Nord e Sud - anno XVII - n. 128-129 - ago.-set. 1970

Saraceno e la politica economica nel dopoguerra <lenze verso un Governo interventista nel campo economico, ci si andava anche convincendo che il possibile ruolo d'un Governo democratico nel meccanismo di sviluppo non doveva essere trascurato, e che i temi dell'equilibrio economico e sociale erano ormai responsabilità dei Governi. Era un grosso salto, nella diagnosi e nella prognosi, e preludeva a nuove terapie. Si diffondeva la convinzione che lo sviluppo fosse in piccola o gran parte un fatto consapevole, e non un puro evento meteorologico da subire; e che alla politica economica d'un paese moderno non era più possibile una posizione rinunciataria. Il problema dei rapporti tra sviluppo e intelaiatura istituzionale assumeva luce e dimensioni nuove. Evidentemente sarebbe azzardato trarre fin d'oggi un giudizio storico su codesto salto di qualità e di indirizzi, e soprattutto sul situarlo nel quinquennio 1943-48. Ma frattanto mette conto che, ristampando discorsi di quegli anni - com'è consuetudine, anche talora eccessiva, dei politici - e soprattutto raccogliendo scritti vivi di commento cronicistico, o ristampando saggi come quelli di Saraceno, si completi la cronaca dei fatti e si illumini l'ambiente nel quale le vicende di quel lustro si svolsero, e le scelte successive • s1 prepararono. 3. Sul quadro nel quale, nel 1945, si trovarono ad operare i policy makers italiani nel campo dell'economia, mi limiterò ad aggiungere agli scritti di Saraceno qualche cenno estremamente sommario e soggettivo. Mi sono sempre stupito anzitutto del grande ottimismo di cui eravamo portatori, in mezzo a un bilancio di partenza così terrificante. Devo ricordarlo? Il paese si ritrovava con uno scheletro produttivo ancor cartilaginoso, in parte inservibile, in parte da riconvertire. L'industria priva di carbone e di materie prime. 1 Eravamo in condizione di pagare un quarto soltanto delle indispensabili importazioni; e solo un quinto delle spese dello Stato era assicurato da entrate effettive. La capacità reddituale del paese, con oltre due milioni di abitanti in più, era dimezzata rispetto al 1938: la dieta alimentare poteva contare in media sulle 1500 calorie giornaliere pro capite. Un sistema di trasporti scardinato, un patrimonio di case ridotto rispetto a quello già insufficiente del 1938. Ci vedevamo venir addosso la frana della disoccupazione e quella di un'inflazione monetaria scoraggiante. Il compito di un rapido ritorno alle condizioni prebeliiche dell'economia. sembrava impossibile da assolvere. 55 , ·Bibli6tec ·ginobianco -

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==