Nord e Sud - anno XVII - n. 132 - dicembre 1970

Pietro Armani sono sviluppati i piani poliennali di spesa in c~nto capitale e da quando il 2° com·ma dell'art. 36 della legge di contabilità generale dello Stato ha subìto una interpretazione deformante e largamente estensiva. Detta norma dispone, infatti, che i residui per spese in conto· capitale possono essere mantenuti nell'apposita gestione autonoma per cinque anni dall'ultimo stanziamento di bilancio, ·mentre la perenzione amministrativa gioca sul più ristretto margine di due anni, dopo quello dell'inserimento in bilancio, relativam·ente ai residui per spese correnti. Ciò significa che, mentre p·er queste ultime (spese correnti) i resi,dui dovrebbero essere solo del tipo di quelli propri o da impegno - cioè spese previste, imp·egnate liquidate ma non ancora pagate -, per le spese in conto capitale (dato il più ampio p·eriodo di tempo entro il quale posso•no essere mantenute in bilancio nell'apposita autonoma gestione) i residui passivi hanno la concreta possibilità di p·resentarsi anche come impropri o di stanziamen.to, cioè come spese previste ma no•n ancora nemmeno impegnate. Questo certamente spiega la prevalenza ·percentuale dei residui p·ropri nell'ambito dei residui passivi di parte corrente e la prevalenza dei residui impropri nell'ambito -di quelli per le spese in conto capitale. Tuttavia, anche nelle spese correnti registriamo oggi 1'11,8% di residui di stanziamento, mentre ciò ·p,er il 1° comma dell'art. 36 citato non dovrebbe essere giuridicamente possibile. La possibilità è data, dunque, da un'evidente interpretazione estensiva del 2° comma del medesimo articolo, il quale - oltre a,d essere destinato esplicitamente ai residui per spese in conto capitale - ha finito p·er essere applicato pure alle spese co,rrenti, in particolare ad alct1ni tipi di queste elencati in disposizioni di deroga sempre più numerose e frequenti (soprattutto per le spese correnti di trasferimento). Questo spiega perché i residui di stanziamento della parte corrente si siano sempre mantenuti percentualmente al di sopra del 10% del totale di titolo in questi ultimi anni, anche se con una lieve tendenza decrescente. È evidente l'anomalia di tale fatto, che offre alla pubblica amministrazione un margine di manovra, il quale sarebbe altrimenti sconosciuto con una interpreta~ zione più rigoro 1 sa del 2° comma dell'art. 36 citato e con un rigido rispetto del principio s·ancito nel 1 ° comma. Ma forse l'anomalia più perniciosa e generatrice di illusioni finanziarie si annida nell'ambito dei residui propri, in quelli cioè che il Tesoro e la Ragioneria generale dello Stato si affannano a ritenere un fenomeno fisiologico del nostro sistema -del bilancio di competenz'a: tale anomalia è quella dei residui da inipegni, per i quali l'amministrazione statale ha predisposto• i cosiddetti « impegni globali » o genericii, che non comportano anco•ra la nascita di obblighi giuscontabilistici verso i terzi. Infatti, 124 Bib io ecaginobianco . . . I.

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