Dino Cofrancesco scorso. Questo atteggiamento per molti versi è ~uperat.o: esso può caratterizzare l'epoca del tramonto dello Stato nazionale, quella fase crep,uscolare - e tendenzialmente anarchica - dello spirito, in cui la strada maestra si diparte in mille sentieri e l'unità artificiosa si scinde nel travaglio di mille spiriti diversamente inquieti. Ma oggi viviamo nell'alba del « giorno dopo»: l'unità non sta piì1 alla fin.e, ma agli inizi: solo la consapevolezza di radici comuni e di mete condivise pos-son·o renderci tranquilli nella ricerca della nostra via. Altrimenti chi ci garantirà dal rischio di lavorare, inco•nsapevolmente, al servizio del Dominio? La « storia co,me libertà » di Benedetto Croce prefigurava, forse, una risposta ad un bisogno di questo tipo. Si tratta delle medesime preoccupazioni che, mutatis mutandis, assillano gli intellettuali del dissenso radicale. Pur nella sem·plificazione 11.rtante di talune tesi, i sociologi del dissenso sembrano aver compreso il movimento inarrestabile che tende a unire le nazioni in un atteggiamento di comune solidarietà. Certo può costituire un errore, ed è senz'altro asserzione polemica e superficiale, dire, ad esempio, che l'Occidente si è arricchito grazie allo sfruttamento del Terzo Mon•do, ma dietro q11esti errori teoretici c'è, per riprendere la terminologia crociana, un atteggiarsi 1norale che mi sembra affatto positivo. Esso può significare il bisogno inalienabile - e sia pure esasperato - di realizzare concretamente, nella coscienza come nelle istituzioni, il sogno di civiltà che il più grande filosofo morale dell'evo moderno ha consegnato al meno noto dei suoi scritti. « Sebbene questa federazione ·di Stati appaia oggi soltanto abbozzata, comincia però a destarsi un presentimento in tutti i membri interessati alla conservazione del tutto e ciò dà a sperare che, dopo qualche crisi rivoluzionaria di trasformazione, sorga finalmente quello che è il -fine supremo della natura, cioè un generale ordinarnento cos1nopolitico, che sia la matrice nella quale vengano a sviluppa.Tsi tutte le originarie disposizioni della specie umana». Nel m01ner1to in cui il progetto kantiano divien·e ritornello retorico, mentre, fuori dell'aula scolastica, la guerra e il nazismo resuscitano gli antichi terrori, forse non desta meraviglia se la pacata ragionevolezza ·di un Abbagnano ed i n·uovi discorsi sul metodo non interessano molto ai « giovani di spirito» •del nostro tempo, così disposti alle barricate - e spesso all'incon~ sapevole copertura d,i totalitarismi non me~o soffocanti di quelli denunciati nella società industriale americana e russa. A questo bisogno, p·rivo ,di mete immediate e concrete, ma reali·ssime, non è rimasta insensibile neppure l'antica cattedra di Pietro che cerca, sia pure incorrendo talora in nuovi errori, di resuscitare un più autentico ecumenismo ed una nuova cultura. Questa spinta all't1nione -deve essere penetrata nelle sue ragioni di fondo: il rifiuto di questa università, in quanto legata ai valori dello S1 tato nazionale, non nasce dal desiderio di sostitui 1 re alla falsa unità l'autentica pluralità, cori la conseguente diramazione degli interessi e dellè attitudini spirituali. Si tratta invece di una unità più vera e più vasta che ·si vuole sostituire ad un insieme fragile di forze portatrici di esigenze individuali, semp·re più esasperate e irriconciliabili con il tutto. 56 Bib iotecaginob· vico •
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