Nord e Sud - anno XVII - n. 127 - luglio 1970

I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Francesco Compagna, La riabilitazione del Piano - Alfredo Testi, La Regione: sconfiggere Parkinson!·_ Italo Talia, La nuova industria alimentare - Ugo Leone, Pescara, L'Aquila e dintorni - Nino Novacco, Europa e Mezzogiorno e scritti di Mario Canino, Dino Cof rancesco, Ermanno Corsi, Mirella Galdenzi Capobianco, Antonio Jannazzo, Ugo Leone, Franco Mollo, Antonino Répaci. .. ANNO XVII - NUOVA SERIE - LUGLIO 1970 - N. 127 (188) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE NAPOLI , ·e i bi iotecag i nobianco -

Librerie presso le quali è in vendita la rivista BOLOGNA Libreria Feltrinelli P.zza Ravegnana, I Libreria Novissima Via Castiglione, I Libreria Parolini Via U. Bassi, 14 CAGLIARI Libreria Fratelli Dessì C.so Vitt. Emanuele, 30 CATANIA Libreria Castorina Via Etnea, 67 Libreria La Cultura P .zza Vitt. Emanuele, 9 CORIGLIANO CALABRO Edicola Francesco Cosantino FERRARA Libreria Taddei e.so Giovecca, I FIRENZE Libreria Rinascita Via L. Alamanni, 41 Libreria Marzocco Via de' Martelli, 22 r Libreria del Porcellino P.zza del Mercato Nuovo, 6-7 Libreria degli Alfani Via degli Alfani, 84/ 96 r Libreria Feltrinelli Via Cavour, 12 LATINA Libreria Raimondo Vi~ Eug. di Savoia, 6/ro MILANO Libreria Francesco Fiorati P.le Baracca, 10 Libreria Sapere Via Mulino delle Armi, 12 Libreria S. Babila C.so Manforte, 2 Libreria Internazionale Via Manzoni, 40 Bibiiotecag inobianco Libreria Popolare C.so Como, 6 Libreria Feltrinelli Via Manzoni, 12 MODENA Libreria Rinascita P.zza Matteotti, 20-21 NAPOLI Libreria Fausto Fiorentino Calata Trinità Maggiore Libreria Leonardo Via Giovanni Merliani, 118 Libreria Deperro Via dei Mille, 17/ 19 Libreria A. Guida & Figlio Via Port' Alba, 20/21 Libreria Fiorillo Via Costantinopoli, 76 Libreria Treves Via Roma, 249 Libreria Guida Mario P.zza dei Martiri, 70 Libreria Macchiatoli · Via Carducci, 57 I 59 Libreria Minerva Via Ponte di Tappia, 5 PALERMO Ed. Lib. Curcuruto Caterina C.so Vitt. Emanuele, 174 Libreria Domino Via Roma, 226 Libreria S. F. Flaccovio Via R. Settimo, 37 Vincenzo Vittorietti Via XX Settembre, 9 (agente per la Sicilia) PERUGIA Libreria Le Muse C.so Vannucci, 51 PISA Libreria Silvano Vallerini Lungarno Pacinotti, 6 r ROMA Ildefonso De Miranda Via Crescenzio, 38 (agente per il Lazio) SIENA Libreria Bassi Via di Città, 6/8 TORINO Libreria Punto Rosso Via Amendola, 5/D Libreria Paravia Via Garibaldi, 23 TRIESTE Libreria Eugenio Parovel P .zza Borsa, 15 VENEZIA Libreria Cluva S. Croce, 197 VERONA Libreria Scipione Maffei Galleria Pellicciai, 12 VIAREGGIO Libreria Galleria del Libro V.le Margherita, 33 S.A.F. (Librerie di stazione) Asti Bari (r) Bari (3) Batti paglia Brescia (1) Foggia (2) Messina (1) Milano (1) Milano Centrale (5) Napoli Centrale (1) Napoli Centrale (2) Napoli Vesuviana (1) Palermo (1) Palermo (2) Pescara (2) Reggio Calabria Roma Termini (1) Roma Termini (4) Roma Termini (5) Roma Termini (14) Roma Termini (25) Torino P. Susa

NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVII - LUGLIO 1970 - N. 127 (188) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121Napoli - Telef. 393.346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L.· 5.000, semestrale . L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.il9585 Edizioni Sci~ntifiche Italiane- Via Carducci 29, Napoh .·bio·ecaginobianco -

SOMMARIO Editoriale [3] Fra11cesco ·Compagna La riabilitazione del Piano [8] Alfredo Testi La Regione: sconfiggere Parkinson! [20] Giornale a più voci Dino Cofrancesco Gli editori e il potere [35] - Ugo Leone La pattu1niera d'Europa [ 40] Franco Mollo !vledicina e ricerca [ 44] Mario Canino Il ruolo delle piccole industrie [ 47] Argomenti Italo Talia Verso la nuova industria alimentare [50] Saggi Ugo Leone Pescara, L'Aquila e dintorni [68] Recensioni Mirella Galdenzi Il « pasticcio » di Gadda [97] Capobianèo Antonio Jannazzo Il barometro dello storico [100] Er1nanno Corsi Alla riscoperta di Napoli [102] Cronache e memorie Antonino Répaci Monza settant'anni fa [105] Documenti Nino Novacco Europa e Mezzogiorno [119] Bibliotecaginobianco

Editoriale « Un'immensa riforma di stritttura, come le regioni, dovrebbe essere messa in atto, co11 itn esecutivo che è praticamente paralizzato da due anni, con un parlamento che legifera sulle questioni secondarie e non può affrontare qitelle essenziali, con un complesso di partiti dilacerati al loro interno da lotte personali e da contrapposizioni di clans più potenti di tutti i richiar,,zi ideologici e di tilt te le fedeltà di bandiere »: questo quadro, che è stato schizzato da un editoriale del « Corriere della Sera », il 18 luglio, indiLce chi lo guarda ad affermare che le Regioni non potevano partire peggio. Ed altre pennellate si possono aggiungere, ad infittire le già fitte ombre del quadro: i fatti di Pescara e quelli di Reggio Calabria, che ci angosciano nel momento in cui scriviamo e che, come quelli di Pescara, testùnoniano dell'alto senso di irresponsabilità degli uomini cui nel Mezzogiorno è affidato il compito di far vivere e fiLnzionare quelle Regioni che, se anche non possono essere, come taluni con leggerezza affermano, itna ricetta per la questione meridionale, potrebbero essere forse, se partissero bene, un istituto utile per suscitare nuove energie e per definire la giusta articolazione territoriale della politica di piano e della politica meridionalista; i 16 assessori che si è data la Regione pie111ontese, l'iLnica che abbia finora for1nato la giunta e dalla quale ci si poteva attendere itna parsimonia degna della tradizione di Quintino Sella nella ripartizione degli assessorati; e soprattutto la considerazione che, Piemonte a parte, non si fanno le giunte che pur si dice di voler fare prima dello Statuto, ma non si fanno nemmeno gli Statuti e in molte Regioni non si trova nemmeno l'accordo per eleggere le cariche assembleari. Fino a che punto ci si può stupire o indignare per tutto questo? La verità è che tutto questo era prevedibile perché si è voluto dare corso alla rif orrna region.ale in un n1omento nel quale tende ad aggravarsi l'instabilità politica, nella 1nisura in_ cui perdura la crisi interna della DC e non si riesce a superare la logica della scissione nei comportamenti dei due partiti socialisti. Un'altra prova, dunque, dell'avventato modo con il quale la sinistra italia11a concepisce la politica delle riforme. E comuriqite, se le Regioni sono partite male e se non ci si può stupire che siano partite male, la crisi del governo si va configurando come una crisi che comporta addirittura l'inzpossibilità di correggere la cattiva partenza delle Regioni e che può con1promettere assai più della stessa già in 3 Bibliotecaginobianco

