissava fin dal giorno in cui il bambino entrava nella scuola elementare. E ci pare frutto di quelle tendenze di cui prima avevamo parlato, di quel sociolo·gismo di bassa lega che sembra oggi rispolverare certi vecchiitmi [ambrosiani, certe teorie secondo cu,i tutte le « colpe » sarebbero di itna società astrattamente considerata, dimenticando che la «società », e in particolare una società democratica, è formata da individiti ognuno dei quali è certo condizionato dalle strittture e dalle situazioni sociali, ma che ha pure un largo. margine di responsabilità propria alla quale non può, né deve, essere sottratto: cosa questa a cui concorrono con sempre maggiore insistenza le moderne teorie pedagogiche, il cui errore non sta, come sopra abbiamo detto, nelle teorie in quanto tali, ma nello spostamento del campo di applicazione. Uno dei maggiori rimproveri rivolto alle teorie filosofiche dello storicismo è sempre stato quello di giustificare tutto: ma a noi sembra che siano proprio la sociologia, la psicologia, la pedagogia (e le loro dege- . nerazioni) dei nostri giorni a tendere alla remissione dei peccati, all'integrale « giustificazionismo », restringendo sempre più il campo della responsabilità soggettiva fino quasi a farlo sparire. Perché un,a volta stabilito che quelle che contano sono le strutture estrinseche e non già l'uomo come tale, la conseguenza logica non p9trà che essere di dare tutte le colpe alle strittture esonerando l'uomo da qu,elle che sono le sue precise responsabilità. (E quando poi nasce il sospetto che anche all'interno di strutture consider.ate perfette l'uomo potrebbe restare ancora quello che è, si ricorre alle soluzioni prospettate da Mitsatti e Della Mea). Tutto questo discorso potrebbe dare l'impressione di nascondere un disegno « reazionario », di essere ancorato a una soluzione « aristocratica » del problema dei rapporti fra tuomo e la società, alla soluzione del quale la pedagogia dovrebbe dare un contributo essenziale. Ma è certamente una falsa impressione: in verità, proprio perché non riteniamo di possedere formule miracolistiche, preferiamo ripiegare su quelle soluzioni che in filosofia si chiamano « aporetiche », cioè nel senso d'i difficoltà inerenti a un ragionamento e non di stato soggettivo di incertezza. In parole più semplici riteniamo necessario non tanto l'indicare presuntuosan1ente alternative, ma mostrare i limiti e i rischi di certe precipitose soluzioni. Che poi sia anche nostro prof onda, convincimento che in una società democratica, dove non ci sono (o non . dovrebbero esserci) altri che pensano e agiscano per lui, ogni cittadino 46 s· iotecaginobianco

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