Cattolici e comunisti te11er conto in primo luogo dei fini che le sono propri; fini diversi da quelli perseguiti dalla politica. Nel volume che contiene il corso di Storia della Chiesa moderna tenuto dal gesuita Giacomo Martina nell'anno accademico 1968-69, presso la Facoltà di teologia della Università Gregoriana a Roma, si rileva come molte « ambiguità » 11ei rapporti tra la Chiesa e il potere politico siano da ricondursi appunto alla diversità che passa tra i fini della Chiesa e i fini politici: tra i primi, dominante è quello della conservazione dell'istituto. Secondo questa interpretazione, dunque, la Chiesa non ha mai inteso giocare se stessa, la propria sopravvivenza, su piani che non siano suoi propri, cioè non ha mai inquadrato questi livelli di valore in una scala in cui al gradino più alto corrispondesse, come gradino di base, quello costituito dai valori civili e politici, e nella quale, come vorrebbero alcuni teologi avanzati di oggi, quale ad esempio Bonhofer, la libertà politica fosse ritenuta premessa insostituibile della libertà religiosa, ordinata al fine della libertà della salvezza. « Nel complesso - scrive Martina - il pensiero cristiano dei primi secoli ha oscillato fra i due poli opposti: se gli apologisti difendono la libertà di coscienza, soprattutto quando il potere imperiale minaccia la Chiesa, prima o dopo il 313, altri invocano l'appoggio del braccio secolare non solo per l'amministrazione ten1porale dello stato cristiano, ma per la repressione dell'eresia. Appare fin d'allora l'ambiguità che verrà in seguito rimproverata spesso ai pensatori cristiani, di volere la libertà quando sono in minoranza, di negarla agli altri quando hanno conquistato la maggioranza » 1 • Martina respinge come troppo sbrigativo il giudizio del giurista cattolico P. A. D'Avack che definisce l'appoggio statale avuto dalla Chiesa nel passato « quanto di più . dannoso e pericoloso potesse capitare alla Chiesa »,poiché« ebbe su di lei ... una profonda infiuenza corruttrice quanto mai nefasta » 2 , e che in linea con questo giudizio sostiene l'inutilità per la Chiesa, nella realtà italiana di oggi, della sopravvivenza del Concordato. Lo scrittore gesuita concorda invece con H. Jedin, secondo il quale il procedere della Chiesa è stato uno « sviluppo condizionato dalla situazione storica ... che ha avuto le sue gravi zone d'ombra, ma che ha reso possibile dei successi, che solo con difficoltà si sarebbero potuti raggiungere altrimenti » 3 • Illuminanti sono le osservazioni di Martina circa l'atteggiai GIACOMO MARTINA, La Chiesa nell'età dell'assolutismo, del liberalisn10, del totalitarismo, Morcelliana, 1970. . 2 P. A. D'AVACK, Il problema storico-giuridico della libertà religiosa, Ro1na 1966. pp. 29-30. 3 H. JEDIN, La storia della Chiesa è teologia e storia, Milano 1968, p. 12. 11 Bib·lio ecaginobianco
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