Nord e Sud - anno XVII - n. 127 - luglio 1970

Italo Talìa si sta passando - alla fase del « venditore », fase in cui i mercati si allargano, si unificano e si rende necessaria una più adeguata rete distributiva ed una maggiore capillarità nelle ven~ite. :Oi qui la necessità di una profonda modificazio,ne dei p1 rocessi produttivi nell'agricoltura e nei p·rocessi distributivi nel ramo dei servizi. Mentre, infatti, in una società prevalentemente agricola l'industria alimentare può essere considerata come un'industria complementare all'agricoltura, in una società a capitalismo avanzato, in una società cioè in cui i prodotti alimentari vengono forniti al consumatore quasi tutti attraverso lavorazioni industriali, l'agricoltura diventa, al limite, una attività complementare all'industria alimentare. Il neocapitalismo e l'industria alimentare moderna penetrano nelle campagne sotto la spinta delle loro nuo,ve esigenze, ne sconvolgono• i tradizionali e precari equilibri, tendono ad instaurare nuove e più avanzate fo·rme •di produzione e quindi di vita civile. La « rivoluzione alimentare» parte dunque dalla città, aggredisce il mondo rurale e torna infine nella città. Qui il supermercato tende a sostituirsi al vecchio negozio di generi alimentari, frutto di una vita urbana accentrata e statica, e le nuove strutture della distribuzione commerciale seguono e precedono l'espansione urbana sul territorio,. Pertanto, le esige11ze •dell'industria alin1entare, anche per questa via, tendono a ridurre progressivamente -il distacco tra mondo contadino e mondo cittadino. Siamo ovviamente, è bene chiarirlo, soltanto al p·rimo gradino di questo processo che viene messo in moto dalla moderna industria alimentare. Basti pensare, per quanto riguarda il rapporto tra il valore aggiunto dell'industria di trasformazione e quello dell'agricoltura, che in Italia, nel 1968, il primo è pari ancora al 60 per cento ·di quello, del settore agricolo, mentre negli Stati Uniti, ad esempio, il valore aggiunto dell'industria alimentare supera da tempo, sia pure di poco, quello agricolo. Siamo ancora lontani, quindi, dal poter considerare, in Italia, l'agricoltura come una « attività connessa » dell'industria alimentare; mentre, d'altro canto, la diffusione di supermercati nel nostro paese è ancora modesta: sei per ogni milione di abitanti, al 1966, contro i quasi cento della Svezia e .della Danimarca. Seppure agli inizi, non vi è dubbio, però, che questa sia la via che l'industria alimentare italiana tende necessariamente a seguire. 2. ·VERSO LA NUOVA INDUSTRIA ALIMENTARE. Si è già accennato alla circostanza che la principale caratteristica strutturale dell'industria alimentare italiana è data tuttora del predoI 52 Biblioteèaginobianco

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