Editoriale buona parte compromessa riforma regionale. Ma tittto questo, si dice, è colpa dei moderati, dei reazionari, del « partito dell'avventura»: e se invece fosse colpa anche del tradizionale velleitarismo della sinistra democratica? · Ci si è do1nandati perché la mattina del 6 luglio l'on. Rumor abbia dato irrzprovvisamente le dimissioni; e si stenta a trovare una risposta persuasiva. C'è, infatti, la risposta diffamatoria ( la crisi nervosa del Presidente del Consiglio) e c'è la risposta 1nachiavellica ( il disegno politico del « partito dell'avventura >>), n1a non c'è la risposta persuasiva. Non è persuasiva la risposta diffamatoria perché, quand'anche fossero saltati i nervi dell'on. Rumor, resterebbe da dimostrare perché gli sono saltati e perché i suoi amici e collaboratori non sono riusciti ad evitare che saltassero. Né lo è quella che attribuisce la crisi ad un diseg110 del « partito dell'avventura» perché, quand'anche vi fosse un gruppo di uomini intenzionato a provocare crisi a ripetizio1-1e ed u-11acronica instabilità politica, per approdare ad una stabilità diversa da quella democratica, autoritaria1nente imposta e n1antenuta, resterebbe da dimostrare come qitesto gruppo di itomini inte11da passare dalla intenzione alla realizzazione vera e propria del suo diseg110 e come questo disegno si configuri nei concreti particolari dopo cfze le elezioni del 7 giu.gno l1anno fornito itn' eloquente indicazione per la stabilità democratica. A noi sembra quindi che la sola risp·osta persuasiva che si possa dare, a chi si domanda perché l'on,. Riunor abbia dato le dimissioni, sia qitesta, la più semplice e la più ovvia: erano venute meno le condizioni di sopravvivenza del sito governo: erano venute meno perché era fallito i.~ « vertice » sz,tlla situazion.e econon1ica e finanziaria (si veda più avanti l'articolo sit « la riabilitazione del Piano »), era fallito ancl1e quello sulle giunte, e lo sciopero generale indetto per il 7 luglio testimoniava quanto meno cli un f allime11to dei tentativi di stabilire tra governo e sindacati un'intesa per assicitrare la ripresa della produzione e per concordare i modi e i tempi dell'avvio delle riforrrze. In altri tern1ini, .è nostra impressione cl1e le ragioni addotte dallo stesso on. Ritmar per giustificare le sue dinzissioni vadano prese alla lettera; e che, a volerne cercare di più recondite, si rischia di alterare, per gitsto della sottigliezza o per spirito di tendenziosità, l'interpretazione politica di una crisi che è tanto più grave quanto più è stata inevitabile. Se infatti la crisi fosse stata il mo1nento di un disegno politico, preordinato. da te1npo e adattato alle circostanze, o se fosse stata la risultante del cedin1ento nervoso di un uomo, si potrebbe dire che era evitabile. Ma se la crisi è venuta con1e la conseguenza ultima di i1:naserie di f allimenti rispetto all'esigenza di risanare la situazione economica e di 4 I Bibliotecaginobianco

.. . Editoriale stabilizzare la situazione politica, allora si deve dire che non era evitabile, quali che fossero i rifiessi nervosi del Presidente del Consiglio ed i disegni politici del « partito dell'avventura ». E se non era evitabile, è più difficile riuscire a risolverla di quanto non lo sarebbe per itna crisi che avrebbe potuto essere evitata. · Lasciamo da parte la questione dei nervi e del caldo che avrebbero infiuito in n1isura più o meno determinante sulle decisioni del Presidente dimissionario ( tra l'altro le dimissioni del governo sono state improvvise se riferite al momento in citi sono state decise ed annunciate, alla notte della don1enica, alla mattina del lunedì, ai 1nin.istri cercati per telefono nei collegi elettorali o nelle sedi dei week ends familiari, ai segretari dei partiti non consultati preventivamente ecc.; ma era dal giovedì, almeno che si era cominciato a parlare dai bene informati della eventualità di una crisi provocata dalla constatazione che « così non si pitò andare avanti»). Giova piuttosto approfondire la qitestione del disegno avventu.roso che si 11asconderebbe, secondo alcuni, dietro l'apertura della crisi: si tratterebbe dello stesso diseg1-10che l'anno scorso si attribuiva al PSU ed alla destra democristiana: il ricorso anticipato al giudizio dell'elettorato per spostare a destra l'equilibrio politico grazie ad un forte aumento di voti socialdemocratici, ad una altrettanto forte diminuzione di voti socialisti, acl un indebolimento della presenza parlamentare di uomi11i della sinistra de1nocristiana, ad u11 rafforzamento della presenza pa.rla1nentare delle correnti moderate della DC. Ma questo disegno che poteva essere concepibile e poteva essere ritenuto realizzabile l'anno scorso, non può essere ritenitto concepibile e realizzabile dopo il voto del 7 giugno, al111enonel se11so cl1e non è oggi prevedibile un forte aitn1.ento di voti socialdemocratici corrispondente ad una forte dimin.uzione di voti socialisti: i socialden1ocratici potrebbero guadagnare altri voti liberali, ma la DC' è in grado di concorrere vittoriosamente in questo settore del corpo elettorale nella misura in cui ha tenuto il 7 giugno alle elezioni regionali e nella misura in cui (specialmente se si dovessero sciogliere le Camere in itna situazione di emergenza politica ed econon1.ica) potrebbe oggi più facilmente coprire lo spazio che ieri ritenevano di poter coprire i soc_ialdemocratici facendo pagare alla DC il costo di Do11.atCattin; e per quanto riguarda i socialisti, essi potrebbero guadagnare altri voti socialproletari se11.zacedere voti ai socialdemocratici e facilmente potrebbero quindi veder aumentato più che non indebolito il peso complessivo della loro presenza elettorale e parlamentare. Sulla ba_se di considerazioni e previsioni di questo tipo, i socialdemocratici dovrebbero essere assai meno interessati di quanto non lo s Bi· liotecagrnobianco

