Nord e Sud - anno XVII - n. 125 - maggio 1970

Roberto Sanseverino l'aumento o la diminuzione dei costi alla produzione si fa sentire sul n1ercato solo dopo un certo periodo, che abbiamo mediamente indicato tra i quattro ed i sei mesi. È evidente allora che gli aumenti del costo del lavoro non potevano scaricarsi su beni che erano stati prodotti molto tempo prima dei rialzi salariali. Essi possono incidere solo sui prodotti messi in commercio approssimativamente nei mesi di maggiogiugno 1970. Ci si potrebbe allora chiedere se almeno nella seconda fase, quando cioè i percettori di redditi di lavoro hanno cominciato a disporre del nuovo potere di acquisto, questo abbia potuto provocare, attraverso una pressione della domanda sull'offerta, l'aumento dei prezzi dei beni disponibili in quel momento sul mercato. Una risposta affermativa (come è stata data da qualche parte) si dimostra però affrettata ad una più attenta analisi. Bisogna tener presente che i consumatori i quali hanno dovuto ridurre per un certo periodo i loro consumi a causa dei tagli sulle buste-paga, non possono certo, una volta recuperato in aumento quel potere d'acquisto, compensare tutti i consumi cui hanno dovuto rinunciare per due o tre mesi. Si tratta infatti di consumatori a reddito piuttosto basso, i quali sono stati costretti a rinunciare a beni di prima necessità, tra i quali primeggiano certamente i consumi alimentari. Ora non è pensabile che si recuperi, ad esempio, con una sovralimentazione concentrata in pochi giorni, il mancato consumo alimentare di tre mesi di scioperi. Il consumo, insomma, riprende più o meno ai livelli precedenti e la differenza tra il salario anter~ore ed il salario conquistato si diluisce con una certa gradualità sui beni disponibili sul mercato. A questo punto è possibile fare un passo avanti, rilevando che nel frattempo, nei lunghi mesi di scioperi, in cui tutti i consumi si sono dovuti necessariamente restringere, i grossisti, che già da parecchi mesi avevano accumulato nei loro depositi i beni da vendere nell'autunno, si sono visti costretti ad aumentare questa accumulazione di prodotti; prodotti che nel frattempo venivano fabbricati, sebbene in misura più limitata (data la riduzione delle ore di lavoro), senza poterli distribuire immediatamente al consumo. La prospettiva, per i grossisti, era appunto quella di avere larghe disponibilità di merce alla ripresa delle vendite dopo il periodo di stasi. E non basta. L'andamento delle vendite dalle industrie ai grossisti nei mesi precedenti all'autunno caldo dimostra due cose: i commercianti all'ingrosso si affrettavano a predisporre maggiori acquisti di beni, proprio per evitare gli aumenti dei costi delle produzioni stagionali successive agli 52 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==