Luigi Compagna sonno secolare di miseria e di rassegnazione. I frutti incancellabili di quest'opera sono da ricercarsi nella rivoluzione russa (e nel quadro di quest'interpretazione non basterebbe a sminuirla l'involuzione del periodo staliniano), neHa sollevazione dei popoli coloniali, nella rivoluzione cinese, nella rivendicazione dei propri diritti da parte delle masse diseredate di tutto il mondo. Ma la funzione storica della violenza, e quindi del leninismo, ha limiti di tempo e di luogo al di là dei quali essa perde il suo significato liberatore e degrada a forza cieca della natura, non più della storia. È sul ripensamento e la definizione di questi miti che si è incentrata la grande esperienza del revisionismo, nel suo sforzo di ripensare criticamente il 1narxismo, adattandolo nella misura del possibile alle condizioni del ventesimo secolo o addirittura andando oltre il marxismo quando esso si 1nostrava inadeguato rispetto alla realtà in movimento della società contemporanea. La lezione revisionista, proprio in quanto ha saputo tener conto della lezione delle cose, ci ha insegnato che l' « età del ferro» del comunismo è finita e, se non vuole finire anche il comunismo, esso deve imboccare nuove vie. Lo slancio ideologico del leninismo e l'appello comunista alla violenza, che nelle società arretrate ha ormai raggiunto i propri limiti di spazJo, nelle società avanzate ha da tempo varcato i propri limiti di tempo. Ciò sr.ignifica che per i partiti comunisti che operano nelle società avanzate vi è soprattutto una questione che oggi si pone come quella fondamentale e da cui dipende la credibilità ideologica e l'incidenza politica delle rispettive posizioni: come sia possibile, fuori dal clima della presa del potere e fuori da quello dello stalinismo burocratica!, la fideistica conservazione di un leninismo le cui implicazioni logiche e le cui conseguenze storiche sono state sempre quelle del partito unico, della soppressione del confronto nel partito, della censura di ogni opinione dissidente e della struttura formalmente «collettiva», ma in realtà strettamente gerarchica. Si tratta di una questione di fronte alla quale il ricordo di Lenin ed il suo successo quale inventore della via pratica per la rivoluzione vanno globalmente riconsiderati dalla pubblicistica comunista, vanno visti, cioè, al di là di ogni trionfalismo, come episodi della storia, episodi importantissimi e magari gloriosi, ma che non possono più rappresentare un valido punto di riferimento per quello che dov,rebbe essere il movente e l'obiettivo di fondo dell'azione politica socialista: « a noi, agli uomini - scrisse Elio Vittorini - interessa che il comunismo ·stesso e il socialismo stesso siano democratici. Noi non vogliamo nulla che non resti aperto alla possibilità di trasformazione, di mutare, di diventare altro, nulla che non si ponga su un piano di passaggio, di movimento, di storia». LUIGI COMPAGNA 40 BibliotecaGino Bianco
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