Nord e Sud - anno XVII - n. 131 - novembre 1970

, Giornale a più voci ha quindi l'impressione ch·e, oggi come oggi, la r.tostra cultura politica finisca per essere alimentata soprattutto dalle 'filosogie sociologizzanti ': un vario impasto di filosofemi, iideologismo e sociologismo. A mio modo di vedere l'intruglio è orrendo; ma è pieno di senso se si considera che nelle nostre megalopoli ci sentiamo sempre più 'i·mpotenti ', e se manca l'alternativa di un sa ere operativo non resta che l'esalante surrogato di elidere la frustra- ---~----~~~~i..- zion e filosofica con la frustrazione sociologica (e viceversa) ricombinando le due cose assieme». E questa alternativa di sapere operativo, questa indispensabile funzione di igiene mentale che vada a liberare gli uomini politici italiani da quegli idola che deviano e offuscano le loro discussioni, può introdurla, secondo Sartori, soltanto una scienza politica, che, in quanto ·applicazione della m·etodologia empirica all'analisi della vita politica, riesca anche, senza per questo escluderli, a dominare ed integrare nella problematica della propria discipli,na i risultati delle indagini di altre materie, dalla storia alla storia del pensiero e delle istituzioni politiche, dalla ·sociologia all'antropolo,gia, dalla psicologia alla psichiatria. La proposta è indubbiamen 1 te suggestiva, come 1del resto ci ricordano i non1i di Machiavelli, Hobbes, Tocqueville, M·arx, i quali, in tempi e modi diversi, manifestarono comunemente l'aspirazione a rinnovare lo studio della politica attraverso t1n permanente interesse per l'orientamento empirico ed un·a generale tendenza ·alla « prosp,ettiva scientifica ». (Le motivazioni che indussero gli orientamenti di questi pensatori richiederebbero· comunque tutta un'analisi particolare). ·Ma l'introduzione ,della prospettiva scientifica nella cultura politica italian·a, così argomentatamente proposta da Sartori, ma anche così acritica• men1 te imposta da tanti altri, è un impegno culturale che com·porta anche dei rischi e dei limiti, sui quali sembra richiamarci l'attuale crisi della cultura anglosassone, inondata di studi politologici, specialistici, e purtroppo disertata da quelle grandi impostazioni etic~politiche.. ancora e sempre le uniche in grado di garantire ampio respi 1 ro ad ogni cultura che non vogli 1 a p·o1itrovarsi col « fiato corto» dinanzi alla rapida e tumultuosa evoluzione della civiltà moderna. Al di là di ogni inutile polemica su quanto concerne la valutatività e l' « avalutatività » dello scienziato, vi è da dire che la prospettiva scientifica nella interpretazione dei fatti politici può facilmente provocare una forma di pericolosa e disfunzionale umiltà: l'umiltà dello scienziato sociale che può essere ·del tutto sicuro delle sue scoperte su piccole cose e dubntare dr poter avere qualcosa d'a dire sui problemi più grossi. « Il pericolo - scrive a questo proposito Robert A. Dahl - è che l'andare in cerca di dati empirici possa trasformarsi in una interessantissima ricerca su cose ir1significanti, a meno che non venga guidata dal senso della ditierenza tra una ·spiegazione che non avrebbe molta importanza. (persino se si dimostrasse che è valida secondo i metodi più avanzati ora -disponibili) ed una che ne avreb·be invece . ' 47 Bi-biiotecag i nobianco .

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