La Costituente europea vra dell'URSS, indebolendo così la posizione tedesca. Gli occidentali potrebbero invece reagire in funzione difensiva, per esempio rafforzando la solidarietà franco-inglese (la « simpatia vigilata » di cui ha parlato « Le Mo,nde » ). Ciò non solo porrebbe i tedeschi in difficoltà, µia riesumerebbe il ricordo, di tutti i tentativi più volte storicamente falliti di controllare la Germania con gli strumenti della politica di potenza. Nei due casi, l'URSS, ma soprattutto gli USA, diventerebbero gli arbitri dela politica europea, e per ritrovare la propria sicurezza, i tedeschi da una parte, Francia e Gran Bretagna dall'altra, sarebbero tentati di rafforzare i loro rap-porti bilaterali con Washington. Nonostante tutte le iniziative degli europei, i problemi del continente diventerebbero così materia prima dei negoziati fra le superpotenze. Sia la Germania che gli altri euro·pei hanno quindi un doppio interesse che la « ostpolitik » abbia successo ma che la Germania, uscendo dal suo stato di inferiorità, non risollevi il problema dell'equilibrio delle potenze in Europa. L'unica soluzione per questo problema è un'unione politica sovrannazionale che, mettendo i tedeschi su un piano di parità, consenta a tutti di avere una voce negli affari co,muni. Gli alleati europei devono quin·di favorire al massimo lo sfo1 rzo1 tedesco, rilanciando contemporaneamente l'integrazione sovrannazionale e ponendo a Bonn una sola condi io-ne: che l'apertura versoi 'est sia considerata un problema co.mune e non comprometta in alcun modo il processo di integrazione a ovest. Il governo francese, che oscilla fra la « continuità » e il « cambiaipento », ap•pare restio a riprendere in ma110 la carta dell'integrazio·ne. Quello britan11ico è ancora incerto e timoroso di assumere iniziative. Entra·mbi paiono invece, anche se su posizioni differenti, indirizzati ad agire secondo una logica puramente nazionale per tentare di sfruttare i margini di manovra lasciati aperti dal gioco fra Bonn, Mosca e Wasl1ington. Nell'invitare i suoi partners a meditare seriamente sul significato dell'allargamento (o se si preferisce a giustificare il suo veto), il gio~ verno francese ha più volte sottolineato il fatto che la Comunità a dieci sarebbe una cosa radicalmente diversa dalla Comunità a sei. Ciò è vero e dovreb,be far riflettere coloro {numerosi soprattutto oltre Manica) che credono che l'allargamento possa essere effettuato sulla base di semplici co·mpensazioni e co·mpromessi su problemi particolari. Il fatto· è che la necessità di profondi cambiamenti è legata non tanto all'allargamento in sé ma soprattutto a spinte ed esigenze messe in mo,to dal' processo di integrazione a sei, e di cui la tendenza della Comunità ad aprirsi, e di altri Stati ad aderirvi, è un sintomo molto- significativo. - 111 ·Bibliotecaginobianco -
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