Editorial0 fossero l'anno scorso ad uno scioglimento anticipato delle Camere; e, a voler le elezioni anticipate, dovrebbe essere rimasta soltanto una parte della DC, quella parte che vorrebbe un'occasion.e pe~ il regolamento dei conti con l'altra parte e che tale occasione potrebbe trovare soltanto se le elezioni anticipate consentissero alla DC di guadagnare tanti voti quanti ne so110 necessari per consentire al partito di maggioranza relativa di scegliere fra un governo con il PSI ed itn governo con il PSU. Ma poiché tali voti andrebbero cercati più a destra che a sinistra, si pensa che oggi Fanfani sarebbe piit cli Moro capace di trovarli: il PSU allora potrebbe essere preferito, nella scelta per il governo postelettorale; e in questo senso il PSU potrebbe ritrovare un interesse per le elezioni anticipate, sostitutivo di qtlello che lo spingeva l'an110 scorso, quando gli era consentito sperare di guadagnare liti i voti di destra e quelli dell'ala più n1oderata del tradizionale elet tarato democristiano. Sennonché il timore di urta radicalizzazione degli schieramenti politici, conseguente ad itna radicalizzazione dei comporta1nenti elettorali, non può essere sottovalutato; e lo stesso PSU non può nascondersi il rischio che - nell'ipotesi di una vittoria elettorale della DC, che sia anche una vittoria della parte fa11fania11a su quella morotea - si voglia correggere la tendenza alla radicalizzazione con una proposta di politica integralistica che includa il PSI come forza di copertura ed escluda il PSU. Né è detto clze il disegno della repubblica conciliare non abbia a realizzarsi con Fanfani dopo un rafforzamento elettorale e parlamentare della DC. Qileste ipotesi, allo stato attuale delle cose, non hanno comunque altro valore che quello di provare che i disegni politici sono in questo momento difficilmente definibili, e che comunque al « partito dell'avventura» n.on si può attribuire lo stesso disegno dell'anno scorso, perché ne sono venilte meno le condizioni. Si deve pur distinguere fra l'anno scorso, quando il P,SU era all'offensiva, e quest'anno: il PSU, quando pone ora il problema della sua emargi11azione dalle giunte, è sulla difensiva, dà l'impressione acldirittura di lottare per la sopravvivenza, di ubbidire non alle esigenze di itn disegno politico, n1a ai richiami dell'istinto di conservazione. E si deve in pari ten1po prendere atto della gravità di questa crisi, quale che possa essere il suo esito pre-f e rial e: perché tutta la vicenda di qitest'ultimo anno dimostra che è difficilissimo, se non impossibile, addirittura, governare con i due partiti socialisti; ma oggi risulta che è ancor più difficile, forse veramente impossibile, governare con uno solo dei due partiti socialisti. . C'è ancora, naturalmente, fra i socialisti e fra le correnti di sinistra della DC, chi dice che sia possibile e necessario il bicolore DC-PSI, con I 6 Bibiiotecaginobianco

Editoriale I o senza la copertura del PRI. Ma abilmente Fanfani ha lasciato intendere che proprio il PSU p·otrebbe auspicare una sol1,tzione del genere, riservandosi di stare all'opposizione: se la DC non raarcia con il bicolore, resterebbe allora dimostrato che il PSU è indispensabile per fare un governo; e se la DC dovesse rassegnarsi a fare il bicolore, voluto dalla sua ala sinistra, si riaprirebbe itno spazio elettorale per il PSU a danno della DC. È d'altra parte evidente che, se si volesse emarginare il PSI, con o senza il ricorso al PLI, a parte il fatto clie la sinistra democristiana nor1 starebbe al gioco, e che si aggraverebbe quindi la crisi interna della DC, si correrebbe il rischio di offrire ad 1,1,noschieramento frontista un'occasione: anche più favorevole di quella del 1953. Bastano appunto queste considerazioni a convalidare quanto dicevamo: che, se è difficile gover11are co11 i dt,,lepartiti socialisti, è ancora più difficile, forse impossibile, govern.are con uno solo dei due partiti socialisti. E allora si deve tentare ancora la solu.zio11e che fra le due risulta meno difficile; e se il tentativo dovesse riitscire vano, alle elezioni anticipate ci arriverem1no non per il disegno politico del « partito dell'avventura », ma perché «così non si può andare avanti»: come è accaduto con la crisi del terzo governo presieduto dall'on. Rumor. Torna allora il discorso della necessità di un chiarimento: all'interno delta DC e fra i due partiti socialisti. Si vuol forse affermare, quando si deplorano le dimissioni di Rumor, che un chiarimento non risitlta necessario, specialmente dopo il 7 giugno? Si tratta naturalmente di accertare se è possibile, ed in quali ter1nini. E si può fi11 da ora affermare che, se a questo chiarimento si dovesse pervenire, risulterebbe che le dimissioni di Rumor - da tanti condannate severamen.te, condannate paradossal1nente anche dall'opposizione, il cui mestiere è di provocare le dimissioni dei governi e di rallegrarsi qitando riesce a provocarle - sono state capaci di provocarlo e di scongiurare quindi l'« avventura». Se invece al chiarimento non si potesse pervenire, malgrado le din1issioni del governo di Rumor, si dovrà non addebitarne la resp·o11sabilità a queste dimissioni, ma accertare la responsabilità di tutti e di ognuno nell'aver spianato la via all'« avventura ». Ma questo è il discorso dell'editoriale per il prossimo numero della rivista, non potendosi in questo editoriale spingere il discorso oltre i limiti delle considerazioni interlocutorie. • 7 Bibliotecaginobiaco -

