Nord e Sud - anno XVII - n. 127 - luglio 1970

struttura estremamente fr~zionata, l'in,dùstria nazionale è tuttora la seconda in ordine di impo-rtanza, ·dopo l'industria dolciaria, con un valore aggiunto che supera gli 80 miliardi di lire ed ~a oc~upazione complessiva che si aggira st1lle 70 mila unità. La prima, forse la più importante delle conseguenze cui si è fatto cenno, sembra riguardare un sempre più allentato rap·porto di dipendenza tra l'ubicazione degli impianti e i luo,ghi di produzione delle materie pri,me. In altri termini, sembra che 101 svilup·po delle tecnolo·gie di produzione, conservazio,ne e trasformazione dei ·prodotti agricoli, tenda a svuotare la tradizionale esigenza di ubicare gli impianti di trasformazione quasi a « bocca -di miniera ». Le rip•ercussioni sull'industria conserviera meridionale di una situazione di questo genere sono intuibili. D'altronde, già nel periodo tra il 1961 ed il 1968 (co,me risulta da una indagine condotta da Antonio Picarelli per conto del CESAN di Napoli sull'in,dustria delle conserve vegetali in Campania) la « mortalità aziendale » verificatasi in Campania e nel Mezzogiorno è stata di gran lunga superiore a quella verificatasi nel complesso dell'industria conserviera nazionale. Più in particolare, mentre in Carnpania, regione che è al primo posto in Italia nella produzione di co1 nserve vegetali, sono scomparse nel giro di sette anni ben. 41 imprese, pari al 18,7 per cento del totale, in Emilia, regione che è al secondo posto, si è avuto un incre- · mento nel numero delle imprese conserviere ( 12 in più), ed incrementi si sono verificati in altre 5 regioni del Centro-Norid: Piemonte, Lombardia, Trentino, Umbria e Lazio. La Campania ed il Mezzo1 giorno in generale, dunque, prevalgono ancora, ma prevalgono soltanto nel numero delle imprese produttrici di conserve vegetali alimentari dei tipi « classici» (specialmente pomodoro pelato), mentre « tra le p·rime 10 aziende italiane per la produzione di frutta conservata, succhi, confettura, frutta sciroppata, è presente nel Mezzogiorno solo l'azienda leader italiana », e la situazione è identica per quanto riguarda le prime 10 aziende italiane che producono· verdure conservate. È questo, quindi, il primo pericolo concreto che corre il Mezzo, giorno: la sua riduzione a semplice area di produzione di materie prime che vengono poi indirizzate e trasformate industrialmente in altre re-· gioni. Di qui un secon,do ·pericolo. Più che il neocapitalismo, potrebbe fare il suo ingresso nelle campagne meridion.ali, se questa tendenza non viene contrastata, una specie di neocolonialismo di rapina. Potremmo cioè trovarci di fronte ad una situazione i11 cui i grup·pi alimentari che operano fuori e lontano dal Mezzogiorno abbiano tutto l'interesse a rende ·più precari i rapporti tra la ··parte più progredita -dell'agricoltura meridionale e l'industria ,di trasformazione. Questo è un pericolo che 60 Bibiioteèaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==