Nord e Sud - anno XVII - n. 125 - maggio 1970

Editoriale Stati Uniti e questo è il nemico principale di ogni sinistra degna di essere sinistra; e del resto - potrebbe aggiungere questo nostro interlocutore cattolico, socialproletario, socialista bertoldiano o lombardiano - anche negli Stati Uniti, giovani in testa, ci si batte contro l'imperialismo degli Stati Uniti. Ora noi vorre111mo controbbiettare anzitutto che l'esperienza storica e l'analisi politica, al di là dei facili slogans di un sinistrismo di maniera, ci insegnano che la politica estera degli Stati Uniti può degenerare in senso reazionario, almeno dal punto di vista dei suoi contraccolpi sulla de1nocrazia in Europa, non tanto perché imperialista quanto perché isolazionista. Roosevelt e Kennedy non furono ùnperialisti, ma i loro avversari sono stati sempre più o meno tendenzialmente isolazionisti; e l'isolazionismo che trionfò di Wilson è costato un'esperienza di dolore ai popoli europei. D'altra parte, oggi, co1ne la dottrina sovietica della sovranità limitata si ricollega allo stalinismo e rende assai poco credibile il richiamo del PCI alla dottrina delle vie nazionali al socialismo (non a caso circolano indiscrezioni e preoccupazioni sul futuro del «non allineamento » jugoslavo), così la politica che Nixon ha definito del « basso profilo», di « abbassamento della voce » degli Stati Uniti ( « abbassamento » rispetto alla «voce» non solo e non tanto di Johnson, ma anche e soprattutto di Kennedy) si ricollega all'isolazionismo e potrebbe riferirsi non all'Asia soltanto, ma anche all'Europa, e rendere quindi poco credibile nel futuro la solidarietà democratica fra le due rive dell'Atlantico: nel qual caso potrebbe risultare spostato gravemente a danno di un'Europa balcanizzata o balcanizzabile l'equilibrio politico e strategico. Ci si potrebbe e ci si dovrebbe domandare anche fino a che punto la sinistra americana che manifesta contro Nixon e che si organizza in un movimento pacifista sia anche corriva ad assumere atteggiamenti isolazionisti ed a ritrovarsi con lo stesso Nixon proprio sul terreno dell'isolazionismo. E così ci si potrebbe e ci si dovrebbe doniandare fino a che punto l'isolazionismo di Nixon sia soltanto velleitario ( il che non significa che come tale non possa provocare danni) e destinato a smentirsi in occasione di qllalsiasi caso del genere di quello del Cambogia, ovunque avesse a verificarsi (perché chi governa deve tener conto anche della ragion di Stato, come ne tengono conto russi e cinesi), o fino a che punto, come lo stesso Nixon va affermando, anche l'intervento in Cambogia costituisce un mo1'nento dialettico della politica del « basso profilo », un passaggio obbligato per affrettare i tempi di una politica che deve ancora definirsi sul problema del confine fra disimpegno in Asia e isolazionismo rispetto altEuropa. 4 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==