La riabilitazione del Piano di Francesco Compagna Il 19 dicembre del 1969 la Ca1nera dei Deputati approvava il bilancio di prevTìsione dello Stato. L.'011.Giolitti prese la parola in quell'occasione per dichiarare il ,,oto favorevole del gruppo parlamentare da lui presiedt1to; e clisse, fra l'altro, che si doveva « procedere » ad una « vera e propria riabilitazione della politica di programmazione ». Ma in pari tempo l'on. Giolitti si dicl1iarava convinto cl1e la situazione eco11omica e fi11anziaria del paese no11 presentasse « quel grado di drammaticità che da talu11e parti le si vorrebbe attribtlire »; e che, malgrado gli « aspetti preocc11panti » che avrebbe potuto assumere la « lievitazione delle spese correnti », i dati forniti dal Ministro del T'esoro no11 fossero tali da co11validare « l'opinione, da qualche parte espressa, seco11do la quale si dovrebbe interve11ire immediatamente con u11a misura o con un'espressione di volo11tà di blocco delle spese correnti ». Nel maggio del '70, lo stesso on. Giolitti, dive11tato Ministro del Bilancio, ha rilasciato un'intervista al « Corriere della Sera » nella quale faceva chiaramente intendere che di rilancio della programmazione non si può nemme110 parlare se non ci si attie11e a rigorosi criteri di accertamento delle risorse •disponibili e ad altrettanto rigorosi criteri di scelta per quanto riguarda l'allocazio11e di queste risorse; e che le preoccupazioni derivanti dall'aumento delle spese correnti non possono essere sottovaJutate. È stato infine pocl1e settimane più tardi che l'on. Giolitti l1a reagito co11tro la « inutilità » del « vertice » sulla situazione economica e finanziaria, voluto dai repubblicani. E da questa reazione è sembrato che l'on. Giolitti volesse sottovalutare preoccupazioni che lui stesso aveva manifestato nell'intervista al « Corriere della Sera»;. e che volesse denunciare come allarmistiche le voci relative ad un peggioramento della situazione eco11on1ica e fina11ziaria e come tendenziose le raccomandazioni repubblicane, e non soltanto repub- .blicane, a controllare e qualificare la spesa pubblica più di quanto finora non sia stata controllata e qualificata. L'atteggiamento dell'on. Giolitti dopo il « vertice » è stato dunque di stizza: così è stato detto. Ma ciò che più conta è la 8 Bibiiotecag inobianco

.. I La riabilitazione del Piano ragione per un verso e la conseguenza per un altro di questo atteggiamento. Per quanto riguarda la ragione, la si dovrebbe riconoscere 11ella preoccupazione che già aveva ispirato all'on. Giolitti la sua .dichiarazione di voto del 19 dicembre: la preoccupazio11e che si voglia drammatizzare il giudizio sulla situazione economica e fina11ziaria per contrastare le rivendicazioni dei lavoratori, per annullare le loro « conquiste », per insabbiare le riforme e per impedire che si proceda al rilancio della programmazio11e. Ora, 110n è affatto da escludere che vi sia chi voglia tutto questo e ritenga di poterlo ottenere drammatizzando il giudizio sulla situazione attuale. Ma l'on. Giolitti dovrebbe considerare che vi può essere anche, « da talune parti », chi ha preso coscienza del deterioramer1to progressivo della situazione econo1nica e finanziaria; e perciò si preoccupa di arrestare questo processo di deterioramento proprio per evitare che siano compromesse le « conquiste » dei lavoratori, le riforme ed il rilancio della programmazione. L'on. Giolitti deve ammettere, cioè, che vi sia chi nutre, setiza seconde inte;1zio11i, le stesse preoccupazioni da lui manifestate nell'intervista al « Corriere della Sera ». Tanto più che nel maggio scorso il Ministro del T'esoro aveva affermato alla Camera che nel 1970 il reddito 11azionale deve aumentare del 14 per cento i11 termini monetari e del 7 per cento in termini reali, cl1e l'aumento dei prezzi dev'essere conte11uto nei limiti del 6 per cento, che gli i11vestime11ti devono raggiungere un aumento minimo del 16 per ce11to e quanto più possibile vicino al 24 per cento in termini monetari, che la bilancia dei pagamenti di parte corrente deve seg11are un ava11zo di circa 800 miliardi, che il disavanzo di tutto il settore pubblico 110n deve oltrepassare la cifra di 3.200 miliardi: che, se tutto questo non dovesse verificarsi, la situazio11e economica del paese no11 sarebbe più controllabile. Ma ora, se si confrontano questi dati co11 quelli che oggi sono disponibili, è più che legittimo il timore che le condizioni indicate dall'on. Colombo 11011abbiano a verificarsi: la produzione indu .. striale nei primi quattro mesi dell'anno è aumentata solo del 4,5 per cento; i prezzi all'ingrosso sono aumentati in aprile del 9 per cento rispetto all'aprile del '69 ed i prezzi al consumo sono aumentati del 5,3 per cento; le entrate nei primi ci11que mesi del '70 so110 . risultate inferiori alle previsioni di 442 miliardi; gli investimenti 110n danno segni di rianimazione. Se dunque nel dicembre del 1969 si poteva ancora ritenere, come riteneva l'on. Giolitti, che la situazione econol11ica e finanziaria :qon presentasse « quel grado di drarri9 Bibliotecaginobianco -

Francesco Compagna maticità che da talune parti le si vorrebbe attribuire », oggi si deve ammettere che, quale che sia il suo « grado di dran1maticità », essa non è migliorata, ma sensibilmente peggiorata. « Allarmismo » a parte, non si può rischiare, quindi, che ·continui a peggiorare. Per quanto poi riguarda la conseguenza dell'atteggiamento assunto dall'on. Giolitti dopo il « vertice » sulla situazione econo1nica e finanziaria, valga la co11siderazione fatta valere dall'on. La Malfa alla direzione del P'RI, dopo l'apertura della crisi di governo: poiché la polemica sulle giunte andava assumendo toni se1npre più aspri, si poteva prevedere che, malgrado le indicazioni emerse dal voto del 7 giug110, ne sarebbe derivato u110 scollamento della maggioranza; di conseguenza, il PRI - anche per alleggerire la tensione derivante dalla polemica sulle « giunte difficili » e soprattutto perché consapevole delle « i11coerenze » che l1anno finora viziato la politica eco11omica dei governi di centro-sinistra e che non han110 consentito a questi governi di mantenere gli impegni « solennemente assu.nti » per la programmazione e per le riforme - ha cercato, in un « vertice » economico-finanziario, di riportare i11 primo piano, di fronte a problemi incalzanti e sentiti dal paese, quell'esigenza di coesione della maggioranza che, per quanto fatta valere dagli elettori, sembrava 110n essere stata recepita in tutto il· suo valore di ammonimento dai partiti socialisti e dalle correnti democristiane. Ma, « inesplicabilmente », sono stati proprio i rappresentanti socialisti, che più di tutti pote·vano essere interessati ad un alleggerimento della tensione derivante dalla polemica sulle giunte, a far fallire il « vertice » economico-finanziario; e questo perché, ancora una volta e più di altre volte, essi hanno ritenuto che si volesse drammatizzare il giudizio sulla situazione economica per imprimere al governo una « svolta moderata » (la stessa polemica dei Giolitti e dei Lombardi contro Nenni nel '64) e non hanno compreso che, almeno da parte repubblicana, si voleva sdrammatizzare la questione delle giunte e si voleva comunque evitare una crisi di governo che oltretutto non avrebbe consentito di osservare subito gli impegni che, sempre da parte repubblicana, si considerano i11dispensabili ed urgenti per scongiurare l'aggravame11to della crisi econ.omico-finanziaria e per creare le condizioni reali - ora venute a mancare - di un avvio animoso delle riforme e di un risoluto rilancio della programmazione. È vero dunque che, come abbiamo scritto su- «Panorama» il giorno stesso in cui si è aperta la crisi di governo, questa crisi 10 Bibliote·caginobianco

