Nord e Sud - anno XVII - n. 130 - ottobre 1970

Recensioni sentativa, ma soggetti agenti in un mon.do che è e sarà sempre per essi un modo oscuro e dato alla sola passività sensibile e in cui essi non possono conoscere nulla che sia puramente interiore, neppure se stessi in quan,to tali» (pag. 53). All'interno di questo angolo vi1suale, Weil può, coerentemente, considerare la Critica della ragion pura, come « critica dell'intelletto ·e liberazione della ragione, di una ragione, che, avendo concesso all'intelletto tutto ciò che è di sua competenza, p·uò ora procedere con co,noscenza di causa e in buona coscienza intellettuale » (pag. 32). Questi concetti vengono ripresi nel secondo capitolo « sens et f ait », che è il più denso e il più fecondo del saggio. L'Autore elucida, in esso, il ruolo della Critica del giudizio nel divenire del pensiero kantiano. Nella Critica della ragion pratica, egli ricorida, Kant si pronuncia sul senso della vita umana e, quindi, sul senso del mon,do, ma la ragion pratica « è, per così dire cieca con tutti i suoi concetti, giacché nessuna esperienza sensibile ce li può mostrare operanti nella realtà (così come non può, d'altro canto, info,rmarli) » (pag. 65). Con la terza Critica nasce il problema di colmare la frattura tra il mondo dell'intelletto (quello della sci,enza fisic~1naten1atica) e il mondo· della libertà morale (quella repubblica di spiriti liberi di cui l'uomo -deve considerarsi membro di diritto). Senza questo passo ulteriore, « la libertà resterà trascendente, la natura rimarrà meccanismo» (pag. 66). Si tratta, pertanto, di scorgere una « finalità » nella stessa natura, come garanzia dell'adeguazione di fatto a scopo e fiducia nel « senso» del mondo, che non può ridursi alla forza operosa che, nei Sepolcri, « affatica le cose » traendole di 1noto in moto, immensa macchina cosmica -- stando, all'architettura della ragion pura - di cui troviamo sempre nuove leggi, ma di cui pure ignoriamo il senso. « Non è in cau·sa la costituzione di un corpo nella sua corporeità, secondo leggi valid~ per tutta la natura, ma un principio di comprensione di nature p·articolari, parti della natura universale e sottomesse alle sue leggi, ma inconcepibili con l'aiuto di queste sole leggi. Si può descrivere, come fisico, come chimico, tutto ciò che contiene il vive11te; non si può spiegare perché esso è vivente, a meno d'introdurre il linguaggio dei fini, linguaggio ignoto alla scienza puramente causalistica » (pag. 76). La teologia morale ha la funzione di fondare una teologia naturale che ci possa rendere comprensibili il mondo nella sua totalità e l'esistenza del-- l'uomo in quanto essere ad un tempo razionale e naturale. Ne deriva una filosofia della storia e della natura, che è « una straordinaria fusione di meccanismo e di finalismo, dove la stessa forma sferica, e quindi limitata, della Terra, deve servire a stabilire relazioni umane tra gli uomini » (pag. 84). Nella Critica del Giudizio, il problema della felicità passa in secondo piano. Ciò che è ora in questione è « la possibilità di orientarsi nel mondo; ogni volontà concreta presuppone un mondo sensato, in quanto essa è, per essenza, volontà di azion·e sensata» (pag. 88). In altri termini, « la libertà è :libertà in un mondo che si presta alla sua azione, all'azione dell'uomo che si scopre libero poiché una natura 'sensata' gli permette questa scoperta e ve 10· spinge» (pag. 90). 111 Bibiiotecaginobianco

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