Dino Cofrancescu zioni, avevano ·entrambi parlato di una contraddizione interna alla filoso-fia criticistica. Essi non considerarono che il ,di1scorso iniziato con la Critica della ragion pura non si arresta alle prime parti dell_'opera, cioè all'analisi dell'intelletto, ma prosegue, senza soluzioni di èontin,uità, con l'esame della ragione e delle idee e si approfondisce e si arricchisce successivamente nella Critica della ragion pratica, nella Critica del giudizio e nei saggi etico-politici della tarda maturità. Non ci troviamo dinanzi a nuovi interessi speculativi sopraggiunti, ma all'articolazione coerente di un discorso unitario. Ma p,er giungere a questo risultato interp,retativo, occorre comprendere che « il fondamento ultimo della filosofia kantiana deve essere ricercato nella sua teoria dell'uomo, nell'antropologia filosofica, non in una ' teoria della conoscenza', né in una metafisica, che pure sono parti del sistema» (pag. 33). « La filosofia è opera un1ana, opera dell'essere finito e razionale, che agisce e sceglie, dal momento che è, ad un tempo, bisognoso e libero, bruto e padrone di sé» (ivi). ~'uomo kantiano, posto dinanzi alla fenomenicità, la « misura» e l'organizza secondo leggi generali, caratteristiche della conoscenza scientifica, ma non in essa ripone il senso della sua esistenza, sib,bene in ciò che l'oltrepassa, nelle cose-in-sé. « L'eSisenziale non è la conoscenza, è l'azione o meglio la decisione in vista dell'azio,ne » (pag. 37). Cose-in-sé, per la fede razionale - fede. in quanto conoscenza immediata e diretta degli interessi più autentici dell'uomo co1ne essere pensante e agente .- sono soprattutto Dio e l'anima. « Senza Dio, il mondo sarebbe puro fatto, fenomeno contestabile, ma incomprensibile: è solo nel pen·siero di un reggitore del mondo, fondamento della relatà e garante del senso della vita umana, che la ragione finita discopre, se non la presenza, almeno la possibHità assicurata di un 'senso' » (pag. 50). Si tratta, quindi, di t1n Dio che 110n è quello dei teologi o delle religioni positive, ma è semmai il Dio di Rousseau. E tuttavia, qual è il senso di una divinità che si sa, ma non si conosce? E non v'è contraddizione tra essa e l'umanesimo in1sito nel rib·a.dito primato della ragion p,ratica? La cosa-in-sé, che è Dio, risp1 onde Weil, lungi dal costituire un concetto--limite della sp·eculazione kantiana e lun,gi dal metterne in crisi il conquistato senso, della libertà, ne è la premessa indispensabile. « Ogni conoscenza, infatti, ogni scienza oggettivante di Dio, andrebbe contro l'interesse dell'uomo per ciò che riguarda un punto decisivo 1, il p,unto decisivo: il possesso di una tale conoscénza trasformerebbe l'essere libero e responsabile, il soggetto di decisioni e di scelte, nello schiavo ubbidiente e ribelle di un Signore la cui onnipotenza, continuamente posta innanzi agli occhi dell'uomo, fareb,be di lui tutt'al più un tecnico della felicità; l'uomo non agi .. rebbe più per rispetto a quella legge che la ragione nella sua universalità si dà in lui e dà all'uomo, autonomo per virtù sua; egli agirebbe non per rispetto dell'umanità che è in lui, ma per timore » (pag. 44). Gli esseri liberi di Kant, scrive Weil, possono assimilarsi, in un certo senso, alle monadi di Leibniz, ma, a differenza di queste, essi « sono liberi in virtù di decisioni sempre aperte, essi non sono essenzialmente attività rappre110 Bibiiote·caginobianco
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