La riabilitazione del Pian,o è derivata da una divaricazione della maggiora11za, contrastante con l'indicazione emersa dal voto del 7 giugno, che è stata u11a indicazione che sollecitava a cercare ed a trovare la coesione della maggioranza; ed è vero soprattutto che la divaricazione della maggi_oranza si è ma11ifestata, più ancora cl1e nel corso delle polemiche sulla formazione delle git1nte difficili, qt1a11do sono state rese 11ote le reazioni dei socialisti dopo il « vertice » sulla situazione economica e finanziaria: almeno nel se11so che, se quel « vertice » si fosse potuto concludere con un accordo sulle cose, invece che co11 un processo alle intenzio11i, la minaccia di u11a di,,aricazione della maggioranza, così come veniva profilandosi sull'orizzonte ravvicinato dei negoziati - ancl1e di « vertice » - per la formazione delle giunte, sarebbe potuta rientrare, corretta e co1npcnsata dalle prospettive di avvio delle riforme e di rilancio della programma- • z1one. Ma è veramente possibile questo rilancio della programmazione, e quindi l'avvio delle riforme? Molte buo11e intenzio11i sono state manifestate a questo proposito da uomini politici sia di parte den1ocristiana che di parte socialista: sia nel momento della formazione del terzo governo dell'on. Rumor che durante la campagna elettorale per le Regioni. Le stesse buone i11tenzioni sono state ribadite ora, nelle dicl1iarazioni rilasciate da autorevoli espone11ti politici della maggioranza e nelle prese di posizione dei partiti di centrosinistra in occasione di una crisi di governo che, nel momento in cùi scriviamo, non possian10 prevedere quando, co1ne e se si concluderà. Ma la questione va posta ormai in questi termini: quali sono le condizioni grazie alle quali i partiti di centro-sinistra possono uscire dai recinti chiusi nei quali si celebra la retorica della programmazio11e ed incamminarsi tutti i11sieme sui sentieri aperti lungo i quali gli obiettivi concreti della progra1nmazione, una volta concordati, possono essere anche raggiunti? Si potrebbe rispondere afferma11do che i11 linea generale la possibilità di « riabilitare » la programmazione (forse, prima ancora che di rilancio, si tratta proprio di riabilitazione, secondo la felice espressione che aveva trovato l'on. Giolitti il 19 dicembre del '69 alla Camera dei Deputati) di1Jende dalla volontà politica di riabilitarla e di rilanciarla; ma che questa volontà politica non potrebbe manifestarsi che quando fosse realizzata la condizione della stabilità politica e quindi la coesione della n1aggioranza. Da questa risposta deriva poi la più che ovvia considerazione che, se è vero che la programmazione è « sfumata nella retorica e nell'oblio », 11 Bi·bliotecaginobianco -

Francesco Compagna come ha scritto Bruno Pagani su « Mondo Eco11omico », è soprattutto vero che dal '68 ad oggi, qua11do si sarebbero dovuti meglio definire gli obiettivi e predisporre gli strumenti della programmazione, è venuta a mancare in Italia proprio la stabilità politica e non ha potuto quindi manifestarsi la volontà politica di precisare gli obiettivi e di mettere a p1111to gli strume11ti della progra1n- . maz1one. Non è difficile, d'altra parte, riconoscere e ricostruire i mon1enti nei quali si è configurata ed aggravata la tendenza a soffocare tra le logomachie sui problemi di schieramento il dibattito per l'approfondimento dei problemi di contenuto: il « progetto '80 » non è stato discusso quanto meritava di essere discusso; la legge sulle procedure della programmazione si è are11ata in una zo11a morta del st10 itinerario fra gover110 e parlan1ento; le due fondamentali questioni, della politica dei redditi, a monte della programmazione, e del coordinamento dei modi e dei tempi delle riforme, a valle della programmazione, sono state deformate, e quindi sottovalutate, da tutti coloro che ha11no strun1entalizzato, e quindi sopravvalutato, il discorso s11l ce11tro-si11istra « più avanzato » o « più moderato » a seconda della maggiore. o minore sua i11clinazione a recepire acriticamente le rive11dicazio11i sindacali; gli articoli di · Pasquale Saraceno sull'ampiezza e sulla rigidità del conve11zionale o tradizionale quadro di riferimento temporale della programmazione - e cioè sull'opportu11ità che si proceda entro scadenze più brevi di quella quinquennale all'accertamento della reale evoluzione delle cose rispetto all'andamento preconizzato dai singoli progran1mi operativi ( « ad obiettivo ») del tipo di quelli che anche il « progetto '80 » propo11e di formulare - non hanno suscitato l'interesse della classe politica - e degli stessi « programmatori » - che avrebbero dovuto suscitare; il cosiddetto « caso Ruffolo » non è stato ancora risolto e, perdurando quindi la crisi degli uffici della programmazione, sono stati compromessi da un lato i tempi di preparazione del seco11do programma nazionale di sviluppo e dall'altro i progressi che si sarebbero potuti realizzare per qt1anto riguarda i - metodi della « contrattazione programmata». Sappiamo che su quest'ultima questione il nostro punto di vista coincide con quello dell'on. Giolitti; e forse il nostro punto di vista coi11cide o potrebbe coincidere co11 quello dell'on. Giolitti anche su molte altre questioni relative alla programmazio11e (e non soltanto alla programmazione): malgrado vi sia chi voglia artificiosamente e tendenziosamente contrapporre un feticcio giolittiano 12 Bibiiotecag ino.bianco

