Argomenti È, quindi, il capitale italiano che, almeno per ora, detiene il controllo ed indirizza lo svilup 1 po del comparto dolciario dell'industria alimentare italiana. ·Co1 n quali risultati? È forse troppo presto per una risposta definitiva, anche se è vero che non poche difficoltà ha incontrato il capitale delle ex aziende elettriche nella conduzione e nella gestione delle industrie dolciarie di cui a mano a mano ha assunto il controllo. A questo· riguarido· è difficile da condividere l'o1 pinione dei vecchi industriali alimentari - benché essa contenga una grossa parte di verità - riferita da Galeazzo Santini su « Successo » dell'ottobre del 1968, secondo la quale « le scelte, con la vistosa eccezione della Pavesi e di poche altre aziende, sarebbero state dettate dal desiderio di spendere poco. Il concetto• speculativo di rilevare imprese a poco prezzo, con la presunzione di essere in grado comunque di risanarle è stato il classico errore di chi è privo della necessaria esperienza settoriale ». In altre parole, gli ex elettrici, « abituati a tagliare i fili di chi non pagava le bollette, non si rendevano conto dell'importanza e della preferibilità di scegliere un leader di un dato ramo alimentare, invece di una azienda debilitata da curare con la semplice terapia degli investimenti finanziari. Questo atteggiamento avrebbe costituito la principale differenza tra il tipo, dj acquisizione svolta dai grandi gruppi italiani e quella dei grandi gruppi stranieri ». Abbiamo detto che questo giudizio contiene solo w1a parte di verità. Non vi è dubbio, infatti, che trattandosi di un processo, a vasto raggio si siano verificate disfunzioni, carenze ed errori, agli inizi di una fase in cui· una parte del capitale italiano, adeguandosi ai tempi, cerca di trasformare una grossa fetta dell'industria rimasta per trop·po tempo « nelle mani di t1na schiera (peraltro troppo numerosa) di pasticcieri, salumieri, conservieri, grossi fornai o vinaioli, insomma di artigiani che hanno una grossa occasione e probabilmente no,n sanno sfruttarla ». Ma non vi è nemmeno dubbio, però, che si tratta di una politica utile e necessaria in un settore dove la contemporanea presenza dell'agguerrito capitale straniero determina necessaria1nente una « vocazione alla concorrenza », pit1ttosto che il perdurare di una « vocazione al monopolio ». Il caso della SME Finanziaria, società in cui l'IRI controlla circa il 42 per cento del pacchetto azionario, può essere un esempio di questa evoluzione. Si tratta di un'azienda che dal monopolio della produzione dell'energia elettrica nel Mezzogiorno, ha tentato da principio· nelle regioni meridio11ali, e specialmente in Campania, timidi e,d incerti passi nell'industria conserviera e nel ramo della grande distribuzione. È vero che la SME ha poi preferito investire più al Nord che nel Mezzogiorno (i lettori di « Nord e Sud » ricorderanno l'articodo di Felice 55 'Bibliotecag.inobianco
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