Luigi Conipagna zione burocratica di tutte le strutture rivoluzionarie da lui create, quando, perfino all'interno del partito, la dominazione poliziesca si sostituiva implacabilmente al centra.lis1no democratico. « Pochi uo1nini possono essere paragonati a Lenin per le sofferenze e la solitudine che accompagnarono la sua morte - ha scritto Milovan Gilas ·sul « l\11ondo» del 17 aprile scorso - ma non è per questo che egli ci appare oggi una figura tragica. Lenin fu uno dei pochi personaggi storici che vissero fino ad assistere al trionfo delle sue idee. La sua tragedia è stata causata dalla storia, dalla trasformazione di tutta l'opera della sua vita nel suo opposto, della sua dottrina in un insieme di fatsità e di illusioni». Finché egli fu vivo, infatti, il termine « leninismo », come ha ricordato Gilas, non fu mai' usato e le sue idee assunsero definitivainente il ruolo di nuovo dogma del movimento operaio mondiale solo allorquando la dittatura rivoluzionaria, che egli aveva teorizzato ed esercitato, si era già trasformata nel dispotismo tirannico di Stalin. È vero che nella logica di questo processo sarebbe facile riscontrare l'incapacità di Lenin di sfuggire ai limiti delle proprie concezioni e di riuscire a prevedere le tendenze del futuro; eppure, ragionando in questo modo, si finirebbe col pretendere oggi da Lenin, come fanno tanti, ciò che egli non avrebbe mai potuto, e neanche voluto, darci: una dottrina definitiva ed immutabile, capace di resistere a tutte le trasformazioni della storia, dei fatti e degli uomini. Non è dunque sul personaggio di Lenin che, a cent'anni dalla sua nascita, deve vertere il confronto coi comunisti su cosa abbia significato in realtà il leninis-mo e su cosa possa significare in futuro, se si vuole reciprocamente mantenere un atteggiamento schivo da faziosità polemiche o da adesioni catechistiche, incline alla valutazione pacata e al giudizio ragionato. Dalla fondazione della III Internazionale in avanti, il leninismo fu per H comunismo mondiale il « modello infallibile» che, provatosi tale una volta per tutte durante la Rivoluzione d'ottobre, costituiva l'unica teoria della conquista del potere, valida per tutti i paesi, come set almeno in teoria, il potere fosse conqui•stabile dalla classe operaia nello stesso identico modo in qualsiasi paese. Stalin, nel 1924, poteva tranquillamente affermare che « la teoria lenini:sta della diittatura del proletariato non è una teoria pura1nente russa, ma una teoria obbligatoria per tutti i paesi». Solo quando l'ondata rivoluzionaria del dopoguerra sembrò essersi del tutto esaurita o comunque soffocata, si tentò da parte dell'Internazionale di trovare formulazioni più adeguate alle reali condizioni del movimento operaio e più tardi si giunse all'invenzione dei cosiddetti « obiettivi transitori », quali furono il governo operaio e contadino, il governo di fronte popolare, il governo di fronte nazionale antifasoista e via dicendo. Ma anche in queste nuove generalizzazioni permaneva la pretesa di volere indicare un motivo comune ed unico per tutti i partiti; cioè di non voler riconoscere la peculiarità di s,ituazioni, e quindi di sviluppo e di obiettivi, proprie di ciascun paese e di continuare a riferire di volta in volta questi obiettivi, che appunto perciò erano considerati di avvicinamento e quindi « transi38 BibliotecaGino Bianco
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