Nord e Sud - anno XVII - n. 131 - novembre 1970

... · Luigi Compagna spontaneista in grado di sviluppare una più o men~ giu.stincabile strategia del contro tutto e contro tutti, ha potuto giovarsi, nélla sua rapida crescita di qualche anno addietro, della crisi -di cronico e progressivo disfacimento delle organizzazioni giovanili -di partito, rivelatesi da sempre irxcapaci di offrire ai propri iscritti un discorso politico che non ricadesse nella ormai logora p,ropo·sta di « giocare », più o meno burocraticamente, a fare la sinistra del rispettivo partito. Si potevano cogliere in questo fenomeno, pur circoscritto a livello giovanile, quasi dei segni di preavviso circa gli effetti cui poteva ul,teriormente allargarsi la orisi dei partiti, i qt1ali comunque andavano già perdendo un sempre maggior numero d'iscritti e simpatizzanti. E difatti nel '69, certo non solo a causa del cosiddetto autunno caldo, si assisteva al massiccio abbandono dei partiti da parte di molti lavoratori fino ad allora fedeli militanti ma che scoprivano ora nel sindacato uno strumento di partecipazione politica da contrap-porre (non più da giustapporre) al parti,to. Ma movimento stu1 dentesco e sindacato possono dirsi davvero i nuovi strumenti partecip·ativi con cui la società civile, n·ei suoi settori ·più vitali e più rappresentativi, gli studenti e i lavoratori, -prosegue quella naturale ed inarrestabile corsa verso l'uguaglianza, e verso la democrazia, che Tocqu~ ville aveva profetizzato centoquarant'anni. orsono? O non sono invece dei fatti ap,parentemente nuovi, rna sostanzialmente vecchi, che, in quanto ri- · scoperti dal passato, al passato fatalmente ci riporterebbero?· Per trovare una risposta a q_uesti interrogativi, i cui toni tendono a farsi oggi più drammatici, ci si deve rifare da un lato all'eSiperienza storica delle più efficienti democrazie occidentali dei nostri giorni, a quella inglese e, pur nei suoi contrasti e scompensi, a quella americana; e dall'altro lato alla certo più tragica esperienza dei p,aesi .orientali, dove ha regnato e continua a regnare un dispotismo che si è sempre mostrato incapace di ab·dicare alla propria· natura totalitaria e quindi antidemocratica. Nel primo caso, lo sviluppo che hanno conosciuto negli ultimi cinquant'anni i partiti politici è la più evidente prova che i vecchi istituti tradizionali della partecipazione (tra cui anche e forse sop·rattutto quel tipo di democrazia ,diretta_ oggi rivagheggiata dai più combattivi leaders del movimento studentesco e si1 n1 dacale) erano div~ntati insufficienti nella società politica contemporanea, e che accanto, ma non contro di essi, se ne venivano - costituendo altri, i p·artiti, meglio adatti a favorire la partecipazione all'eJa .. borazione delle grandi decisioni politiche. La democrazia di tipo occidentale, unica depositaria di quei valori di libertà oggi duramente minacciati, si è venu~a perciò configuran,do sempre più e sempre meglio, proprio dal punto di vista della partecipazione, come u·n regime di partiti, anzi co,me il regime dei partiti. E questi a loro volta sono v-enuti assumendo sempre più e sempre meglio la fisionomia di istituzioni per1nanenti e indispensabili, di articolazioni necessarie di uno Stato che voglia e sappia essere democratico; e tale loro funzione è s.tata riconosciuta e consacrata dalla coscienza e dal costume politico, vere e proprie istituzioni etico-politiche, che, nel 44 Bibii_otecagi-nobianco •

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