.. La riabilitazione del Piano « di sinistra » ad un feticcio lamalfiano « di destra ». Comunque sia, noi ci proponiamo appunto di cercare un terreno sul quale sia possibile confrontare le 11ostre preoccupazio11i meridionalistiche con quelle certamente rispettabili degli esperti della programmazione di orientamento giolittiano, senza che i risultati del confronto possano più essere pregiudicati dalla celebrazione di processi alle intenzioni, repubblicane degli uni o socialiste degli altri. Cominciamo, quindi, con l'affermare che, quando ci capita di sentire che « la programmazione è fallita », n,oi non proviamo nessuna sensazione di compiacimento, ma una sensazione di profo11do disagio. E naturalmente ci do1nandiamo per quali ragioni si può oggi parlare, e con quanto fondarr1ento, di u11a programmazio11e fallita. ·Qui vanno messe certan1ente nel conto, e non come voce · accessoria, le « incoerenze » della politica economica dei governi di centro-sinistra: sono le « incoerenze » che La Malfa va da tempo denunciando. Ma a noi è sembrato a suo te1npo che avere insabbiato il « rapporto-Saraceno » sia stato un grave errore, com1nesso proprio dall'on. Giolitti, qua11do è stato per la prima volta Ministro del Bilancio: e questo perché nessun documento della programmazione è stato mai animato da una carica meridionalistica come quella che animava il « rapporto-Saraceno »; onde l'insabbiamento di questo « rapporto » ha provocato un affievolimento dell'impegno meridionalistico che dallo « schema » di Vanoni alla « nota aggiuntiva » di La Malfa era stato sempre il motivo ispiratore della polemica di chi voleva la programmazione contro chi non la voleva. Ed infine, no11me110 grave di quanto sia sembrato ai socialisti, ci è sembrato di dover giudicare il gesto con il quale l'on. Preti, diventato Ministro del Bilancio, ha decapitato l'anno scorso gli uffici della programmazione: ne scrivemn10 su « l'Espresso » e su « Nord e Sud »; e a Bari, nella relazio11e presentata alla « Giornata de.I Mezzogiorno », organizzata dalla Fiera del Levante, dicemmo che « la crisi della segreteria degli uffici della programmazione, della direzione dell'ISP'E e del comitato tecnico-scientifico dev'essere affrontata subito e risolutamente perché, oltretutto, l'efficie11za di questi organi è una co11dizione necessaria affinché la vantata ed anche avviata ripresa degli investimenti sia tale, nei modi e nei tempi, da costituire l'occasione per imprimere una spinta nuova e decisiva all'industrializzazione del Mezzogiorno ». Eravamo preoccupati, appunto, che si potesse determinare una prolungata invalidità, se non addirittura indisponibilità, del co11iraente pub·blico, con la conseguenza inevitabile di una diffusa 13 B;b iotecaginobianco

Francesco Compagna sfiducia da parte dei contraenti privati nelle metodologie della contrattazione programmata; e che quindi si potesse « passare dalla delusione del Mezzogiorno, perché certe imprese non si sono finora i1npegnate congruamente nell'industrializzazione, ·alla delusione di queste imprese perché, volendo esse impegnarsi congruamente nel Mezzogiorno, e contribuire alla sua industrializzazione, non trovano, nel quadro della sollecitata loro partecipazione alla contrattazione programmata, il promesso ed anche intravisto interlocutore valido ». Ora è certamente grave che l'on. Giolitti non sia riuscito - neanche lui - a risolvere, nei tre mesi durante i quali è stato Ministro del Bilancio, la crisi degli uffici della programmazio11e. Certamente, l'on. Giolitti ha profuso tutto il suo impegno a risolverla; e l'aspetto grave della questione ne risulta quindi evidenziato: perché sussisto110 evidenteme11te, come 1notivi di contrasto alla soluzione della crisi, gli stessi non convincenti n1otivi che l'hanno determinata. Comunque sia, le « i11coerenze » di politica economica denunciate da La Malfa, l'insabbiamento a suo tempo del « rapporto-Saraceno » e la prolungata crisi degli uffici della programmazione derivante dal « caso Ruffolo » l1anno certamente concorso ad annuvolare prima e ad abbuiare poi le prospettive della programmazione. E tuttavia, è troppo semplicistico il giudizio che da tutto questo si vorrebbe dedurre, il giudizio di fallime11to della programmazione. Perché si deve pure mettere nel conto qualche voce attiva nel bilancio dell'esperienza di questi anni di avvio ·della programmazione. Come ha scritto, in un recente articolo su « Nord e Sud », Enzo Vellecco (Il programmatore deluso, maggio 1970, n. 186), è stato un merito dell'avvio della politica di programmazione - anche se tale avvio è stato incerto e stentato - quello di consentire che oggi, quando si affrontano problemi più o 1neno incalzanti nel tempo breve, si è « portati ad assumere un'ottica nella quale trova110 il dovuto rilievo i problemi di fondo del nostro sistema, dei quali esiste ormai un'ampia e lunga codificazione, affidata a docume11ti di ogni genere, da quelli ufficiali della programmazione centrale e regionale, a quelli ufficiosi che, sotto .forma di studi e di ricerche, sono venuti da più parti come contributi all'analisi ». E certamente si può dire, e noi lo diciamo, che « la fioritura di una così larga massa di documenti, anche se non tutta di eguale valore ed utilità, costituisce un presupposto significativo per in1postare correttamente i nostri problemi economici »: costituisce anche e soprattutto . 14 Bibliote·caginobianco

La riabilitazione del Piano un presupposto significativo, una condizione favorevole per la « riabilitazione » e per il rilancio della programmazione. Se c'è questa condizione favorevole, si tratta però di renderla efficacemente operante. E questo sembrava che si dovesse r~tenere possibile nel quadro della più generale condizione favorevole determinata dal voto del 7 giugno, se questo voto dev'essere interpretato come lo han110 interpretato i più attenti e disinteressati osservatori: un voto a favore della stabilità politica. Ma è sopravvenuta la crisi di governo dopo il fallimento del « vertice » sulla situazione economica e finanziaria, in relazione all'inasprimento della polemica sulle giunte, i11conseguenza dell'ostinato rifit1to da parte dei sindacati di revocare uno sciopero generale che era stato proclan1ato incautamente, ed in un momento inopportuno sia dal punto di vista econon1ico che dal punto di vista politico: come se obiettivo dell'azione sindacale fosse quel rovescian1ento del sistema che è l'obiettivo cui mirano soltanto alcuni estremisti, più o me110 romantici. Perciò le sorti della programmazione si giocano ora nei meandri di una crisi di governo che forse si sarebbe potuta evitare se all'indomani del 7 giugno il discorso sul rilancio della programmazio11e, e quindi sulle riforme, fosse stato riproposto senza riserve mentali e avendo sott'occhio la condizione del paese, della produzione e dell'occupazione, dei prezzi e degli investimenti, della spesa pubblica e del mercato fi11anziario ecc. ecc.: precisando quali riforme senza spese e con spese si possono avviare, quali provvedimenti sono necessari per collegare il risanamento della congiuntt1ra all'avvio delle riforme, quali misure sono pregiudiziali ai fini dell'auspicata riabilitazione della politica di piano. Non è detto, però, che proprio negli oscuri meandri di queste crisi di governo non si possa trovare il filo d'Arianna che i partitj di centro-sinistra non hanno saputo trovare alla luce della pur tanto chiara indicazione del 7 giug110: è una concessione, questa, che non possiamo non fare al nostro temperamento ottimistico; ed è un'ipotesi sulla quale si fonda la sola alternativa possibile a quella cronica instabilità politiça che precluderebbe ogni possibilità di riabilitare la programmazione. Comunque, nell'articolo pubblicato dall'on. Giolitti a crisi aperta, su « l'Avanti » del 12 luglio, si leggono propositi che sono assai simili a quelli già espressi d·a coloro che per averli espressi avevano suscitato qualche reazione di « insofferenza » da parte dello stesso on. Giolitti o di qualche giolittiano troppo zelante, forse ancora oggi sospettosi, l'uno e gli altri, che si vogliano soltanto « fornire pretesti ed alibi alla tentazione 15 B·bi iotecag i nobianco

