Nord e Sud - anno XVII - n. 130 - ottobre 1970

.. Recensioni e di « senso» Kant ado·pera l'aggettivo fortuito, come contrapposto a necessario. Ciò dipenderebbe dalla ambiguità del suo linguaggio. Necessario, per il filosofo di Konigsberg, è solo ciò che può inquadrarsi in una successio.ne spazio-temporale, secondo le leggi universali del mondo fenomenico. « Egli non osa ancora parlare un linguaggio che possa chiarire che fatto e ' senso' sono indissolubilmente legati: eh~ ogni fatto è 'senso', che ogni senso è» {pag. 105). Sotto questo aspetto, la rivoluzione copernicana è « ancora agli . . . lnIZI ». Il terzo capitolo, « Histoire et politique », si occupa infine delle opere kantiane degli anni ottanta e novanta, saldamente inserite, come s'è accennato, in un coerente processo di evoluzione. « La fede in un senso della storia, nel progresso mo1rale è dovere » (pag. 115) è il leit-111.otiv delle opere della tarda maturità, a mio avviso le più suggestive di tutta la produzione kantiana. « La sto:ria - scrive Weil - è la realizzazione del piano ctivino, o come Kant dice più spesso, dell'intenzione della natura, una storia in cui si realizza la libertà dell'uomo in quanto libertà presente in un essere sensibile: la natura ha fornito l'uomo di doni, essa vuole che qu ti doni siano pienamente dispiegati, essa conduce l'umanità ver. o la realizzazione di questo fine - e vuole, in pari tempo, che questo fine sia raggiunto n1ediante l'azione libera degli uomini, una volta che essa ha fatto uscire l'uomo dalla infanzia della sua specie» (pag. 116). La morale conduce alla filosofia della storia, la filoso.fia della storia all'antropologia filosofica. Weil fa delle osservazioni n1olto acute sulla ripre a in Kant della teoria del contratto sociale, sulla sua avversione alla democrazia, che confonde esecutivo e legislativo, sulla condanna della « rivolta». Affatto originale mi sembra il legame posto tra la filosofia poi itica kantiana e la tradizione inglese per quanto riguarda « la regola, sorprendente nella tradizione continentale, secondo cui il cittadino non deve occupar i delle 1 gittimità del governo di fatto» {pag. 126). Per Kant, spiega l'Autore, « nulla impcdi ce che un governo dispotico diriga lo stato secondo principi repubblicani, finché almeno il popolo non si sottometta alla pura idea dell'autorità della legge e non divenga capace di darsi da sé le leggi: dal filosofo la conoscenza della verita e del bene, del piano della natura e del senso de1l'e istcnza umana che risiede nella libertà razionale sale verso 1 troni per diffondersi nel popolo, grazie alla saggezza politica acquisita dal principe; essa si diffonderebbe egualmente mercé la forza delle cose, come rovesciando i troni dei principi che non volessero ascoltare » (pag. 136). Ma se gli scritti storico-politici di Kant sono importantissimi, occorre individuare esattamente ciò che li rende decisivi nello svolgimento del suo pensiero. Il loro significato e la loro importanza non derivano, per Weil, dal-. l'interesse di Kant per la storia e la politica e cioè per la ricchezza dei loro contenuti e la peculiarità delle loro leggi. A Kant non interessano la politica come tale - malgrado le prese di posizione spesso così decise: si veda la difesa, mai ritrattata, della rivoluzione francese e del suo significato illuministico - e neppure la storia e il progresso dei lumi, dinanzi a cui non riesce 113 Bibiiotecag inobianco

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