Marisa Càssola escono dalle grotte e chiamano gli uomini, li istigano ... Non c'è notte, non c'è nulla da nascondere; uno vive fra le piante con gli occl1i aperti, cammina sull'erba .. Essere vivi è questo ... ». Anche il Cima, protagonista del secondo episodio, veniva dalla campagna come il Giorgione e amava « ,le vedute coi p,astori e i mulini, i cavalieri che escono dai castelli per le campagne e le macchie folte dei boschi sui colli >>. L'autore lo segue nell'itinerario ch'egli co,mpie lungo la valle del Piave, p,er ritrovare a Conegliano i figliuoli, partiti da Venezia per sfuggire alla peste. Il viaggio idillico per la campagna veneta, fra colline fitte di boscaglie e larghi prati deserti, non è solo un rito•rno al paese natio dopo lunga assenza, ma anche una riscoperta della natura e dell'infanzia, che rappresentano entrambe per il Cima la sorgente più remota della sua vena pittorica, e assurgono· quasi ·a simb'olo della libertà fantastica che è elemento essenziale della sua arte. Dopo un racco 1 nto ispirato ad una vendetta amorosa del Carpaccio, si affaccia nel libro la tematica religiosa: Lorenzo Lotto è presentato in uno stato di oscuro sgomento, mentre medita sulla storia di Lazzaro, che deve raffigurare st1 una pala d'altare. La vicenda dell'uomo sceso nell'oltretomba per poi ritornare alla vita gli sembra un mistero occulto, indecifrabile. Neppure il pen·siero dell'amico mortalmente malato che gli ha commissionato il lavoro, e che da quel dipinto· attende un alito di speranza, lo sottrae al timore di compiere t1n'atroce profan.azione. Si tratta di un caso di coscienza sofferto in purezza di cuore; ma ecco negli ulti1ni racconti la situazione rovesciarsi gradualmente: la fede, da esperienza intima si tra1nuta in esteriore obbedienza ai precetti della Controriforma, che condiziona le scelte degli artisti e quelle dei committenti. Il Tintoretto è convocato dal « santo» Tribunale perché la modella del « Ratto d'Arsinoe » è stata denunziata come luterana, e, se tenta di scagionarla,. lo fa con una certa tiepidezza, badando soprattutto a non essere coinvolto nell'accusa. Il Veronese, venuto in sospetto di eresia, subisce un lungo interrogatorio e viene condannato dall'Inquisitore a modificare le parti della sua tela che il giudice ritiene dissacratorie; solo un compromesso p·otrà salvarlo, quello di cambiare il titolo della « Cena del Signore » con « Cena in casa di Levi», plaicando con questa trovata l'indignazione ·del Sant'Uffizio. Nell'ultimo racconto il processo d'involuzione è ormai compiuto: siamo a Vicenza, ad una riu·nione dell'Accademia olimpica, nel corso della qual~ viene affidato ad Andrea Palladio il compito di costruire il suo favoloso teatro: che sia grande, sontuoso e abbia un proscenio con molti tabernacoli, contenenti le statue dei fondatori dell'associazione. L'epilo,go del Rinascimento, che vede l'arte ormai codificata nel chiuso delle Accademie, è illustrata efficacemente nel linguaggio adorno e pomposo dei magnati vicentini, nelle loro chiacchiere insulse piene di bigotteria, nei loro scrupoli morali, ch•e li portano a vagheggiare una tradizione teatrale in tutto diversa da quella di Venezia, che aveva dato scandalo « per le· offese alla santa religione, al rispetto umano e alla virtù ». 116 Bibliotecaginobianco
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