Nord e Sud - anno XVII - n. 125 - maggio 1970

Giornale a più voci Lo scafandro del critico Il cntlco cinematografico tradizionale, sclerotica figura che campeggia dispoticamente sulla nostra cultura cinematografica, è inguaribilmente inalato di provincialismo: nutritosi alle fonti della critica sociologico-contenutistica del Kracauer, di cui venera il nome con invidioso rispetto, è vissuto per anni appartato dalle correnti più vitali e stimolanti della critica internazionale. Il suo antico vizio, di faire cioè un sol fascio di valori estetici e di valuri politici, lo ha portato a rinchiudersi in una sorta di scafandro ideologico, assolutan1ente impermeabile ai films privi di « messaggio», di « impegno politico », di « indagine sociologica ». Si è assistito così alla paradossale classificazione dei films in due generi ben distinti e incompatibili: films « disimpegnati», confinati in un limbo di disprezzo e di commiserazione, buoni tutt'al più per una massa di sottosviluppati, e films « impegnati», forniti per ciò stesso di una qualificazione artistica di alto livello. Da ciò emerge con grandissi1na evidenza un equivoco di fondo. La linea di demarcazione tra i due generi è basata esclusivamente su considerazioni contenutistiche, quasi che il film si riducesse unicamente a manifesto o libello politico di cui giudicare l'incidenza e l'attualità, e non fosse invece un prodotto artistico, autonomo, opera d. un regista libero nelle sue scelte, espressione di una personale visione del mondo. Può essere opportuna la citazione di un significativo giudizio su Capra di Ernesto G. Laura. L"obiezione n1ossa al regista è quella di non aver portato a fondo le premesse realistiche da cui si dipanano le vicende dei personaggi, per rifugiarsi in un clima favolistico di facile ottimismo. In tal senso Capra è presentato come il tipico esponente del New Deal rooseveltiano, lo specchio che ne traduce cinematograficamente i vizi e i limiti ideologici. A questo punto s'impone un'osservazione. Il film è indubbiamente anche il prodotto di un clima storico e la sua inserzione in una prospettiva sociologica appare funzionale ai fini di una critica cinematografica rigorosa. È necessario però sottolineare che tale « irnserzione nel tempo storico» deve essere mantenuta nei li1 miti di una considerazione di fattori oggettivi, di situazioni di fatto, sostanzialmente esterne e non condizionanti, e non elevata ad angolazione critica determinante, esclusiva. In tal modo, per ritornare al caso in questione, si finisce per accusare Capra dell'incoerenza ideologica del New Deal e si dimentica fatalmente la sua coerenza artistica. Il clin1a di « favola per adulti » non traduce affatto, insomma, l'ottimis1no gratuito degli slogans elettoraìi, rna è una ragione essenziale di poesia. Si tratta di travisamenti grossolani, ma non per questo meno diffusi: l'identificazione del regista col politico militante, da cui si esige un discorso ideologicamente valido, non è che la proiezione dei personali risentimenti del critico, l'imposizione di categorie precostituite e opinabili di giudizio. In tal modo. il critico, divenuto censore ideologico, si sostituisce al regi'Sta nel suggerirgli « cosa avrebbe dovuto fare», quali argomenti avrebbe dovuto 41 BibliotecaGino Bianco

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