Piero Maria Lugli Partendo dal presupposto che sembra assurd9 costruire milioni di nuovi alloggi, mentre tanta parte del patrimonio edilizio antico, i.n gran parte ancora t1tilizzabile, viene abbandonato, ci siamo applicati a verificare quali fossero le condizioni atte a recuperare l'uso di tutto il territorio secondo nuovi modelli economici e culturali, da sviluppare nel rispetto e nella valorizzazione degli antichi ordinamenti e in rapporto ai nuovi standards 11rbanistici ed edilizi. Riteniamo di aver oramai provato con i nostri studi che, in una prospettiva temporale e programmatica abbastanza ampia, è possibile prevedere un assetto del territorio nazionale meno polarizzato e più fluido, con forme di insediamento più variate di quelle metropolitane ed urbane di tipo concentrato e tale infine da garantire più elevati livelli di libertà e di scelta per gli abitanti. Occorre naturalmente che -un programma in tal senso sia sostenuto da un'impostazione ideologica molto chiara e, in primo luogo, che si affronti decisamente la più grave strozzatura di tutta la situazione della pianificazione territoriale, dell'urbanistica e dell'edilizia italiana: cioè quella della libera disponibilità del suolo. Non voglio dilungarmi, in questa occasione, su questo argomento, ma è certo che solo l'esproprio generalizzato o il diritto di superficie o altri strumenti equivalenti, estesi a tutto lo spazio da sviluppare e da ristrutturare, potranno superare i blocchi provocati dagli interessi e dalle manifestazioni speculative dell'egemonia della proprietà fondiaria e delle manifestazioni _microcapitalistiche da essa derivate. L'intervento pubblico, in primo luogo, e gli interventi che interessano globaln1ente la società devono essere assolutamente affrancati da ogni impaccio relativo alle scelte per la acquisizio11e dello spazio necessario perché possano recuperare la loro funzione traente e qualificante al posto di quelle di integrazione, di supplenza o di parziale correzione delle distorsioni provocate dall'interesse privato, nelle quali sono oggi relegati. Nel campo particolare del recupero del patrimonio edilizio tradizionale voglio rilevare l'assoluta mancanza, nel momento attuale, di strumenti legislativi ed operativi che rendano possibile l'esercizio attivo degli interventi pubblici nel campo del risanamento e del restauro conservativo. La legge urbanistica del 1942 considera difat~i, in linea di principio, solo lo sviluppo e l'espansione dei centri abitati e non si occupa del risanamento: solo marginalmente, agli artt. 18, 20 e 23, essa prevede qualche provvedimento per l'esproprio e la forma62 \
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