Nord e Sud - anno XVII - n. 127 - luglio 1970

Ermanno Corsi questi avevano ritratto la città superficialmente, senza pe11etrar11e la profonda spiritualità e lasciandosi fuorviare dal folclore letterario-sociologico, lui poteva incorrere nell'esaltazione retorica, nel conformismo sentimentale, e dare per vivo o vitale ciò che invece nella città è spento e degradato,. Ma Arturo Fratta conserva una forte ca,pacità di autocontrollo e di equilibrio. Il suo « occhio-verità » resta sufficientemente distaccato per poter offrire un quadro attendibile ed articolato, anche se non freddamente documentaristico. In questo suo « occhio-verità » non si insinua mai il veleno di un'artefatta drammaticità, né quello di un inop1 portuno, viscerale, trionfalismo. La dimen·sione della città che emerge più immediata e che è anche più coerente con la trama delle intenzioni dell'autore, è quella psicologica. N apoli sempre si qualifica soprattutto come saggio sulla psicologia dei napoletani oscillanti tra una follia donchisciottesca e il fatalismo « non figlio della pigrizia, dice Fratta, ma coscienza del reale corso della vita che dà e toglie ». Questa chiave l'autore offre per capire il carattere dei napoletani, ten,denzialmente anarchici e individualisti. Non manca nel volume, nella misura in cui esso si presenta come un autoritratto, l'amarezza di chi deve constatare che « la città non è omogenea », e che il napoletano « è disuguale nelle sembianze, ma ancora più nello spirito ». Ma non manca neppure una fiducia di fondo tanto nelle capacità di ripresa di Napoli, quanto nelle capacità dei napoletani di essere protagonisti, di organizzare il proprio destino, di autodeterminarsi, di gestire la propria città da soggetti effettivamente operanti. · Una profonda trasformazione è in atto, (del costume, della moralità, della struttura sociale e civile). La città ha preso coscienza di non poter essere più soltanto consumatrice, di ·dover diventare produttrice di beni. Fratta annota gli elementi della più recente trasformazione con evidente interesse. Rimpianti, borbonismi, sterili esercitazioni retori~he, afferma, non po-ssono che fare crescere il ridicolo di una situazione che si prospetta ogni giorno più problematica. « Ho guardato avanti, scrive nel saggio introduttivo al volume, al futuro. Alla gente nuova e alle cose nt1ove. Che dovranno essere non tanto diverse dalle antiche, quanto vive e vitali se Napoli è d·estinata a conservare la sua individualità e il suo spirito ». Arturo Fratta si atteggia verso la realtà napoletana - nel suo fitto articolarsi - con un sentimento positivo, con un ragionato ottimismo. Il suo « sempre» no,n è un'espressione di condanna, né una concessione alla mitologia della città. Non bolla un certificato di malattia, come rileva giustamente Giusep·pe Alario, ma prelude invece ad una diagnosi fausta. È un « sempre» che racchiude l'ansia della città a diventare metropoli moderna, a risalire dalla posizione di retroguardia in cui è caduta, 1na senza perdere nulla della sua antica umanità. ERMANNO CORSI 104 Biblioteèaginobianco

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