Nord e Sud - anno XVII - n. 127 - luglio 1970

Italo Talia che ha determinato « una crescente perdita di importanza del Know-how tradizionale posseduto originariamente dall'Italia nel settore », e possiamo aggiungere soprattutto ·dal Mezzogiorn~. Di qui una « decisiva (e non più ovviabile) perdita di significato e di conseguenze produttive ed economiche anche della ' qualità' e dell'esperienza imprenditoriale e della manodopera occorrenti un tempo per produrre paste alimentari ». In altre parole, co,n la nuova tecnologia. - come dice la ricerca condotta dall'IASM sull'analisi e prospettive del settore delle paste alimentari - il processo produttivo è divenuto oramai un processo totalmente industriale, meccanizzato ed automatizzato sino al punto, che prescinde completa1nente ,dalle tradizionali condizioni ambientali e dalle capacità specifiche della tradizionale manodopera specializzata nel settore. Di fronte a questa situazione appare inutile, se non addirittura contropro·ducente, o·gni tentativo di salvataggio, di recupero dell'industria di pastificazione meridionale partendo dalla sua attuale struttura. Si tratta di salvare, dove sono, l'esperienza commerciale e le capacità imprenditoriali, per costruire, a costi più bassi ed in tempi minori, la « nuo,va » industria pastaria. È chiaro• che una azione di tal genere non potrà avvenire in modo indolore, senza gravi tensioni sociali, in quanto la soppressione di vecchi ·stabilimenti co,mporta l'espulsione di manodopera qualificata e difficilmente riutilizzabile. Ma è l'unica strada che ci è data p·er sostituire al vecchio pastificio che muore· e sco•mpare il nuo·vo che è in grado di vivere, come quelli sorti in Umbria ed in Emilia. 3. IL « GAP » ALIMENTARE. Vi è dunque in Italia un ritardo nello svilup·po dell'industria alimentare, ritardo che può essere recuperato incentivando e pro,muo:vendo nel Mezzogiorno· quelle produzioni che la rivoluzione alimentare chiede al mercato ed all'industria di trasformazione dei prodotti agrico,li. Finora di questo ritardo ha approfittato soprattutto il capitale straniero; sotto 1 a spinta dei colossi d'oltralpe e d'oltreoceano cominciano peraltro a muoversi gruppi finanziari itaJiani. Questi ultimi hanno compreso sia pure in ritardo che nel nostro paese il settore alimentare - co·me ha affermato un dirigente dell'Unilever - è l'unico settore industriale ·di larghissimo consumo ancora libero dall'influenza di grossi gruppi; e che, a confronto con altri rami dell'industria, le tecnologie del setto,re alimentare sono a basso investimento unitario e non richiedono grossi investimenti né in impianti, né in ricerca. Vale la pena quindi per il capitale italiano di non rinunziare a successi che restano a portata di mano se solo si considerano le motivazioni che - seI 64 , Bibiiotecag inobianco

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