Nord e Sud - anno XVII - n. 132 - dicembre 1970

I A sud del Mar Nero strategia sovietica, non si limitano ai dittatori del cosiddetto « socialismo arabo ». Già da tempo, infatti, i sovietici non mancano di rendere qualche servizio economico al regime franchista (per non parlare del recente scambio giornalistico di inviati speciali tra Mosca e Madrid) e di stare a guardare ciò che avviene tra le forze politiche spagnole in vista del « dopo-Franco ». Inoltre - citiamo una nota di Carlo Casalegno sulla « Stampa» del 4 dicembre - la Russia conclude affari con i colonnelli greci, approfitta della crisi di Cipro per incoraggiare il nazionalismo turco, fa l'elogio del gollismo e del post-goJlismo (pagando niente in termini politici gli onori protocollari tributati a Pompidou), strizza l'occhio ai « terzomondisti » e ai « conciliari » italiani. Insieme al dopo-Franco pensa, e soprattutto, al dopo-Tito, sperando - il maresciallo jugoslavo ha denunciato la manovra senza mezzi termini nel suo discorso del 26 novembre - di profittare delle difficoltà economiche e delle rivalità tra le diverse nazionalità che compongono la repubblica jugoslava. In questo caso va da sé che riuscirebbe all'URSS il colpaccio di accerchiare e « rimangiarsi », con l'occidentalizzante Jugoslavia, anche la filo-cinese Albania. Insomma, con una tastiera come questa davanti a sé, non meraviglia che l'Unione Sovietica sia penetrata tanto profondamente in un'area che, tradizionalmente, le era sempre stata sottratta dall'influenza occidentale. Ma ora ha dinnanzi a sé politiche vuote o dissennate o ridicole nella loro presunzione di alterigia: quella francese, che pretende di portare nel mondo arabo il dialogo a due (cioè sopra le teste degli americani) che già fallì clamorosamente a De Gaulle in Europa; quella italiana, che parla di « ponti », di « missioni », di « equidistanze » per garantire all'Occidente l'amicizia dei popoli arabi, senza comprendere che l'equilibrio si sta determinando a sfavore della nostra stessa sicurezza, senza pensare che è già quasi « cortina di ferro » sul Mediterraneo o che lo sarà, poco poco che vacilli la posizione israeliana. Tutti, italiani e francesi~ come presi dalla « bilateralità » con cui l'URSS caratterizza le sue aperture europee, creduli come provinciali ad un'asta truccata, convinti che si tratti di un innalzamento di rango internazionale mentre è semplicemente una manovra politica dell'interlocutore. Non ci meraviglierebbe che· qualche grand'uomo del nostro milieu politico volesse fare anche lui .la sua brava corsa a Mosca per imitare Pompidou. Naturalmente non mancano voci che te~tano di mettere in guar19 Bib _iotecaginobianco

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