Nord e Sud - anno XVII - n. 128-129 - ago.-set. 1970

Saraceno e la politica econoniica 11.eldopoguerra aveva un posto che oserei dire non ha più avuto nel nostro paese dopo di allora; la SVIMEZ no11 sarebbe certo nata già nel 1946 ad iniziativa di un gruppo capitanato dal milanese Morandi, se un simile interesse non fosse stato allora tanto rilevante e tanto diffuso. Quanto al Mezzogiorno, vorrei ora dire che il quadro che Rossi Doria ha testé delineato del dibattito svoltosi, nel corso dei decenni, intorno al problema meridionale, mi sembra ci autorizzi a ritenere che il pensiero meridionalista è stato e sia tuttora il settore più moderno del pensiero politico-economico italiano. Partiti dall'idea che il problema del Mezzogiorno coinvolge tutto il nostro sistema economico e che vi sono dei tipi di sviluppo che danno soluzione a quel problema e che ve ne sono altri che quella soluzio11e non danno, i meridionalisti sono stati indotti da tempo a concentrare le loro ricerche sul tema generale dello sviluppo, cioè su un tema che solo negli ultimi tempi è andato assumendo in tutto il mondo un peso preponderante, sia nella ricerca economica sia nell'azione politica: presumibile andamento futuro delle forze di lavoro italiane, loro distribuzione territoriale, reddito prodotto nelle varie regioni e nei varj settori, formazione scolastica ed altri problemi cosiddetti strutturali sono stati da tempo portati dai meridionalisti all'attenzione del paese ai fini di una efficiente politica di reale unificazione economica e sociale dell'Italia. Ad esempio, non si può in questo mo1nento non rilevare che tra i problemi nazionali che i meridionalisti hanno per tempo percepito vi è quello della cosiddetta congestione dei centri settentrionali di più antica industrializzazione; si tratta di uno squilibrio che i sindaci di Milano e Torino tardivamente e in termini non certo illuminanti de11u11ciano oggi, ma che i meridionalisti avevano previsto, tra la generale disattenzione e suscitando qualche ironia, già negli anni '50. In sostanza, i meridionalisti non propongo110 il particolare problema dell'arretratezza economica della loro regione, ma quello della unificazione economica e sociale _di tutto il paese e quindi il problema della sua unità morale prima ancora che economica. Ed è proprio per non aver accettato questa impostazione nell'immediato dopoguerra e non avere cominciato allora a riflettere sistematicamente sui rapporti intercorrenti tra i fini che venivano affermati e le azioni che venivano intraprese, che la programmazione non è oggi, rispetto ai problemi di oggi, e malgrado il gran parlare che da alcuni anni se ne fa, più avanti di quanto .fosse nel 1948 rispetto ai problemi di allora. 72 Bibiiotecag inobia·nco

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