Giulio Picciotti stato tra i più fervidi sostenitori. Ora l'ipotesi di Labor, nell'uscire dalle ACLI per dar vita all'ACPO·L, era stata completa1nente diversa e rispon.deva a questo paradigma: la contestazione stt1dentesca del '68 e l'autunno caldo del '69 avrebbero dimostrato l'esistenza di una « richiesta politica » che non passava per i partiti né per le dirigenze sindacali, aveva una connotazione classista, era rivolta non già ad una modificazione del « sistema», ma al rovesciamento del « sistema ». La conclusione politica che Labor ne traeva era questa: si era venuto a creare 11no spazio politico 11uovo, ed anche uno spazio elettorale, che una proposta classista al di fuori dei partiti tradizionali avrebbe potuto occupare. La nuova forz.a politica si sarebbe posta come naturale interlocutore il partito comunista, considerato il « gestore >> di t1n classismo tradizionale e senza più mordente sulle masse. Senonché le elezioni del 7 giugno hanno dimostrato quanto infondate fossero le ipotesi di Labor. Subito dopo, l'ACPO·L, come associazione nella .quale figurava110 accanto a uomini delle ACLI 11omini della sinistra socialista, si scioglieva. Era la seconda sconfitta di Labor sul pia110 delle ipotesi politiche. La prima l'aveva avuta st1bito dopo il Congresso dell~ ACLI di Tori110 del '69. Egli uscì da quel Congresso sicuro che pochi giorni più tardi sarebbe avvenuta la scissione dei lombardiani d.al partito socialista unitario. La scissione avvenne invece a destra, con l'uscita dei socialdemocratici. Tutta la situazione risultava cambiata: ai lon1bardiani venivano a mancare le ragioni di una clamorosa scissione, e, di conseguenza, le sinistre dc venivano ad essere private di ogni plausibile motivazione di scissio11e. A Labor veniva110 così a mancare due elementi essenziali del suo disegno strategico. Egli tuttavia portò avanti l'ACPOl"', sperando in una verifica che sarebbe venuta poi puntualme11te a lui sfavorevole, come abbiamo visto, co11le elezioni del 7 giugno di quest'anno. Totalmente scoperto e ormai « in campo aperto », come ama dire egli stesso, Labor nell'agosto di quest'a11110 non a\reva dietro di sé che i « fedelissimi » delle ACLI; gli rimanevano cioè quei. cattolici che lo a\1evano seguito nella parabola che, partita dal collateralismo della D·C con il Congresso di Torino era giunta formalmente al « disimpegno », ma sostanzialmente all'antagonismo nei confronti della Democrazia Cristiana: antagonismo con tutta la D1 C, anche con le sue correnti di sinistra, le quali perseguono oggi un disegno strategico diverso. La « Base » è con Forlani, nel tentativo di spostare l'asse della DC a sinistra, di giungere a equilibri 40 Bibliotecaginobianco
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