Francesco Con1pagna o al tentativo cli acca11tonare la politica delle riforme ». Si deve certo dare atto al Giolitti del 12 luglio 1970 di avere castigato la « insofferenza » del Giolitti che il 19 dicembre 1969 aveva confutato « l'opinione ... secondo la quale si dovrebbe: intervenire immediatamente con una misura o con un'espressione di volontà di blocco delle spese correnti »: perché nel citato suo articolo si trova, tra l'altro, tina esplicita raccomandazione per « una accorta regolazione dei flussi di spesa pubblica, bloccando (sic!) qualsiasi dilatazione della parte corrente ». Ed a Giolitti si deve dare atto, altresì, di avere scritto, sempre nel citato articolo, che il reperimento di risorse finanziarie da parte del T'esoro non deve comportare ulteriori pressioni sul mercato finanziario, « al quale devono poter attingere le imprese », ma deve realizzarsi « mediante strumenti di mercato monetario (del tipo indicato nella relazione del governatore della Banca d'Italia) e strumenti fiscali (acct1ratamente selettivi, in modo da evitare riflessi negativi sui prezzi, da comprimere la domanda per consumi 110nnecessari, da fornire un gettito aggiuntivo nella misura, che oggi può considerarsi soddisfacente, di 200-250 miliardi) ». Ecco: quando Giolitti scrive questo, e aggiunge che per quanto riguarda la selezione nell'erogare il credito ci si deve attenere a « criteri di priorità ben definiti, conformi agli obiettivi del programma di sviluppo », si comincia ad intravedere la possibilità di un accordo sulle cose per fronteggiare una situazione che continua a peggiorare. Ma non basta: se si vuole riabilitare la programmazione, non si p11ò sfuggire alla questione posta da La ,Malfa; è necessaria, cioè, « una totale revisione dei concetti in base ai quali la coalizione di ce11tro-sinistra ha condotto la sua battaglia economica sociale, senza av,ere mai il coraggi,o .di mettere i sinda.cati e l'opposizione di estrema sinistra di fronte alle proprie responsabilità ». Porre tale questione non significa voler spostare a destra l'asse politico, ma -significa avere acquisito la consapevolezza, ed averla acquisita per esperienza vissuta e sofferta, che « una politica di programmazione e di riforme non può che passare attraverso il. controllo della produzione e della distribuzione dei redditi a tutti i livelli (non a livello dei soli salari, come falsamente è stato detto) attuato con la consultazione permanente dei sindacati operai e delle organizzazioni imprenditoriali »; e che politica rivendicativa e politica delle riforme non possono « muoversi indi1Jendentemente l'una dall'altra, quasi che si trattasse di campi completa~ente diversi e separati di azione, e 110n di situazio11i i11tercomunicabili ». Se si 16 I .. Bibiiotecaginobianco

I La riabilitazione del Piano muovono indipendentemente l'una dall'altra, come si sono mosse, la prima compromette la seconda, la programmazione fallisce e le riforme non si fanno. Stabilità politica, dunque, accordo sulle cose, ripensamento del rapporto fra rivendicazioni e riforme: sono queste le condizioni favorevoli da realizzare per procedere ad una vera e propria riabilitazione della politica di programmazione. D'altra parte, si tratta anche di correggere tempestivamente le condizioni sfavorevoli cui accennavamo e che si sono determinate in conseguenza del travagliato e ancora perdurante periodo di instabilità politica che è seguito· alle elezioni del 1968: la crisi dei rapporti fra segreteria della programmazione ed ISPE, il ritardo della legge sulle procedure, le battute di arresto subite nei tempi di elaborazione del nuovo piano quinquennale. Ma a questo proposito ci soccorre quanto ha avuto recente1nente occasione di affermare l'on. Giolitti davanti alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato. Dopo avere ricordato che, per quanto riguarda la necessità di riempire « i gravi, paralizzanti vuoti al vertice degli organi della programmazione», non è soltanto questione di volontà politica del Ministro del Bilancio, ma soprattutto di volontà politica del Consiglio dei Ministri, l'on. Giolitti ha detto che, per quanto riguarda la legge sulle procedure, è ormai questione di uniformarsi al fatto nuovo, la elezione dei consigli regionali, e pertanto di definire al più presto la disciplina dei rapporti fra ·Stato e Regioni, anche e prima di tutto ai fini della funzionalità dei metodi di elaborazione e di gestione dei programmi regionali di sviluppo. Ma c'è soprattutto l'esigenza di elaborare il piano nazionale di sviluppo 1971-75; e per soddisfarla l'on. Giolitti ha proposto il ricorso ad una procedura abbreviata ( « che non vuole dire affrettata »), extra-legem e tale da consentire forse di « esperimentare », prima di fissarla in uno schema legislativo, quale potrebbe essere l'impostazione più convincente del rapporto fra programmazione nazionale e programmazione regionale. Si può apprezzare, in queste dichiarazioni, anche il sano empirismo che le ha ispirate e che può consentire effettivamente di correggere sia la condizione sfavorevole del ritardo subito dalla legge sulle procedure, sia la condizione sfavorevole delle battute· d'arresto subite dalla preparazione del nuovo piano nazionale di sviluppo. Ma è pure necessario che possa, prima o poi, e più prima che poi, esprimersi la volontà politica di· un Consiglio dei Ministri disposto a concordare il modo ~i riempire il « paralizzante vuoto » 17 Bi liotecaginobianco

