Nord e Sud - anno XVII - n. 132 - dicembre 1970

Editoriale · religioso - quale, appunto, l'indissolubilità del mat~imonio - debba essere, in quanluque circostanza, coperto dalle: garanzie giuridiche dei poteri statuali. « In effetti », Ila scritto La Valle, « la varietà di posizioni legittimamente presenti tra i cattolici di fronte al problema del divorzio non sj è manifestata in forme conclamate, duran.te tutta la lunga battaglia parlamentare. La preoccupazio·n.e di non indebolire un fronte già fragile, ha fatto tacere molte voci dissenzienti. Ma questa situazione privilegiata non potrebbe riprodursi nella prospettiva di una consultazione popolare, la cui moralità consiste appunto nella assunzione, da parte di ciascuno, di una intera responsabilità. Io non so che atteggiamento prenderà ufficialmente la Chiesa italiana di fronte all'iniziativa per il referen,dum. Comunque l'esperienza insegna cfle il modo migliore di servire la Chiesa non è sempre quello di eseguirne i suggerimenti, specie sul terreno politico ». Auguriamoci dunque, nell'interesse di tutti, che questa battaglia non sia combattuta; se poi dovrà esserlo, ciascitno farà la sua parte. Qui vogliamo solo sottolineare un punto che non sembra avere richiamato l'attenzione che merita; e cioè l'importanza che ha per il Mezzogiorno la legge che introduce il divorzio. E non solo perché nel Mezzogiorno sono più frequenti alcuni casi per i quali è prevista la possibilità di scioglimento del vincolo matrimoniale ( ricordiamo, già all'inizio del secolo, le tantissime « vedove bian.che », ossia le mogli di emigrati che, anche qitando i mariti divorziavano e si risposavano nel paese di acquisto, erano costrette, per la mancanza appunto del divo-rzio, alla solitudine di una intera vita). Ma perché il principio stesso del divorzio mette in crisi la concezione del matrimonio autoritaria e patriarcale, tipica di quella società contadina che pure oggi è in via di dissoluzione, ma i cui «valori» sopravvivono ancora tenacemente. È di questi giorni il dibattito sulle colonne di un grande giornale del Nord, provocato dalla lettera di una lettrice che lamentava di essere brutalmente picchiata dal marito. Ebbene, altre lettrici - queste ultime di origine meridionale - hanno proclamato la legittimità delle busse maritali; u11a di loro è giunta addirittura ad affermare d'essere grata al manesco sposo per non averla (ancora) sfregiata. Perché questo atteggiamento? Perché quelle lettrici hanno assimilato dalla loro cultura il concetto che la moglie è un oggetto di proprietà del marito; e dunque costui ha it diritto di picchiarla, di sfregiarla, magari di ucciderla « per onore », ricavandone, in quest'ultimo caso, le congratulazioni della « gente » e comprensiva indulgenza (almeno fino a che sopravviverà l'art. 587 del Codice penale) dalla legge. Ora - e la 4 Bibiiotecaginobianco

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