... Ermanno Corsi sono scesi in campo solo negli ultimi minuti, esponendosi anche a una ingrata figura? Perché gli sforzi di Barbi, segretario della DC napoletana, risoluto a ingaggiare battaglia, sono stati da varie_ parti· infrenati e addiritturia contrastati? Perché l'on. Rubinacci è stato presentato· come l' anti-Lauro solo nella campagna elettorale e non, per lo meno, dal 1954? Perché l'on. Pella non ha detto una sola parola contro Lauro nel comizio ten,uto a Napoli e l'on. Fanfani è stato chiamato a tenere un discorso di « chiusura» davanti a una piazza semivuota, e in questo discorso non ha saputo attenersi polemicamente ai veri tern1ini della lotta amministrativa napoletana? Molti di questi interrogativi avranno una risposta dalle vicende politiche successive allo scioglimento del Consiglio comunale di Napoli, avvenuto· nel 1958 per decreto del ministro dell'Interno. Lauro, forte della -maggioranza assoluta ottenuta alle amministrative ,del '56 (276.599 voti, percentuale del 51,76) sp,in,se oltre ogni limite l'indebitamento del Comune, distruggendo tutte le risorse economiche della città per 01 pere di facciata e non per opere produttive che lasciavano intatto il dramma napoletano ed esasperavano il ritordo della ex capitale nei confronti del resto del paese. Incapace di im,postare un or-gapico programma per l'utilizzazione della Legge Speciale 1953, l'Am,ministrazione Lauro fu capace soltanto di realizzare « l'apoteosi del deficit » che, come disse l'on. Guido Cortese, si sposava alla furbesca gloria dei debiti. L'inchiesta della Commissione governativa Pierro (incaricata di proporre il riassetto definitivo delle finanze comunali di Napoli) . mise in luce, fin dal 1953, la spaventosa situazione debitoria di Palazzo San Giacomo, il cui disavanzo - malgrado l'aumento delle entrate fissate dall'ispettore ministeriale Pierro in un « massimo realizzabile » di 13 miliardi e mezzo - passò dai nove miliardi del '53 ai 21 miliardi del '56 per balzare ai 33 miliardi nel '57. Non bastarono, però, questi esempi di « distruzione di ricchezza » a indurre la DC napoletana e nazionale ad un ripensamento verso· Lauro. Tant'è vero che il sottosegretario agli Interni, on. Pugliese, ris,po,ndendo- ad interpellanza del socialista on. Sansone ed ai rilievi formulati dal sen. Mario Riccio, fornì una patente di cor,rettezza alla gestione comunale del « comandante ». Non c'era nulla da eccepire, -disse in sostanza. Accreditatosi in sede governativa, il mito di. Lauro non incontrò alcuna resistenza a N,apoli, dove Giovanni Leone e Silvio Gava optarono per la « non-belligeranza » e dove gli organi di informazione non erano capaci di alcuna autonomia critica. Lo stesso Giovann,i Ansaldo, sulle colonne ·de « 11 Mattino», si univa con com- · piacimento alla mitizzazione di Lauro ohe, a suo dire, rivelava per la città « un prepotente amore, ·anche se talvolta lo esprimeva in forme disordinate». Che un minimo di resistenza potesse venire dai prefetti del tempo, nemmeno a pensarci. Le alleanze fra Gava e Lauro a Castellammare, l'incauto· atteggiamento dell'on. Pugliese, il servile comportamento dei prefetti P~ternò e Diana, tanto indu.lgenti quando non addirittura zelanti nel coprire gli abusi e le propotenze del « comandante »: questi gli ·elementi di fo11do della situazione 74 Bibiiotecag inobianco
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