GIORNALE A PIU' VOCI Gli editori e il potere Quando si parla di poteri e di 1nass-media, il pensiero corre spontaneo alla grande industria o a quei colossi aziendali (privati o pubblici) i cui servizi rendono possibile il nostro lavoro quotidiano. I partiti politici e i giornali sembrano piuttosto poteri delegati, intesi a difendere gli interessi dei primi e a formare un'opinione pubblica ad essi favo,revoli. Il riconoscimento dell'autonomia del partito e de]la stampa è assai controverso. E·sso sembra far da puntello ad una polemica sulla « partitocrazia » montata dai partiti di destra con scoperti intenti reazionari, se no,n terroristici; e pertanto incontra differenza anche in una certa intellighentsia democratica, che non avrebbe nulla da perdere da un'analisi obiettiva e pacata della società. Come già notava De Ruggiero nella Storia del liberalismo europeo, con la nascita dei n1ovimenti socialisti, tutta la società si è abituata a ragionare in termini di interessi di classe. Ogni politica, ogni proposta di legge, ogni istanza sindacale viene commisurata a questo metro: quali interessi promuove? quali altri contesta? Persino la cultura, che ci si era abituati a considerare al di fuori - o meglio al di sopra - della lotta politica, va sempre più assumendo un'intonazione scopertamente ideologica. Non importa, ormai, se una teoria sia « giusta» o « errata» in assoluto, ma solo quali comportamenti riesca a suscitare. E il fatto più paradossale, almeno in apparenza, è che quelle correnti di pensiero che più avevano contribuito a denunciare il pragmatisn10 t1nid1 imensionale della società borghese, diffondo110 consapevolmente t1n abito mentale e polemico non dissimile quando si tratta di tradurre la critica in prassi di rivolta. La net1tralità della scienza, che fu la grande battaglia di Max Weber, sembra sciogliersi come neve al sole e il primato della prassi - inteso sempre più al modo di Gentile come mistico potere dell'azione di sciogliere le incrostazioni della cattiva realtà - si risolve nel discredito della cultura come terreno di incontri e di dialogo. Eppure molto spesso i gruppi sorti a difendere determinate ragioni di classe avrebbero bisogno di commisurare la giustificazione ideologica col ruolo effettivo che giocano· nella società. Molti scoprirebbero, in tal modo, che, come gli ultramontanisti francesi lavoravano attivamente, con la loro stolta intransigenza, per la repubblica e per l'an·ticlericalismo, così essi finiscono per promuovere altri interessi - forse non meno rispettabili - certo ben diversi da quelli aperta1nente dichiarati. Il fatto è che ogni gruppo (politico, economico, sindacale, culturale), una volta costi·tuito, obbedisce ad una propria interna ragion di gruppo che non sem·pre coincide con l'ideologia presunta. N·on _si tratta di ragionamento moralistico, ché .non è in causa, in questa sede, la « cattiveria » dei sin,goli, ma una tendenza sociologica abb~stanza frequente nelle società avanzate 35 Bibliotecaginobianco
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