Francesco,Compagna che dura da un anno « al vertice degli organi della programma- . z1one ». Ci sia inoltre consentito di rilevare che proprio coloro i quali hanno a cuore la possibilità di un effettivo rilancio della programmazione non devono ora cedere alle suggestioni di un regionalismo massimalista, e strumentale, che ha preso corpo in certi ambienti politici anche di sinistra democratica, che tende a varcare il confine che protegge l'autonomia regionale dal pericolo di degenerare in anarchia regionalistica, che potrebbe strappare concessioni tali da compromettere la coerenza, e non la coerenza soltanto, della programmazione. È uscito proprio in questi giorni, nella « serie » einaudiana di politica economica diretta da Antonio Giolitti, un interessante studio di Alfredo Tlesti ( Sviluppo e pianificazione regionale, le teorie e le politiche); e nella «premessa» si legge della « scarsa consapevolezza che ancora si ha delle circostanze per cui risulta fallace ed illusoria - a11.che se alletta11.te - la speranza di poter sciogliere a livello regionale dei nodi che vanno invece dipanati o recisi in ben altra sede ed a ben diverso livello ». Tra questi nodi c'è ovviamente quello della politica meridionalista: non ci si illuda di poterlo çlipanare o recidere grazie alle Regioni, a livello regionale, e non a livello nazionale, grazie all'intervento straordinario ed alla caratterizzazione in senso meridionalistico della programmazione. Né ci si illuda che in questa situazione economica e finanziaria sussista11.o ancora le possibilità che sen1bravano sussistere nella primavera del '69 di una ripresa degli investimenti tanto ben avviata da poter i1nprimere, se adeguatamente orientata in senso settoriale ed in senso territoriale, una spinta nuova e rilevante all'industrializzazione del Mezzogiorno. Queste fiduciose attese, con le quali si concluse alla Can1era dei Deputati il dibattito sulla politica 1neridionalista nell'aprile del '69, sono state frustrate; e oggi non ci si nascondono nemmeno le difficoltà di provvedere ad· un congruo rifinanziamento della Cassa per il Mezzogiorno, mentre gli investimenti industriali preannunciati restano soltanto preannu11ciati (ci si deve domandare, per esempio, se la Fiat, fino a quando è impegnata a far fronte, negli scioperi aziendali e sui mercati internazionali, ad una situazione che desta non poche preoccupazioni, possa far fronte anche ai suoi impegni non solo per il programma di nuovi stabilimenti nel Mezzogiorno, ma anche per l'i11iziativa dell'Aeritalia, concordata con la Finmeccanica come grande iniziativa· di industria motrice e tecnologicamente avanzata da realizzare nel Mezzogiorno). 18 Bibiiotecagino.bianco

La riabilitazione del Piano C'è tutta una mitologia dell'autunno caldo; e chi prospetta il rischio che sia proprio il Mezzogiorno a doverne pagare le conseguenze è 11aturalmente esposto ad ogni sorta di reazioni polemiche. Ma resta il fatto che le capacità di autofinanziamento delle imprese sono quanto mai ridotte; che le possibilità di ricorso al mercato finanziariario sono oggi quelle che sono; che per aumentare la produttività e compensa .r.e così gli aumenti dei salari e degli stipendi, gli investimenti tecnologici per ammodernare gli impianti esistenti, che sono al Nord, devono avere la precedenza sugli investimenti per creare nel Sud nuovi impianti, per nuove produzio11i. Di qui .una situazione assai diversa, appunto, da quella della primavera e dell'estate del '68; e la considerazione che in questa situazione le imprese possono essere indotte a rinviare o ad accantonare i programmi che avevano elaborato per ampliare e diversificare nel Mezzogiorno le proprie attività. E se sono venute a mancare le disponibilità per gli investimenti nel Mezzogiorno delle grandi inìprese private, che dire delle aziende a partecipazione statale, quando si preme sui fondi di dotazione dell'IRI, dell'ENI, dell'EFI,M per interventi di salvataggio a favore di ogni impresa che entra in difficoltà, dovunque si trovi e quale che sia il settore della sua attività? La verità è che queste considerazioni vanno tenute presenti più di quanto non sia stato possibile tenerle presenti nei dibattiti di questi mesi e di questi giorni; e che si devono creare le condizioni di un rilancio della politica rneridionalista co11testualmente alle condizioni di una riabilitazione e di un rilancio della politica di programmazione, la qt1ale non può essere una buona politica di programmazione se non è ispirata da una concezione meridionalista dello sviluppo italiano. Ma questo significa che la sinistra democratica deve saper essere sufficie11temente dura nella presa di coscienza del fatto che volere una situazione economica in espansione ed una finanza pubblica capace di fornire sempre più consiste11ti risorse agli investimenti non significa volere una « svolta moderata», ma volere le riforme nel quadro di una programmazione riabilitata ed ispirata, appt1nto, da una concezione meridio11alista dello sviluppo italiano. FRANCESCO COMPAGNA P.S. Nell'articolo non si fa cenno delle polemiche suscitate dalle indiscrezioni relative al cosiddetto « Rapporto R », perché tali indiscrezioni non si erano ancora diffuse al momento in cui l'articolo stesso è stato scritto. Esse comunque non ne alterano il contenuto. 19 B·bi iiotecaginobianco -

La Regione: sconfiggere Parkinson! di Alfredo Testi 1. L'insediamento dei Consigli e la più o meno concordata o contrastata elezione degli organi delle Regioni a Statuto ordinario, se possono essere considerati t1n importante punto di arrivo per chi si è battuto per l'attuazione dell'ordinamento regionale (ed un elemento di conforto per quanti credono nella capacità delle Regioni di assolvere a taluni ruoli del nostro paese), rappresentano anche null'altro che un mero punto di partenza dell'attività dei nuovi organismi regionali e solo il primo avvio di una nuova fase di iniziativa politica per conferire a tali organismi un autentico contenuto innovatore. . La definizione della struttura organizzativa attraverso cui formulare, realizzare e controllare l'attività regionale è certamente uno dei primi problemi che i nuovi organi dovranno affrontare. E ciò non solo perché occorrerà definire già negli Statuti almeno i criteri e le norme fondamentali relative all'organizzazione interna delle Regioni, ma anche perché qualsiasi atti,,ità, sia pure iniziale e di rodaggio, richiede che delle formule organizzative vengano comunque adottate e che tali formule in qualche modo prefigurino l'assetto definitivo. - La questione della organizzazione degli uffici regionali è senza dubbio nodale, non solo per la sua obiettiva importanza ai fini di un corretto ed efficace funzionamento dei nuovi istituti, ma anche perché gli avversari dell'ordinamento regionale hanno sempre fatto - a torto o a ragione - del cattivo funzionamento e della mastodontica crescita burocratica nelle Regioni a Statuto speciale il loro preferito, e forse a11che più efficace, cavallo di battaglia. L'argomento merita quindi di essere affrontato seriamente, fuori di ogni impostazione generica o puramente declaratoria. Ma se si vuole n1uovere da una impostazione corretta, bisogna tenere ben presente che qualsiasi discorso in materia di organizzazione è funzionale: nel senso che non esistono modelli organizzativi efficienti in astratto, n1a solo rispetto a certe finalità da perseguire, a certi compiti da svolgere, a certi mezzi di cui si dispone (o si presume di disporre o, ancora, si ritiene di dover disporre). 20 Bibiiotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==