Giornale a più voci sprudenza: nell'applicazione della legge, una ·parte dei giudici estendeva le previsioni dell'articolo 6 anche ai consumatori, l'altra no. La Cassazione, intervenendo, come di const1eto, ·a risolvere il conflitto insorto, si pronuncio in un primo tempo contro l'interpretazione rigoristica della norma; in una sentenza del 28 gennaio 1957, numero 349, essa sostenne: « ripugna alla coscienza volere ritenere che la legge abbia inteso colpire con le stesse sanzioni i trafficanti disonesti e immorali e il tossicomane detentore di piccoli quantitativi. La legge non può volere una simile incoerenza e l'esatta interpretazione di essa vale ad escluderla ». Ma nello stesso anno la Cassazione rese, a sezioni unite, una sentenza di tenore completamente diverso, affidandosi a una interpret,azione, che non può non apparirci forzata, dell'articolo 6: le parole « comunque detenga » che chittdono le previsioni, o meglio le ipotesi di reato, dell'articolo stesso, vennero intese nel senso che qualunque tipo di detenzione, per qualsiasi scopo esso si verifichi, sia destinato o meno allo spaccio, dovesse rientrare tra i comportamenti punibili. Cogliendo l'espressione letterale del testo, ignorando la n1ens legis, la Cassazione escluse che il legislatore avesse voluto riferirsi, comunque, a una detenzione collegata al commercio, al traffico degli stupefacenti. Forse, il motivo determinante di unia tale interpretazione va ricercato nel fatto che si ritenne di potere, con una repressione di estrema severità e durezza, estesa capillarmente alle radici del fenomeno, cioè al consumatore, si ritenne di potere, dicevamo, stroncare il traffico con maggiore facilità. Al contrario, l'equiparazione fra trafficante e consumatore, che da allora è divenuta pressoché costante nella giurisprudenza, non solo non è servita ad arrestare il fenomeno, ma, anzi, ha creato un legame di omertà ovviamente controproducente rispetto ai fini perseguiti, tra spacciatore e fruitore, tra speculatore e vittima. Il trafficante, infatti, raggiunge una certezza pressoché assoluta che il suo cliente non oserà mai denunciarlo: qualora lo facesse, sarebbe lui il primo ad incorrere nei rigori della legge, e nulla e nessuno potrebbero evitargli un mi·nimo di tre anni di carcere. La legge non prevede, oltretutto, la libertà condizionata. Si pensi, poi, al caso che il « drogato» sia un minore: certamente, una volta al corrente del suo « vizio», i genitori si guarderebbero bene dall'avviarlo alle patrie galere e farebbero, per necessità, il gioco del maggiore responsabile. La differenziazione fra trafficante e consumatore, per quanto attiene al regime delle pene, presenta carattere di urgenza, come mostra l'esempio di paesi come gli Stati Uniti e l'Inghilterra dove il -problema è stato da tempo affrontato e risolto 11el senso di comminare sanzioni severissime agli speculatori e semplici multe o brevi periodi ·di detenzione ai consumatori. In ItaHa, tutto ciò che si è riusciti a fare finora è stato d'introdurre alcuni temperamenti del tutto irrilevanti, riconoscendo, ad esempio, che possa non integrare un'ipotesi di reato il ricorso a una droga, come la morfina, da parte del tossicomane, durante una crisi d'angoscia. Evidenten1,ente, troppo poco. Il problema resta quello di riformare gli attuali stn1menti legislativi, un aumento delle pene, fino a 15 o 20 anni ·di carcera, per i commercianti di 69 s·ibiiotecag inobianco
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