Nord e Sud - anno XVII - n. 130 - ottobre 1970

Recensioni Nelle ultime pagine vediamo il vecchio architetto abbandonare la riunione immerso nei suoi pensieri e vagare a tarda notte per le strade di Vicenza deserte, cominciando ad abbozzare l'opera nella sua fantasia. Quel proscenio pieno di statue che gli era stato imp·osto dagli accademici « gli sembrava il preparativo per una recita che non sarebbe finita mai. Il teatro cominciava con questi attori di pietra e di stucco, elevati a personaggi di t1na commedia da inventare in architettura». Così, secondo una felice intuizione di Neri Pozza, l'artista conciliava la verità ufficiale co,n una sua personale verità, e intanto vedeva calare sull'immaginata commedia l'ombra sinistra della morte: nella scena che chiude il libro assistiamo infatti al passaggio di un fantomatico corteo funebre, che dà al Palladio il brivido della fine imminente. A chiusura del volume si avverte appieno, come in una vibrazio,ne di suoni e di luci, l'unità dei racconti, scaturita dal comune paesaggio e dal singolare impasto linguistico usato dallo sorittore, che l1a prestato ai suoi personaggi la grazia incomparabile di una parlata veneta liberamente rielaborata, per arricchire di tutte le possibili sft1mature la varietà dell'invenzione. La Venezia del '500 ci appare non molto dissimile da quella d'oggi, ora vista in p•reda al disfacimento, con i suoi cieli lattiginosi, le sue acque stagnanti, il suo desolato squallore che dà « un senso di cripta abbandonata », ora gaia e rumorosa ( « Oh Venezia, certi lumi verdi nel ciel de matina bo,nora, che piovono nelle calli deserte come venissero di lontano, e quando sbuchi soprapensiero in campo sant'Antonio è giorno fatto! Sulle altane, tra le piante dei gerani, si asciuga la biancheria distesa e si sente una voce cantare. Corrono per le fondamenta quei n1alignazi dei tosati, zifolando come calandre, al mercà de Rialto»). - E accanto al p1aesaggio gli interni, cl1e ,ci dànno un quadro d'ambiente mosso e ben riifinito (si vedano il salotto della sarta siora Paola e il convito in casa delil'Aretino) e ancora un'efficace imma~ine della città artistica, con le sue b·otteghe ed officine, con la folla di quanti, borghesi o mecenati, gravitano intorno al mondo dei maestri d'arte: la siora Paola, devota amica e confidente amorosa del Carpaccio, l'ambasciato,re d'Isabella d'Este, a caccia di tele preziose per la sua signora, i mercanti avidi, le modelle Zuliana e Comina dalla bellezza ambigua e misteriosa. Ma, pur vivendo in mezzo a questa moltitudine, i pittori restano come isolati, ·a coltivare nella solitudine e nel silenzio la loro vocazione, quasi mai attirati dal sue-- cesso e dalla fama: esemplare da questo punto di vista il vecchio e quasi cieco Jacopo da Ponte_. che dà una lezione di umri1tà al più am.brizioso Veronese. Della funzione particolare attribuita al dialetto veneto nei racconti, l'autore ci rende avvertiti in una nota posta alla fine del libro, lamentando la ·morte del vernacolo come epilogo di ·un processo di massificazione che ha sottratto al nostro paese il prezioso patrimonio lingui~tico dialettale: « Nell'idea dell'autore - egli afferma - i dialetti hanno un significato che scavalca il gusto e la fantasia dì usarli; nel senso che vuole riaffermare, per bocca dei protagonisti, le indistruttibili esigenze della protesta e della 117 B ~ biiotecaginobianco

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