Dino Cofrancesco (anche se, forse, non soltanto in queste).· Se si tenesse conto di ciò, certe conversioni troppo repentine stupirebbero assai meno. Invece di misurare lo hiatus tra gli atti di fede di ieri e le azioni di oggi, verrebbero confrontati i ruoli sociali realmente svolti ieri con quelli di: o-ggi e lo scandalo sarebbe certo assai minore. Il discorso vale non solo per i partiti, ma anche per quei grossi centri di potere che vanno diventando le case editrici. Queste, infatti, col passar del tempo, hanno acquistato tale forza e prestigio da potersi annoverare tra i protagonisti più i1nportanti della lotta politica, ai livelli della società civile. Col Iivre de poche l'editore ha colmato ormai il divario che lo opponeva al giornalista. La capacità di raggiungere le edicole ha triplicato il suo potere di manipolatore e la rivista politica specializzata si è spesso ridotta ad un suo dépliant p•ub·blicitario. Il libro è divenuto 11no dei consumi più diffusi e per i « produttori» uno degli articoli pii1 redditizi. Ma attenti a non farsi troppe illusioni. La cultura, infatti, non sembra aver guadagnato molto in q11est'operazio11e. La verifica è presto fatta: basta chiedere a « La Nuova Italia » il successo, che incontrano 01 pere come gli studi di filosofia greca di Zeller-Mon-dolfo, i saggi di Cassirer o la stessa Ontologia di Hegel di quel Marcuse vendutissimo quan 1 do sorive di eros e di civiltà; per non parlare, poi, di Troeltsch, di Dewey, di Pohlenz. Invero, come scrive Tocqueville in quella parte de La democrazia in America cl1e a certuni è parsa la più fiacca, .« gli uomini dei secoli democratici amano le idee generali perché queste li dispensano ,dallo studiare i casi particolari; esse contengono, se così posso esprimermi, molte ·co,se di piccolo volume, e pro1ducono molto in poco, tempo. Allorcl1é quindi, do·po 11n rapido e distratto esame, credo,no· di scorgere tra certi oggetti 11n rapporto comune, non spingono oltre la loro ricerca e, senza esaminare particolareggiatamente come mai questi diversi oggetti assomiglino o differiscano, si affrettano a incasellarli tutti sotto la stessa etichetta » (La democrazia in America, a cura di N-icola Matteucci, ed. UTET, To,rino 1968; pag. 505). Le profezie dell'aristocratico normanno sono divenute ormai uno dei luoghi comuni della letteratura e della saggistica etico--politica, ma certo è che egli previde anche il successo del libro tascabile: « i libri di p-iccoio formato saranno più frequenti dei grossi volumi, lo! spirito pii.t frequente dell'erudizione, l'immaginazione della p,rofondità » (ivi, pag. 547). Nella strategia di molti colossi dell'editoria, questo potere crescente, così sollecitato verso gli istinti _del p·ub1 blico, sem.bra finalizzato ad un disegno politico, che negli editori più impegnati è abbastanza esplicito. E del resto la tentazione è assai grande. Il libro, infatti, assai più del giornale o del settimanale, riesce a penetrare in profondità e si presta agevolmente a suscitare emozioni e a sensibilizzare a valori che il lettore smaliziato e diffidente dei 'quotidiani non mutuerebbe mai da questi ttltim1 i. Ma come viene usato il potere_ editoriale? con quali intenti reali? con quali finalità? E sop,rattutto, come avviene il reclutamento- degli eletti alla « stanza dei bottoni»? Si tratta di un criterio selettivo democratico e com36 Bibiiotecaginobianco
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