An.namaria Daniiani Le polemiche tra Belgrado e Zagabria si riaccesero così intorno alla localizzazione degli investimenti e all'opportunità ·dei cosiddetti « investimenti ideologici » miranti a in·dustrializzare le zone depresse sacrificando lo sviluppo delle zone già industrializzate. Frutto di: q11esta ten·sione fu il varo della riforma del 1950 che introdusse a livello politico ed economico il principio dell'autogestione, punto centrale della « nuova via al ·socialismo » di cui da quel momento 1 la Jugoslavia si fece portavoce. Alla riforma del 1950 seguì una politica liberalizzatrice del sistema economico, che ha portato avanti la decentralizzazione; politica culminata nella riforma del 1965, che ha finalmente introdotto nel sistema economico jugoslavo molti degli strumenti ·propri del mercato. Svalutato il dinaro, ancorato l'aumento dei salari all'accrescimento della pToduttività, estesa l'autogestione, autorizzate le imprese a commerciare con l'estero nell'ambito delle loro riserve valutarie, ha ricevuto• un forite impulso tutta quella fetta di iniziativa privata operante nel campo del commercio minuto, dei servizi e di un libero artigianato, che in certi casi si configura già -come piccola industria, cui si affianca un folto stuolo, di imp,renditori, di rappresentanti aziendali all'estero e di liberi professionisti. L'unico ostacolo per questa catego,ria era l'avversione comunista per la proprietà, ma gli ideologi della « nuova via al socialismo» hanno brillantemente superato anche questo problema, mettendo a punto una concezione di « proprietà in senso socialista » in un sistema economico fortemente decentralizzato che usa tutti, o quasi, gli strumenti tipici dell'eco,nomia di mercato. Ma p·roprio dopo questa riforma gli jugoslavi hanno· dovuto fare i conti con taluni problemi posti dalla « nuova via al socialismo ». Infatti, m·entre le loro originali elaborazioni gli procuravano un notevole spazio politico, specialmente all'estero, tra gli osservatori occidentali particolarmente attenti al nuovo esperimento ·e affascinati dalla politica titoista di « no·n allineamento » e di neutralità (con sporadiche eccezioni per qualche abbraccio a Nasser), nell'ambito stretta1nente economico le concezioni di economia sooialista decollettivizzata e obbeàiente a leggi del mercato hanno rivelato parecchie contraddizioni. Non è detto, infatti, che solo perché un sistema economico non è chiamato capitalistico. esso non si regga sull'accumulazione del capitale. Proprio questo è il punto in c~i cade il tradizionale asino. Difatti la riforma del 1965, col suo contenuto di liberalizzazione dei prezzi, di dinamica del profitto, di indipendenza aziendale e, infine, di selezione della concorrenza, era stata concep,ita dai teorici croati per favorire la grande industria concentrata intorno alle città di Zagabria e di Fiume. Ma l'economia di mercato ha delle leggi ferree, cui evidentemente l'industria jugoslava, ancora debole per le vicende che nel giro di neppure vent'anni l'hanno portata dal collettivismo all'autogestio,ne, fino a un certo tipo di liberismo economico, non era p,reparata. Fatto sta che nel 1967 si ebbe un.a paurosa recessi 1 one economioa, da cui, iro·nia della sorte, si salvò solo la ricca agricoltura serba delle pianure della Vojvodina. In q11ell'occasio-ne si riaccese il dibattito in sede politica tra 130 Bibliotecaginobiahco
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