Dieci anni fa, Ta111broni guito nel partito) il quale è, sì, favorevole al Centrosinistra, purché abbia però il sostegno esterno del PLI. I richiami al PLI sono insistenti non solo nella DC ma anche, come si vede, e sia pure in diversa misura, nel PSDI e nel PRI. Si rafforza quindi, quasi logicamente, la convinzio,ne di Malago·di di essere un perno intorno al quale la situazione politica nazionale deve girare sempre più. Malagodi r1011ha dubbi. È convi11to che le tesi liberali trovino ampio credito nel paese, che esse abbiano un arco di consensi che trascende i gruppi parlamentari del PLI fino a raggiungere i socialdemocratici ed i repubblicani; che la imprescindibilità dei voti del PLI sia un dato di fatto e che si possa alzare il prezzo dell'appoggio governativo. Con questo sillogismo e questa visione schen1atica, Malagodi riesce a tirarsi dietro il partito e a rendere innocue le opposizio,ni dei « gruppt1scoli » che fanno capo a Martino e Cocco Ortu (rispettivamente la destra e la sinistra del PLI). Le dicl1iarazioni di Moro (il governo Seg11i è giustificato da u110 stato di necessità che la DC si i111pegna ad eliminare lavorando alla soluzione di Centrosinistra), irrita110 Malagodi che si sente un alleato di transito e strumentalizzato per l'apertura a sinistra 1 • In una lettera al segretario clc (10 gennaio 1960) eg1i ribadisce i motivi della sua irritazio11e. La DC, dice in sostanza Malagodi, cerca visibilmente un incontro con il PSI; esprime delle esigenze programmaticl1e chiaramente dirette a compiacere i socialisti; in tema di interventi statali nell'economia, batte una strada sgradita al PLI; non rinuncia alle Regioni e sembra voglia ottenere il varo della legge sul referendum abrogativo. È necessaria 11na chiarificazione. Gli sviluppi successivi son quasi meccanici. Il 21 febbraio Malagodi chiede al suo Consiglio Nazionale il ritiro dell'appoggio al governo Segni e lo ottiene quasi alla t1nanimità con un ordine del giorno Badini Confalonieri-Bozzi-Cortese. Si parla di « insopportabilità », da parte liberale, dell'attuale situazione. Il 24 febbraio Segni si dimette. Non se la sente di sopravvivere con i soli voti della DC. Ritorna in primo piano Tambroni. Al Consiglio dei ministri del 24 febbraio è t1110dei più aperti sostenitori della crisi. A1nbizioso e spregiudicato, pe11sa cl1e sia ven11to il suo momento di salire al vertice dell'Ese1 NoRMAN KOGAN (nel volume L'Italia del dopoguerra, storia politica dal 1945 al 1966. Ed. La terza) afferma a questo proposito: « Appena i liberali si resero conto di questo nuovo sviluppo della situazione politica, le loro critiche contro il governo aumentarono e nelle principali città dell'Italia settentrionale e centrale i grandi giornali che li sostenevano, come il « Corriere della Sera» di Milano e « La Nazione» di Firenze, divennero più aggressivi e violenti nei loro attacchi. Le grandi industrie tentarono in ogni modo, con il loro denaro e le loro pressioni economiche, di bloccare questi sviluppi ». 217 ·Bibliotecaginobianco
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