Nord e Sud - anno XVII - n. 132 - dicembre 1970

; Giornale a più voci pronta rispondenza alle sollecitazioni di politica economica in· rapporto alle variazioni di mercato ed alle esigenze -della produzione in ,periodi di congiuntura. Visto che si è acc·ennato al principio della manovrabilità, inteso co.me possibilità di ricorrere, in tempi di congiu,ntura, a variazioni delle aliquote, non sarà in-utile avvertire che per molto tempo si è insistito sul fatto che l'IVA è allergica a tali improvvisi mutamenti, riten-dosi anzi eh.e a questo tributo sia connaturale l'esigenza di una aliquota « uniforme e costante». Ciò, in gran parte, è vero: bisogna chiarire al riguardo che il tributo, atteso il gioco. delle ,detrazioni, viene preferibilmente applicato sottraendo, in ogni fase -di smercio, dall'imposta dovuta in complesso dal venditore, l'im.posta di fatto già pagata dal venditore stesso al momento dell'acquisto. Questo sistema di applicazione del tributo generalmente noto come metodo di deduzione « imposta da imposta» -- presenta parecchi vantaggi (.parte dell'onere amministrativo-contabile viene addossato alle imprese; la documentazioine delle impos,te pagate è .più rigorosa ed il controllo - da parte del fisco - più agevole; le imprese cosiddette miste sono autorizzate a diffalcare il tributo afferente le esportazioni dal totale delle imposte da versare all'erario, con automatica compensazione, ricorrendo solo eccezionalmente alle ora estenuanti proced·ure di rimborso, e via dicen-do ). Tale metodo tuttavia presuppo·ne una costante unifor1nità di aliquota, perché solo in costante uniformità di aliquota esso non si ,differenzia dall'altro metodo, detto « base da base» (è di intuitiva evidenza che sottrarre dal valore 4 milioni la cifra di 3 milioni per applicare sulla differenza l'imposta del l0o/o è lo stesso ohe sottrarre da 400.000 lire di imposta l'altra di 300.000 lire, già pagate a tal titolo). Il discorso cambia quando l'uniformità di aliquota viene meno ad un certo stadio del ciclo produttivo. Si pensi al latte, allo zucchero, alla farina, che in determinati settori diventano in1gredienti di prodotti cosiddetti voluttuari (dolciumi, cosmetici etc ...). . In tali casi è impensabile che siffatti generi di largo consumo continui110 a scontare l'imposta ---- presumibilmente tenue - che è loro propria; incoriporando·si in un pro1dotto non più di consumo necessario, l'aliquota dovrà essere quella, più elevata, relativa al prodotto cosi,ddetto voluttuario. È chiaro allora che se dall'imposta - mettiamo del 18% - dovuta sui dolciumi, si sottrae l'imposta effetti,vamente pagata sulla farina e sul latte - mettiamo .del 6% - si avrà in sostanza un recupero d'imposta sulla quota di valore aggiunto del prodotto finito, il quale sarà colpito nel suo valore aggiunto - non soltanto dalla più aspra aliquot~ che gli è propria, ma anche -da un'imposta aggiuntiva di recupero per le componenti -che sono incorporate nel prodotto. Anche qui un esempio non guasta. Un',industria dolciaria acquista zucchero, latte e farina per L. 3.000.000, assolvendo imposte al 6% p-er Lire 180.000; con tali ingredienti confeziona dolciumi che riven:de per L. 5..000.000. Il valore aggiunto, quin·di, è di L. 2·.soo.000. Se su tale valore netto di L. 2.500.000 si dovesse pagare (metodo di dedu49 Bib_liotecaginobianco

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