Nord e Sud - anno XVIII - n. 133 - gennaio 1971

Giulio Picciotti mento della Chiesa verso il totalitarismo: ~< nel periodo napoleonico, la Chiesa segtlì successivamente un atteggiamento opposto: tentò dapprima un accordo (concordato del 1801, incoronazione del 1804), poi davanti all'accentuarsi della dittatura e dell'imperialismo, scelse coraggiosamente la lotta (scomunica di chi aveva usurpato il potere temporale, prigionia di Pio VII). La Chiesa uscì dalla tempesta con un rinnovato prestigio ». E quando vennero fascismo e nazismo, « con il nuovo totalitarismo, superiore a quello napoleonico per la teoria e per la prassi », la Chiesa « ripeté un analogo comportamento. Da una parte, Roma mostrò una certa acquiescenza davanti alla situazione di fatto, tentò di salvare il salvabile, argirtando il totalitarismo con strumenti giuridici di effetto incerto e di indubbio prestigio per le dittature, a costo di sacrificare forze ad essa fedeli e di chiara ispirazione cristiana». Ma poi, col nazismo avvenne che « quando la persecuzione minacciò direttamente la fedeltà dei cattolici alla Chiesa, la fede prevalse su ogni altro sentimento ». Sempre secondo la linea giustificazionista di Martina, « i te11tativi di accordo (con i regimi totalitari) costituisc_ono o dovrebbero costituire la trincea da cui parte la resistenza successiva, non sono fine a se stessi; la lotta a sua volta non è mai l'ideale della Chiesa, conscia della debolezza delle masse e risoliLta ad evitare al possibile la domanda di eroismi superiore alla media, fedele in ultima analisi alla sua natura di popolo immenso e non di piccolo gregge di eletti. In questa luce, i di1e momenti costituiscono ·una dialettica in continua tensione verso la sintesi superiore » 4 • Martina difende qt1indi l'alterità del metro del giudizio della Chiesa rispetto ai principi su cui va misurata l'azione politica: « Il giudizio (sulla condotta della Chiesa), come si è osservato a proposito del Concordato italiano del 1929, dipende essenzialmente dai presupposti ecclesiologici e religiosi da cui si parte: in ogni caso si deve riconoscere che questa scelta è tutt'altro che nitova, e corrisponde a quella operata nell'evo antico fra Ippolito e Callisto, nel medioevo fra gli spirituali estremisti e i moderati, nell'età moderna fra Giansenio e Alfonso de' Liguori ». Comunque, conclude Martina, il giudizio sull'operato della Chiesa deve partire dalla « intima essenza » di questa, che è una « società che ha natura e fini sostanzial1nente diversi da quelli dello Stato » 5 • Pertanto, secondo il pensiero di Martina (suffragato da tutta l'azione diplomatica del pontificato di Paolo VI), niente autorizza 4 GIACOMO MARTINA, Op. cit., pp. 752-753. 5 GIACOMO MARTINA, Op. cit., p. 754. 12 Bibiiotecag inobian.co

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