... Antonino Répaci nente consorte, la regina Margherita, chè non mancò di rendersi famosa per certi suoi esibizionismi provinciali e pacchiani, nei quali si mescolavano la superbia della piccola aristocratica, la vanità della bella donna e il dispetto della mo,glie di un re costretto alle esteriorità del giuoco costituzionale. Cresciuta nel clima del più stantio bigottismo reazionario, questa piccola donna, la cui insensibilità si appaiava a una goffa boria mecenatesca, ricambiava l'ingenuo affetto del suo popolo, affermando che per governarlo « ci voleva il bastone ». Indubbiamente la figura di Umberto I sarà destinata a rimanere nell'ombra fino a che venga considerata soltanto· dal punto di vista delle sue manifestazioni ufficiali. Ma allorquando si metta bene in chiaro - e su tale argome11to converrà ritornare fra poco - che l'opera dei regi governi fu 01 pera della Corte e de]la dinastia, balzerà evidente che tutta la politica italiana di fine secolo, fu politica schiettamente e unicamente sabauda, eppertanto - per necessità - reazionaria e antipopolare. Diverrà in tal mo•do intelligibile la Triplice Alleanza, determinata dal bisogno della dinastia sabauda di polarizzarsi verso le grandi forze della conservazione, col tenersi il più lontano possibile da quelle democratiche e repubblicane; si faranno chiari i motivi del disastroso imperialismo coloniale - cui vennero sacrificate le fondamentali esigenze del paese, dotato di fragile struttura economica e di arretrate istituzioni civili -; assumeranno infine il loro pieno significato di sistematica politica antipopolare le feroci repressioni di Sicilia, di Romagna e di Milano. 3. È fuor d'ogni dubbio che il regno di Umberto I costituisce un periodo triste e oscuro, il più triste e oscuro dell'Italia prefascista. Il culmine della crisi è contrassegnato dal contrasto fra il vecchio costituzionalismo statutario, interpretato e attuato nelle forme più restrittive confacentisi alla politica dinastica, di cui si era fatto autorevole corifeo Sidney Sonnino nel suo celebre saggio Torniamo allo Statuto 2 , con le nuove forze popolari che si andavano enucleando e concretando con l'acquisire la coscienza del pro-prio• essere e della propria funzione po, litica e sociale. In un paese, come era allora l'Italia, bisognevole di si-_ cure ·direttive e di visioni politiche a lungo respiro, capaci di cementare la caotica compagine nazionale e sociale, i regi governi erano intenti unicamente ad assicurare, all'interno e all'estero, le posizioni della monar<?hia. Il fiscalismo spietato, le pazze spese improduttive in lavori pubblici inutili e in armamenti, la corruzione p•arlamentare, gli scandali bancari, i disastri militari nelle Colo·nie, le repressioni poliziesche, le 2 In « Nuova Antologia», 1897, I, p. 9 segg. 108 Bibliotecaginobianco
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