I Gli investimenti americani in Europa esercitata dalla loro concorrenza sulle imprese europee non solo ha contribuito ad introdurre più moderni metodi gestionali e ad innalzare il livello tecnologico di molti settori, ma ha da.to una spinta decisiva a quei processi di concentrazione e di raggruppamento che hanno reso possibile il salto tecnologico perfino in comparti industriali caratterizzati dalla presenza di un gran numero di aziende, tutte con una debole struttura finanziaria. E sono gli ambienti comunitari i primi a riconoscere come le filiali delle società ·d'oltreatlantico costituiscano oggi, in buona parte, la componente più avanzata e dinamica dell'industria europea e svolgano nei confronti degli operatori locali una preziosa funzione « traente ». È pure vero, però, che tutto questo ha avuto, e sempre più avrà nei prossimi anni, costi non indifferenti. Il primo, quello di cui maggiormente si è discusso, deriva dai mezzi con cui provvedono a finanziarsi le filiali europee delle società americane: a mano a mano che il loro ruolo si viene slargando, e cresce il loro peso sui mercati continentali, diminuisce il ricorso alle disponibilità finanziarie d'oltreatlantico e aumenta l'incidenza delle risorse ottenute direttamente in Europa. Nel 1959, quando gli investimenti americani cominciarono ad aume11tare più rapidamente, la quota delle risorse finanziarie assicurata dagli Stati Uniti equivaleva al 25,5%; nel 1967 risultava solo del 16,1%. Nello stesso tempo, inv·ece, aumentava l'incidenza dell'approvvigionamento nei mercati europei: 29,9% nel 1959, 46,6% nel 1967. Naturalmente qt1esto risultato si è reso possibile grazie a un crescente ricorso al mercato internazionale dei capitali, e precisamente al mercato delle euroen1issioni, che non a caso dopo la na- ~cita (a11venuta nel 1963 in seguito all'introduzione deII'Iriterest Equalisation Tax) si è sviluppato con enorme rapidità, fino a raggiungere nel 1968 una cifra di affari pari a tre miliardi di dollari. Su questo mercato, com'è noto, a,,rviene lo slittamento dei capitali europei verso le società americane; sono queste, infatti, a effettuare il maggior numero di emissioni, le più vantaggiose e sicure, sono queste a mantenere evidenti i legami con le filiali europee delle banche statunitensi. In questo modo - ecco la preoccupazione che sempre più affiora negli ambienti comunitari - « oltre al loro mercato, ai loro operai, ai loro quadri, almeno fino a un certo livello, i paesi eu.ropei forniscono anche i lo·ro risparmi agli investitori americani »; sottraendoli, di _conseguenza, alla disponibilità finanziaria delle imprese comunitarie. Un processo, per di più, che è aggrava_to dalla contrazione per25 Bi-bl'io_tecaginobianco
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