Giornale a più voci illiberali) del paese. Semmai l'epi,sodio ha messo in evidenza H declino di Bonomi e della Coldiretti; un declino che, del resto, noi avevamo avvertito già da tempo e di cui « Nord e Sud» ha parlato a lungo, in diversi scritti, negli anni scorsi. E, soprattutto l'episodio dei fischi ha offerto alla luce dei riflettori tutte le rughe di una politica agraria invocata e sostenuta per anni dalla bonomiana: la politica della piccola azienda contadina, del fazzoletto di terra insufficiente (nonostante i « piani verdi» e il regime degli alti prezzi dei prodotti agricoli) a garantire un reddito decente ai coltivatori. Questo sì (il podere, non Bonomi) era un mito: nasceva dalla grande fame di terra che i cafoni, specialmente quelli meridionali, hanno avuto per secoli. Dall'accentrarsi nelle mani di pochi agrari assentei,sti e redditieri di gran parte deUa proprietà della terra, e dall'esistenza di una massa considerevole di braccianti disoccupati o sotto-occupati. Questa fame generò, nell'immediato dopoguerra, l'occupazione delle terre che fu strumento della grande lotta dei braccianti per la riforma agraria e per l'abolizione del latifondo. Le campagne sovrappopolate esplosero in un moto di protesta al quale aderì la parte più avanzata della cultura e del1a politica italiana. La riforma agraria fu fatta, e a volerla non furono soltanto i comunisti o la bonomiana ma, anche, i socialisti e i repubblicani. E poi? L'Italia è cresciuta: negli anni 50 la liberalizzazione degli scambi ha travolto la mentalità parassita.ria della vecchia industria impigritasi per effetto dell'autarchia fascista, e ha creato le premesse per il boom industriale degli anni 60. Ne11e campagne si è cominciato a parlare di emigrazione verso le città, verso gli altri settori produttivi. Guardiamo le cifre: soltanto negli ultimi dieci anni, tra il '59 ed il '69, 2.636.000 occupati agricoli hanno lasciato il settore. Ora si calcola che gli occupati non siano più del 20 per cento, rispetto alla popolazione attiva globale del paese. Ed anche questa cifra potrebbe rivelarsi ecces,siva, rispetto alla realtà, se dal conto degli occupati in agricoltura si togliessero tutti coloro (quanti sono?) che risultano ancora iscritti negli elenchi anagrafici del loro paese ma che non ci vivono più, perché sono già emigrati de tempo verso altre città ed altri lavori. Perciò è accaduto che i piccoli poderi, per il posses,so dei quali un tempo (non molti anni fa) i contadini sarebbero stati disposti forse anche a fare la rivoluzione, cominciano ad essere abbandonati dai proprietari: coltivare il minifondo, vivere e lavorare in condizioni enormemente peggiori rispetto ai lavoratori degli altri settori, certamente non è piacevole e, comunque, non è conveniente. Gli aiuti dello Stato non bastano; servirebbero a poco anche se i fondi del « piano verde» fo~sero triplicati. Bonomi chiede prezzi più alti per i prodotti agricoli e maggiore assistenza dello Stato. Ma i prezzi dei prodotti agricoli sono già, in Italia, tra i più alti del mondo occidentale e l'assistenza. delilo Stato anche quando non diventa un miserabile strumento di sottogoverno, non risolve il problema di fondo che è quello di produrre a costi competitivi per poter vendere a prezzi remunerativi. È a questo. punto che la Coldiretti entra in crisi: il controllo delle mutue dei contadini, dei consorzi agrari, dei consorzi di bonifica, la compiacenza 33 BibliotecaGino Bianco
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