Nord e Sud - anno XVII - n. 125 - maggio 1970

Sandro Petriccione che non infrequentemente la politica dell'ENI è apparsa rispondere più a preoccupazioni di natura meramente aziendale, non diversificandosi in tal modo da quella di altri interessi petroliferi, che non al conseguimento di obiettivi di più ampio respiro, atteggiamento quest'ultimo che però il quadro giuridico e politico entro cui si trovava ad operare l'azienda di Stato difficilmente avrebbe consentito. Che il sindacato abbia ,potuto credere a Gela ed altriove in un « ruolo dirompente ed iniziatore della industria di Stato come motore di progres,so » 10 che cost 1 ituisce « il polo di sviluppo attorno al quale si vanno creando altre picoole e medie industrie capaci di trasformare l'ambiente», mostra quanto le aspettative miracolistiche si possano fare strada senza una approfondita consapevolezza delle reali conseguenze che la ,decisione di costruire industrie « di base» può avere sulla localizzazione attorno ad esse di altre unità produttive di più modeste dimensioni, fornitrici di materie prin1e, di iServizi o utilizzatrici di prodotti, sulla incerta es1 istenza delle quali si conta invece per risolvere i problemi di occupazione e di utilizzazione delle capacità imprenditoriali esistenti. Il mistero staliniano della preminenza dell'industria pesante ha ancora i suoi non raziocinanti iniziati. Se però il discorso sul ruolo dei sindacatii nel Mezzogiorno per fare un passo avanti deve affrontare una tematica più ampia di quella che si limita ai problemi di un singolo complesso produttivo, non sembra che le conclusioni di Hytten e Maggioni aiutino molto a tal riguardo. La tesi che l'intervento centrato sulle aree e sui poli consentirebbe il mantenimento .dello status quo nella n1aggior parte del territorio meridionale 11 , astrae dal fatto che la politica di concentrazione tendeva a creare una serie di squilibri hirsch1naniani, capaci di accelerare i prooes.si di sviluppo in atto; anzi, se una conclusione può trarsi dalle esperienze della concentrazione, è che essa, lungi dal mantenere lo status quo nel restante territorio del Mezzogiorno, ne ha provocato, anche con gli effetti dimostrativi che ha indotto, una troppo rapida trasforma;z;ione, tanto da desertizzarlo nel giro di pochi anni. L'equivoco è quello di credere che l'industria « di Stato », per il sol fatto di essere a partecipazione pubblica, possa e debba raggiungere obiettivi diversi da quelli di un'impresa privata di grandi dimensioni. Le finalità sociali, proprie di una politica economica 18 10 H. & M., cit., p. 120. 11 H. & M., cit., p. 120. BibliotecaGino Bianco

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