" Editoriale in. Europa. Certo, si rischia di avere prima o poi, in co11seguenza dell'isolazionismo america110, un rovesciamento dei ruoli fra le due grandi potenze: come ha scritto Girolamo Modesti, corrispo11dente da Washington de « La Nazione», molto dipende, « alla distanza, da quanto la Casa Bianca riuscirà (se riitscirà) a frenare la spinta verso l'isolamento che sorge dal paese». Ma molto dipende anche dai paesi europei, dall'Inghilterra e dalla Germania, dalla Francia e dall'Italia. 2) L'Uniotze Sovietica, profittando degli accordi di Yalta e di Potsdam, ha creato in Eu.ropa Orientale Utl suo sistema di niarche di frontiera; con la dottri11a di Brezh11ev sulla << sovranità limitata » ha bloccato le forze centrifugl1e che insidiavano dall'interno questo sistema; con il Trattato di Mosca ha ottenuto il riconoscin1ento dello status quo creato dagli accordi di Y alta e di Potsdam e consolidato con l'applicazione della dottrina sulla « sovranità limitata ». Le divisioni nazionali continuano intanto ad aggravare il declino dell'Europa Occidentale, cl1e rischia di esporsi nuda ai contraccolpi del disimpegno a,nericano e di offrire occasioni per una politica sovietica mirante a disintegrarla. Così, come ha scritto su « L'Exprèss » Jean Jacques Fau.st, « sotto la vernice delle belle parole, permane il sentimento che il vecchio edificio della sicurezza americano, già pieno di fessure, mirzacci di rovi11are addirittura, una volta che la Germania, all'est, è diventata libera nei sitoi movimenti ». È questione di intendersi, però, su qitesta libertà di movimenti acquisita dalla Germania federale, come è questione di intend'ersi sul positivo e sul negativo che potrebbe derivarne per l'Eitropa Occidentale. Molto a questo proposito dipende dalla Francia, la quale, più di ogni altro paese europeo, dovrebbe avvertire la preocci,pazione che, se ad ovest perdurasse il vuoto politico, se cioè non si organizzasse l'Europa sul pian.o di una comitne politica estera e di difesa, per non parlare di itna comune politica econon1ica e monetaria, le 1nigliori intenzioni di Brandt ( « la Ger1na11iafederale non sarà un vagabondo fra due mondi, perché resta ancorata all'ovest ») sarebbero frustrate; e la Germania prima o poi potrebbe dare della Ostpolitik una interpretazione strettamente nazionale, forse addirittura nazionalistica. Certo, la Ostpolitik può essere un fatto positivo, specialmente ai fini della distensione. Ma se non dovesse trovare corrispondenza in un patto europeo organico e solido, in ·una ripresa del processo di unificazione dell'Europa, ne deriverebbe quanto meno il pericolo di tln.a degenerazione in senso nazion&listico della Ostpolitik. La Germania, del resto, è già tentata di creare un rafforzamento del suo ruolo politico come centro di iniziativa autonorrza; e la Francia, quindi, non dovrebb·e più eludere il problema del vuoto ad ovest, un vuoto che è detern1inato proprio dall'indecisione del 7 ibli•otecaginobianco -
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