Pasquale Emilio Principe della Costituzione, cioè della superlegge. Assorbendo lo spkito proprio della Costituzione, il giudice sarà indotto a scegliere tra le varie interpretazioni quella che meglio risponda alle esigenze di una moderna e civile democrazia come quella che in Italia sorse dalla Resistenzai, il cui spirito la Costituzione accolse e tradusse nei suoi principi. Del resto, dire che il giudice ha l'obbligo di interpretare la legge secondo lo spirito della Costituzione, e non nello ~pirito, poniamo, del regime di dittatura durante il quale numerose leggi oggi ancora in vigore furono emanate, è dire cosa sulla quale anche i settori un tempo più conservatori sono ormai d'accordo. Dire che se un giudice si imbatte in una norma che non consente alcuna interpretazione conforme allo spirito della Costituzione, cioè, in altre parole, in una norma incostituzionale, ha l'obbligo di astenersi dall'applicarla, denunziandola alla Corte costituzionale, è dire co a altrettanto ovvia; co ì come è ovvio l'obbligo del giudice di realizzare, nell'applicazione della norma, quella effettiva eguaglianza di tutti di fronte alla legge che pnma ancora di apparire tra i principi fondamentali scritti nella nostra Costituzione, rappresenta requisito essenziale della giustizia stessa. Sono tutte cose, queste, ài tale ovvietà che non var11ebbe più nemmeno la pena di indire intorno ad esse convegni o congressi, né convocare assemblee. Quel che conta è, invece, di concretare i mezzi ed approntare gli strumenti perché quelle cose non siano più soltanto proclamate, ma siano effetti van1ente realizza te. La critica, come abbiamo detto, è per l'appunto uno dei mezzi concreti per assicurare l'obbedienza dei giudici alla legge, dopo avere assicurata l'indipendenza dei giudici stessi, al fine di rendere la giustizia effettivamente ljbera e in grado di svolgere la sua funzione. Ed è perciò che, per chiudere il discorso intorno alla critica sull'attività dei giudici, bisogna nettamente respingere l'opinione secondo la quale quella critica dovrebbe essere permessa anche a gruppi di magistrati che rivendichino (come ogni gruppo, ovviamente, potrebbe pretendere di rivendicare) una « autonomia ideologica». Proprio se si afferma e ribadisce la necessità della più ampia e libera critica intorno ai provvedimenti dei giudici; proprio se si intende ripudiare ogni concezione autocratica (o « tolemaica», come da qualcuno con approssimata erudizione scolastica è stata definita) della indipendenza dei giudici; se si intende eliminare il pericolo che attraverso quella concezione l'ordine giudiziario possa trasformarsi in una casta, bisogna negare il diritto ai gruppi organizzati di magistrati (e ve ne potrebbero essere, naturalmente, tanto ad indirizzo più o meno progressista, quanto ad indirizzo conservatore se non addirittura reazionario) di imporre a ogni altro magistrato, attraverso la critica alle loro decisioni, uno specifico modo di i'nte:rpretare una determinata norn1a. Ogni gruppo di magistrati avrebbe la inevitabile tendenza a costituirsi in centro di potere, dato che ogni gruppo di magistrati mirerebbe ad avere propri esponenti presso gli organi di autogoverno della magistratura (Consiglio superiore e Consigli giudiziari). È 46 BibliotecaGino Bianco
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