Nord e Sud - anno XVII - n. 131 - novembre 1970

Editoriale · guardare la pace e di contenere i rischi di guerra, ,:esta ancorata alla preoccupazione di assicurare una continuità gollista della propria azione politico-diplo·matica che si esprime ancora, e sia pure con i11ino-retracotanza di quanta se n.e po-tesse concedere il Generale, in un pregii,dizio riazionalistico, .antieuropeistico. QiLanto all'Italia, la sua azione politico-diplomatica risulta oramai ridotta al corteggiamento dei paesi .arabi e condizionata o da astratte intenzioni conciliari sul Terzo man.do o da ristrette concezioni petrolifere della geopolitica mediterrariea; l'Italia sembra ripiegare, cioè, in un si10 ancestrale provincialismo che la induce a prescindere, nel dibattito politico sul presente e sul futuro, dai grandi pro·blemi di politica internazionale, della sua collocazione nello scacchiere della politica internazio-nale, della continuità di quella sua vocazion.e europeistica che De Gasperi e Sforza avevano saputo far valere come sigillo di una solidarietà democratica che è stata poi per molti anni condizione di stabilità politica, di progresso economico e civile, di sicurezza internazionale. Si potrebbe parlare, dunqiLe, di Europa alla deriva lungo la corrente che porta alla distensione fra le due superpotenze, intese a consolidare in condominio il proprio ruolo di gendarmi della pace nel mondo? Sa- · rebbe troppo semplicistico. Nelle ultime settimane, infatti, l'attenzione degli osservatori politici ha cominciato a spostarsi su alcune incognite che alterano il qtladro disegnato nei giorni della firma del trattato di Mosca e del piano Rogers per il Medio Oriente. Ci si è co1ninciato a domandare perché l'Unione Sovietica abbia barato nel Medio Oriente, avallando lo spostamento dei missili verso la sponda occidentale del Canale di Suez; e ci si domanda soprattutto se gli Stati Uniti possano spingere la propria ten.denza al disimpegno e la propria disponibilità al negoziato con l'altra superpotenza fino al punto di ritirare - come il Cremlino pretende nei negoziati di Helsinki sulla limitazione delle armi strategiche - le testa-te nucleari dislocate attualmente nell'Europa occidentale, senza che l'Unone Sovietica ritiri i 700 missili a n1edia gittata che sono dislo·cati n.elle sue. regioni occidentali e puntati contro i paesi europei dell'alleanza atlantica. Ci si comincia a domandare, altresì, fino a che punto potrebbero essere compromesse le condizioni di sicurezza dell'Europa n1eridionale dalla penetrazione sovietica nel Mediterraneo, speci,almente se e quando, scomparso Tito, si dovesse aprire un'incerta lotta di sitccessione in Jugoslavia. Ci si do,man.da, i11fine, quali contromisure do-vrebbero predisporsi in Occidente per far fronte alla « spinta tre1nenda » che l'Unione Sovietica ha dato .alla sua politica di raff orzamento sul piano dell'armamento strategico e su quello dell'arma- , mento convenzionale. 4 Bibl_iotecaginobianco

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