Antonio Palermo dagli Orsenigo 110n c'è che da scegliere: c'è « Maurizio Della Morte, capitano 1 di cavalleria nel Regio Esercito », « Bel giovane e di madre, meno terribile del suo cogno~ me, eppure accattabrighe e sciabolatore»; c'è « donn'Almerin·da RugliaS-cielzo » con cui intesse un adulterio alla moda; c'è « la Radegonda Salmoiraghi, nata Orsenigo», che si assume, a fin di bene, il compito di t•roncarlo e provoca reazioni di questo tipo, dove protagonista non sono più nemmeno le parole, in una loro macroscopica, b·arocca, aulicoplebea priesenza, ma addirittura nella loro maliziosa, sottolineatissima latitanza: « Doveva venir da Milano, a correggere i costumi delle Napoletan·e, pinzocheraccia, doveva! Con quella smania focosa... - Io scrivo focosa; ma Maurizio non adoperò questo epiteto, anzi un improbo part1cipio, che comincia esso pure, per effe, o, fo ... E questo porco sigaraccio, che non vuol fumare, manco esso! Vatti a far benedire, tu e lei! - / Ohé! veggano, io scrivo benedire, per antifrasi, ma Maurizio adoperò tutt'altro U11 verbo! L'infinito del participio cl1e non m'è bastato, testé, l'animo di scrivere! ». A permettere il completamento della co1 niugazione c'è subito un'altra contrarietà: « Nuova cagione, questa d'indispetti•rsi, e di proseguire il soliloquio, ancl1e più rabbio 1 samente di prima, esordendo col solito participio (stavolta, al su1 . ) · ' . . I ' 18 per at1vo . --- ...1ss1mo paese.... » • M·a qt1esta violenza verbale 110n dura poi molto, dal momento che la vista df due « crestaine o sartine o modelle o altro che fo,ssero » basta a placarla. E qui di nuovo una latitanza, di fatti questa voilta, e per lasciare il campo addirittura a un segno d'interp,unzione. Quanta della forza esp,ressiva di questa pagina po,ggia sulla ragnatela di virgole che la ricopre?: « Ciò, che accadde, non saprei narrarlo, p·er lo 1ninuto: ché non m'invitarono, a salire con lo1 ro, nella casa, in cui entrarono, un p,ajo di strade più in là. / 'Chi? chi entrarono insieme?' - / Chi? Maurizio ed una delle belle tose. / - 'Oh, che orrore! Come, lui, che ci vorrebbe far credere tanto preoccupato, sempre, dell'Almerinda? ' - I Ebbene, cosa fa? / Ap1 punto, perché, amava e soffriva, merita, forse, indulgenza n1aggio,re, se cercava distrarsi: circostanza attenuante! [ ...] - 'E ce le viene a raccontare queste sue belle gesta? E lo loda?' - / Io? Dio me ne liberi! Io sono istorico: narro, non giudico; lascio, questa cura a Lei Signorìa. / 'E come si chiamava colei?' / Anche questo ho1 a dirle? Si chiamava l'Ermelinda Trabattoni. / ' Ed abitava, propriamente dove? - / Beh! che mestiere crede, V.S., che io faccia? ' » 19 Si intravedono, alla fine del passo, gli effetti che Imbriani riesce a cavare dai canonici obbligl1i narrabizz.i cit .., è stata ripubblicata dal Doria, op. cit, e da Alda e Elena Croce nella loro recente selezione, Narratori meridionali dell'Ottocento, Torino 1970. 18 Alla prima edizione di Dio ne scampi dagli Orsenigo, che apparve col titolo I ddio ne scampi dagli Orsenigo, segui quella del Sommaruga (Roma 1883) dalla quale citiamo: cfr. pp. 76-77. · 19 Ivi, pp. 80-81. 126 Bibliotecaginobiànco
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