Nord e Sud - anno XVII - n. 130 - ottobre 1970

Antonio Palern10 re in funzione questa catego 1 ria psicologica d·el cruccio o dispetto o rab1bia o come altrimenti si p·referisca chiamarla, occorre 01ggi verificare dove ess.a ha avuto una p,resa reale, ,dove ha fatto davvero attrito, dove cioè lo scrittore è 11scito1 da una disinteressante esercitazione privata p1 er fare, questa volta sì, proficua polemica p1olitica. Bisogna in1som,ma scorgere dove questo Gadda-Farin,ata ha ab1 ban·do,nato i b•ui rancori di classe malamente schermati dal suo ri,ssoso moralismo storico e dove le sue stroncature-d•emolizioni (tante!) hanno perso il segno di una p1 roterva vocazione infan ti,le o, il che all'incirca fa lo stesso, di 11na tenzone più o m.eno cavalleresca. Ci pare di poter escludere che questo• sia accaduto nei suo,i interventi critici più clam.orosi, quelli poi raccolt1i nelle celebri Fame usurpate, del 1877. Fra gli altri, vi è un'impieto,sa lettura del1' Aleardi che richia,ma - ma con quanti anni di ritardo! - quella del Prati fatta dal giovane Tenca: e l'interesse insidiato dalla cro,nologia decresce ulteriormente quando si tenga presente l'atteggiamento ben differente tenuto daill'Imbriani proprio nei confronti del Prati al quale era piaciuta la sua od·e A Venere Capitolina 14• Epi 1 sodi di questo genere forse non a caso si ricollegano alìa sua produzio 1 ne in versi, della quale quando si è detto che la lettura dell' « intenzion,e quasi paro,distica » è quasi sem1 pre ardua o almeno fortemente contrastata dalla p1 resenza di intenti ad essa non riducibili e che il rep,erimento di lontani o vicini archetipi heiniani non avviene certo sotto la spinta delle dissonanti sonorità in cui pare che si trasmutino, si è detto parecchio,; salvo forse ad aggiungere che i più vistosi dei suo1 i versi se ne stanno, loro 1nalgrado, in una sorta di esemplare risvolto patriottico-patetico--reazionario, oltreché di un certo Cardttcci minore e minimo, di Rapisardi e Lorenzo Stecchetti, e che pertanto non sembrano affatto strumenti di un'operazio11~ ,e:,.,7èrsivacome quella, per es., che in quegli anni stavano tenta11do gli Scapigliati. La felice congiuntura si verifica invece con la prosa narrativa. E qu·esto, genio e sregolatezza a parte, per una alfine p·untuale e verilingua, e della lingua popolare e fiorentina. L'lmbriani introdusse nella sua hngua gli elementi meno popolari e meno fiorentini: latinismi, parole di uso raro o coniate da lui per derivazioni etimologiche, napoletanismi, contorsioni sintattiche; e le infiorò di « ned » e « et », e di altri simili modi, che in forza di suoi particolari ragiona1nenti, stimava necessari o per correttezza grammaticale o per blandire l'orecchio, evitando gli iati. Non parliamo dei segni di punteggiatura che, specie negli ultimi scritti, accompagnavano ogni parola e ogni particella. Anche la forma poetica tendeva allora [ ...] a diventare scorrevole e andante [ ...] Ma l'Imbriani (parecchi anni prima del Carducci) compose odi «barbare» [ ...] Come i suoi versi, la sua prosa, che sembrava, a volte, una lingua grottesca, un latino maccheronico. E infatti egli leggeva con delizia e citava volentieri ed esaltava gli scrittori più bizzarri della lingua italjana, i quattrocentisti latineggianti. .. » (lvi, pp. 186-187). 14 Cfr. V. IMBRIANI, Critica d'arte e prose narrative, a cura di G. Daria, cit., p. 195, Il. 1. 124 Bibiiotecaginobia·nco

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