Nord e Sud - anno XVII - n. 131 - novembre 1970

Le regioni periferiche europee di evitare un esodo delle popolazioni dai territori in cui esse vorrebbero continuare a vivere in modo soddisfacente), ma anche per evidenti ragioni economiche. Infatti, il protrarsi delle attuali tendenze spontanee provocherebbe: gravi diseconomie, sociali ed individuali, nelle aree caratterizzate da una eccessiva concentrazione delle attività produttive e residenziali; una inutilizzazione delle risorse economiche esistenti nelle aree periferiche, che si aggiungerebbe al decadimento ·di valori storici e ambientali; provvedimenti di sostenimento economico e di assistenza sociale, nei riguardi delle aree periferiche, che graverebbero in definitiva sulle collettività nazionali e sull'intera collettività europea; una perdita assoluta di fattori produttivi dell'economia europea, nella misura in cui le correnti migratorie si dirigano anche verso paesi esterni. Più iu generale, per l'Europa si pone oggi l'esigenza di una struttura della produzione e del mercato differenziata ed allargata, per mezzo dello sviluppo e dell'integrazione economica delle aree periferiche. Questa evoluzione fornirebbe nuove molteplici occasioni di investimento ai capitali ed alle energie imprenditoriali accumulati nelle aree maggiormente sviluppate, e corrisponderebbe armonicamente ad un ampliamento degli scambi economici esterni, in modo da risolvere squilibri strutturali dell'intero sistema, pericolosi in una prospettiva temporale sia di medio che di lungo periodo. Né va trascurato che l'ampliamento degli scambi economici europei con l'esterno potrebbe verificarsi anche in direzioni non tradizionali (ad esempio, nei riguardi dei paesi orientali e dei paesi in via di sviluppo economico del bacino mediterraneo), rispetto alle quali le attuali aree periferiche verrebbero ad assolvere una funzione strategica di connessione. Infine, si deve sottolineare che una siffatta politica europea fornirebbe anche un contributo determinante per la risoluzione dei problemi delle aree ad alta concentrazione produttiva ed urbana, i quali appunto non sembra possibile siano risolti con interventi di mera « razionalizzazione » della dinamica interna alle aree medesime. Criterio generale di questa politica dovrebbe essere una dislocazione degli investimenti infrastrutturali, produttivi e residenziali più conforme alla distribuzione territoriale dell'offerta di lavoro e della popolazione, cioè un movimento dei capitali e delle imprese verso le risorse umane, atto ad attenuare progressivamente le grandi migrazioni nazionali ed internazionali (e le forti tensioni del mercato e del costo del lavoro, ormai palesi nelle aree centrali). Sotto questo riguardo, appare evidente la particolare importanza che, tra le aree periferiche, rivestono quelle in cui il sottosviluppo eco~ 103 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==